Ti dedico una canzone

281 17 9
                                        

Dal capitolo 43

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Dal capitolo 43...

Il locale in cui siamo io e Cesare insieme agli altri, Camilla, Luna, Luca e Niccolò, è davvero carino. Le luci soffuse e la musica rendono l'atmosfera magica e accogliente.

Diciamo che non mi aspettavo di trovare proprio qui un ragazzo come Samuele, che non sopporta la confusione e i luoghi affollati.

Eppure eccolo lì, seduto su uno sgabello al bancone del bar, mentre ordina qualcosa da bere.

Mi alzo dalla sedia per andare a salutarlo, dal momento che sembra che il riccio non si sia accorto di noi.

Proprio mentre mi metto in piedi, sento anche la sedia di Cesare strusciare sul pavimento, segno che si è alzato ed è intenzionato a seguirmi.

«No, no. Tu rimani qui. Non voglio che scoppi una rissa dentro questo posto», gli dico arrestando qualsiasi suo movimento.

«Ma-», prova a protestare, ma lo interrompo.

«-Niente ma. Torno subito».

Mi allontano de miei amici e dal mio ragazzo e, con passo sicuro e spedito, mi dirigo verso Samuele.

Lui non nota la mia presenza finché non gli sono perfettamente davanti. Mi siedo sullo sgabello proprio affianco al suo e lo saluto.«Samu!».

Lui, finalmente, si accorge di me e si volta a guardarmi.«Ciao».

Dovevo aspettarmelo, sempre di poche parole.

«Che ci fai qui?», gli domando provando a fare conversazione.

Lui fa spallucce.«Ogni tanto frequento questo bar. Mi piace la musica».

Quindi il ragazzo sempre scontroso, misterioso, avversario supremo del contatto umano e della confusione, ha un debole per la musica. Chi lo avrebbe mai detto.

Forse ha più cose in comune con Cesare di quanto in realtà pensi.

«Sì, e poi Cami è bravissima», commento voltandomi a osservare la mia amica intenta a suonare il pianoforte sul palco.

Le luci calde del locale mettono in risalto la sua chioma rossa. Le onde le accarezzano la schiena e il seno. Gli occhi, color ghiaccio, sono puntati sulle sue dita, forse troppo timorosi di incrociare gli sguardi del pubblico.

Torno a guardare Samuele, pensando di trovarlo con gli occhi rivolti verso il basso sorseggiando il suo gin tonic. Invece...invece i suoi occhi sono rivolti verso il palco.

Non saprei dire se verso qualcuno in particolare.

Sta di fatto che quel verde tanto intenso delle sue iridi sta lottando per incastrarsi nel colore di quelle di qualcun altro.

La cantante? O forse...non può essere.

L'azzurro ghiaccio è il colore che gli occhi di Samuele stanno bramando?

Il ragazzo al mio fianco prende un sorso del suo drink per poi schiarirsi la voce.«È molto brava», commenta non staccando gli occhi dal palco.

«Chi?», domando ingenuamente, ma voglio sentire le sue labbra rivelare il nome dell'oggetto del suo desiderio.

«Camilla».

E per la prima volta mi accorgo di una cosa.

Samuele ha pronunciato il suo nome.
Lentamente.
Lettera dopo lettera, come se ne assaporasse ogni sillaba.
Come se godesse del suono stesso della sua voce mentre lo diceva.

Camilla.

E allora capisco. Finalmente.

Samuele ha chiamato per nome quella ragazza dai capelli rosso fuoco.
Un gesto che, per lui, non è affatto banale.
È quasi rivoluzionario.

Perché Samuele non chiama mai nessuno per nome.

Io sono sempre stata solo "Rossi".
Luna è sempre stata "Moretti".
Marta, semplicemente "Forte".

Ma lei no.

Lei è Camilla.

E proprio Samuele, l'ultima persona da cui pensavo di sentirlo dire, ha scelto di pronunciare il suo nome.
Con intenzione.
Con dolcezza.

Come se contasse davvero qualcosa.

Ti dedico tutta RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora