Capitolo 12 - Stalle lontano!

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<<Non dovevi tirarmi quel pugno, principessa>>

<<Preferisci un calcio nei gioielli di famiglia per caso? Ti faccio diventare signorina in un batter d'occhio, sai?>> ringhiò lei.

<<Mi rende felice il fatto che anche sotto pressione tu non perda la tua vena ironica>>

<<Talento naturale, suppongo. Ora togliti e fammi alzare>> Cominciava a perdere la pazienza.

<<Mmh, e se non volessi?>> ghignò Dylan.

<<Mmh, l'alternativa di prima è sempre valida>>

Il ragazzo avvicinò il suo viso a quello della giovane, che si irrigidì visibilmente a causa di quella vicinanza. Mise le mani sul petto di lui per allontanarlo ma era come se una formica stesse cercando di spostare un muro di cemento. Leila poteva sentire il respiro caldo di lui sulle sue labbra.

<<Allora ti faccio effetto, Regina di ghiaccio!>>

<<Cavolo, vedo che migliori sempre di più coi soprannomi>>

<<Hai cambiato argomento quindi lo prendo per un sì>>

<<Assolutamente no. Cosa te lo farebbe pensare?>>

<<Hai la pelle d'oca e i brividi>>

<<Amico, siamo in pieno autunno e io sono all'aperto con addosso una magliettina e dei pantaloncini. Fatti delle domande!>> sbraitò lei.

<<Comunque mi devo ancora vendicare per il pugno>> sorrise sornione lui.

<<Ah, sì? E come faresti, sentiamo!>>

Dylan si avvicinò sempre di più e Leila chiuse gli occhi per non incontrare quei due infiniti smeraldi. Li riaprì di scatto quando si accorse che Dylan le stava facendo il solletico e cacciò un urletto, seguito da tante risate.

<<Dylan, basta, ti prego>> disse con le lacrime agli occhi per il continuo ridere.

<<Se mi dai un bacio ci posso pensare>>

<<Mai!>> urlò lei.

<<Allora continuo>>

<<Smettila o sveglieremo tutti>>

<<Non m'importa>>

<<D'accordo, hai vinto>> sospirò lei.

Lui si tolse da lei e la lasciò alzare, permettendole di sgranchirsi la schiena. Erano seduti l'una di fronte all'altro e si guardavano intensamente. Leila appoggiò una mano sul petto di lui e si avvicinò lentamente. Il ragazzo socchiuse un attimo gli occhi quando lei sussurrò: <<Dylan>> Quando le loro labbra erano ormai a pochi millimetri di distanza, lei parlò di nuovo: <<Fottiti>> e se ne andò, lasciandolo lì, sconvolto e piacevolmente sorpreso dalla piega che aveva preso quella notte insonne. Leila salì le scale e andò a letto in punta di piedi. Si rannicchiò sul morbido materasso, ma non riuscì comunque a riaddormentarsi: anche dopo la chiaccherata con Dylan, aveva le scene dell'incubo ancora ben impresse nella testa. Ridiscese le scale per cercare un bicchiere e dell'acqua, ma due persone stavano già dialogando in cucina, così si fermò. Stava per tornare indietro quando sentì il suo nome: <<Non capisco: cosa c'è che non va in Leila?>> domandò Dylan.

<<Non lo so, ma quella ragazza non mi convince. Stalle lontano!>> ordinò una voce maschile, che Leila capì essere Abner. Il ragazzo sospirò.

<<D'accordo, papà. Cercherò di evitarla, ma dovrai spiegarmi il perché prima o poi>>

Leila pensò che sarebbe stato meno doloroso ricevere un pugno nello stomaco. Ma perché lo stava pensando? In fondo, lui era un estraneo, non contava nulla. E allora perché si sentiva ferita? Magari, le era sembrato che Dylan fosse particolarmente gentile e allegro mentre scherzavano nel portico. Okay, stava diventando paranoica. Dylan non era nessuno e presto se ne sarebbe dimenticata, ma essere amica di Cloe comportava vederlo comunque. Sbuffò leggermente, ma la verità era che avrebbe voluto urlare. Erano anni che conviveva col dolore e non aveva mai fatto affidamento su nessuno. In soli due giorni, la famiglia Thompson le aveva stravolto la vita, ma non poteva permettersi di avere delle amicizie. Non con i demoni del suo passato che ancora la perseguitavano. Doveva ritornare ad essere la Leila di una volta, la ragazza fredda e scontrosa senza amici e stavolta non avrebbe fallito.

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