Capitolo 19 - Mostro

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<<Sei uscito di testa per caso?>>

Era ormai una buona mezz'ora che Meryl stava sbraitando contro il marito, a causa dello strano allenamento a cui era stata sottoposta Leila, e sembrava che la donna non avesse alcuna intenzione di smettere. Dylan, Cloe e Leila erano silenziosi e ascoltavano i loro discorsi.

<<Cosa volevi dimostrare? Che l'avresti fatta morire dal dolore? Complimenti, ci sei riuscito!>>

<<Zitta, donna>> Con due semplici parole, l'uomo la mise a tacere <<Non vi rendete conto della gravità della situazione? Lei è un mostro. Ha infranto una barriera a prova di Mago. Neanche il più potente Mago delle tenebre sarebbe riuscito a romperla>> affermò sicuro indicando Leila, che si trovava al lato opposto della stanza. La ragazza non alzò nemmeno lo sguardo, lo teneva fisso per terra, come aveva fatto dall'inizio di quella discussione.

<<Ma che dici? Lei non è un mostro>> la difese Cloe, che le teneva la mano sulla spalla da dieci minuti buoni.

<<Tesoro, stanne fuori>> La bionda non potè far altro che annuire. Quella famiglia aveva una severissima gerarchia e l'unico in grado di poter tener testa ad Abner era il primogenito, ma, a quanto pare, non sembrava intenzionato a farlo.

<<Dicevo: lei non è normale nemmeno per una Maga delle Tenebre, perciò l'unico modo per stare al sicuro dal suo potere sarebbe eliminarla. Purtroppo, la sorte gioca a nostro sfavore: essendo legata a Dylan, non la posso uccidere o ammazzerei il mio stesso figlio>> disse con la mano sul mento, come se ci stesse davvero pensando <<intanto che trovo un espediente per risolvere il dilemma, continuerai ad allenarti. Non posso permettere che la tua indisciplina distrugga la città>> aggiunse con un gesto della mano, per poi andarsene. Nessuno dei presenti si muoveva o fiatava, fino a che Cloe non si buttò addosso al fratello, letteralmente.

<<Perchè cazzo non hai detto nulla, eh? Lo sai che ascolta solo te>> urlò la bionda a due centimetri dalla sua faccia. Fortunatamente, la madre la teneva saldamente per le braccia.

<<Perchè avrei dovuto rischiare un litigio con papà per lei?>> sbottò lui, guardando altrove. Per Leila fu come ricevere una pugnalata alla schiena.

<<Ma ti sei bevuto il cervello, per caso?>> continuò la sorella, alzando la voce.

<<No, lui non ce l'ha un cervello>> mormorò la rossa.

<<Ripeti, scusa>> la intimò Dylan.

<<Tu non hai un cazzo di cervello. È tutta vuota la tua scatola cranica. Forse posso sentire anche l'eco>> gridò innervosita lei. Il ragazzo le si avvicinò pericolosamente.

<<Non vedo l'ora che mio padre trovi un metodo per spezzare questo dannato legame, così potremo farti fuori una volta per tutte>> le ringhiò.

<<Vaffanculo Dylan! Prima fai il carino, poi mi dici che devo morire. Che ti ha proposto tuo padre? Un aumento della paghetta? Eh? Dimmelo, stronzo>> ironizzò spingendolo. Lui le bloccò i polsi a mezz'aria.

<<Non fare la bambina>>

<<E allora tu smettila di fare il coglione>> disse dimenandosi cercando di liberarsi dalla stretta del giovane. La rabbia prese il sopravvento scurendo l'azzurro delle sue iridi. Gli oggetti della stanza cominciarono a levitare e poi a girare vorticosamente, ma Leila non distoglieva lo sguardo dagli occhi di Dylan.

<<Leila! Fermati, ti prego>> gridò Cloe, riportandola alla realtà. Riuscì a strattonare i suoi polsi dalla presa del ragazzo e gli oggetti caddero a terra, frantumandosi. La rossa si guardò attorno, constatando il disastro combinato.

<<Io.. io..>> cercò di comporre un frase.

<<Lo vedete? È dannatamente pericolosa e, per questo, tu non la vedrai più, se non per gli allenamenti. Sono stato chiaro?>> ringhiò Dylan, rivolgendosi a sua sorella. Leila era sconvolta: non lo aveva mai visto così arrabbiato. Le lacrime minacciavano di scendere, così corse via, lontano da loro.

<<LEILA>> la richiamò Cloe <<Tu l'hai provocata e non è abituata a controllare i suoi poteri. E comunque non ti ubbidirò>> gridò lei. Meryl, che aveva assistito a tutto, prese la figlia per le spalle e la guardò negli occhi: <<Cloe, fidati. È meglio così>>

<<Mamma, che stai dicendo?>> domandò prima di correre in camera sua e sbattere la porta. Meryl sospirò: <<Dylan, tu ed io dobbiamo parlare>>

Spazio Autrice

Mi scuso per il casino accaduto nel capitolo precedente, ma il mio PC ha deciso che molte parole non gli piacevano separate e ha deciso di unirle. Stupido aggeggio! Spero che questo capitolo vi piaccia,

-Martina-

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