Capitolo 1

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-Signorina Diamond la colazione è servita-

Disse gentilmente Elisabeth dopo essere entrata nella mia camera.

-grazie Elisabeth dica a mia madre che sto arrivando-

Risposi alla domestica nel modo più gentile possibile.

Ero stufa di vivere in quella casa.

Consideravo la villa tramandata dai miei bisnonni come una prigione.

Mi sembrava di vivere come nell'800 rinchiusa in una reggia impotente di fronte al mondo, impotente difronte alle decisioni dei miei genitori quando i ragazzi della mia età erano liberi, liberi di scegliere cosa fare del proprio futuro, della propria vita da adolescenti.

Scesi lentamente le grandi scale di marmo bianco facendo attenzione a non prendere alcuna storta vista l'altezza dei tacchi sui quali camminavo.

Li odiavo ma a detta dei miei rendevano il mio fisico più slanciato e mi facevano sembrare più alta.

A chi non facevano sentire più alti 15 cm ti tacco?

Ero alta 1 metro e 64 avevo i capelli neri tenuti regolarmente lisci e gli occhi verdi.

Avrei voluto tagliarmi i lunghi capelli che arrivavano fino al mio fianco ma non potevo, i miei non me lo avrebbero mai permesso.

Quando una volta ci provai mi rinchiusero in camera dicendo che ero una ragazza per bene e non un maschiaccio.

Arrivata in sala da pranzo scansai cercando di non fare alcun rumore la sedia ma a quanto pare la mia goffagine ebbe la meglio e le gambe della sedia di mogano strusciarono sul pavimento in parquet creando un rumore fastidioso.

-Diamond quante volte te lo devo ripetere che la sedia va alzata e non strusciata?
Ti abbiamo fatto studiare il galateo apposta no?-

Disse in tono sentenzioso mia madre dall'altra parte del tavolo ricoperto dalla tovaglia bianca in pizzo.

-scusi madre-

Dissi sperando di mettere fine a quella tortura.

Presi una fetta di pane e ci spalmai sopra un po di marmellata di albicocche per poi dargli un grande morso.

Ancora con il boccone in bocca mi alzai da tavola sotto lo sguardo assassino dei miei.

-dove credi di andare?-

-a scuola?-

Risposi sarcasticamente per poi pentirmene immediatamente.

-scusa? Cosa hai detto signorina?-

-niente madre scusi-

Dissi abbassando la testa e sistemandomi il vestito color pesca abbinato alle scarpe.

-non ti permettere più di rispondermi in questo modo Diamond o sarà peggio per te-

-ok-

Mi limitai a dire prima di riandare in camera e prendere la borsa di Chanel contenente tutti i nuovi libri.

Mi sedetti un secondo sulla grande sedia viola che avevo in camera soffermando il mio sguardo sul grande specchio contornato da decorazioni dorate.

Continuavo a guardarmi ma non riuscivo a trovare me stessa.

Ero una ragazza di 16 anni che non aveva mai vissuto la propria infanzia.

Ero stata fin da piccola indirizzata alle buone maniere e al rispetto.

Le ore di gioco erano limitate e qualsiasi cosa nella mia vita era scandita dal ticchettio di un orologio.

Ora che ricominciava la scuola sarebbe stato anche peggio, non potevo più avere il pomeriggio libero ma avrei dovuto passare il resto delle giornate sui libri per rendere orgogliosi i miei genitori e portare a casa solo A+.

Una cosa che loro amavano era potersi vantare di avere una figlia modello, che prendeva sempre il massimo dei voti con i loro amici ma a me non importava niente nè del voto nè di quello che gli amici dei miei pensavano di me.

Volevo semplicemente essere me stessa ma non potevo.

Potevo solo guardare dalla finestra i ragazzi della mia età che uscivano e si divertivano mentre io ero costretta ad eseguire lezioni di portamento e bon ton.

-diventerai un grande avvocato-

Ripetevano i miei genitori ma io non volevo.

Odiavo il loro lavoro, odiavo qualsiasi cosa mi imponessero di fare.

Volevo far vedere al mondo chi era la vera Diamond ma non sarebbe mai successo.

Nessuno mi ascoltava mai, nessuno poteva sapere che la mia vera passione era la musica.

Nessuno poteva sapere come mi sentivo poiché nessuno dentro quella casa mi aveva mai chiesto come stavo.

A nessuno importava di me.

I miei coetanei mi guardavano con meraviglia ogni volta che uscivo dal grande cancello dorato della villa.

Quanto vorrei essere lei dicevano ma loro non potevano sapere quanto io desiderassi essere loro.

Avrei pagato miliardi solo per poter vivere una giornata da persona normale.

Loro non sapevano cosa significasse vivere dentro quelle quattro mura, loro non potevano sapere la tristezza che si provava a stare sempre da soli.

Loro non potevano capire come mi sentivo ogni volta che li vedevo sorridere fra di loro o quando vedevo un ragazzo parlare e ridere con i propri genitori.

Ero cresciuta con Elisabeth, non sapevo cosa era l'affetto, non sapevo cosa significasse la parola amore perché non l'avevo mai ricevuto e altrettanto non ero mai stata in grado di ricambiare quel sentimento così bello.

Non sapevo neanche cosa significasse la parola amicizia perché bhe ai livelli nei quali vivevo non esisteva quella vera ma solo quella per convenienza.

Le persone indossavano delle maschere e i sorrisi dipinti sui loro volti erano così finti da farti venire il mal di stomaco ma loro non potevano sapere, sapere cosa significasse essere la figlia di ambasciatori.

Secret || Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora