Capitolo 46 - Di nuovo il potere

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Spazio Autrice

Ehi! Ho due cose da comunicare, perciò mi inserisco all'inizio del capitolo.

1. Durante la prossima settimana, sarò molto impegnata (causa scuola) e non riuscirò ad aggiornare molto spesso.

2.Mi sono accorta che nei capitoli precedenti non avevo più inserito i significati dei nomi e mi scuso per il disguido. Qui di seguito, sono riportati tutti: Adam=uomo fatto di terra; Shu=era un Dio nella mitologia egizia e il suo simbolo era l'aria; Abner=padre della luce; Elettra=brillante; Dakota=amica.

Detto ciò, buona lettura, guys!

***************

Leila si svegliò indolenzita e guardò alla sua sinistra. La scena che le si presentò era abbastanza comica: Dakota era rannicchiata sul divano con la testa ciondolante e la bava alla bocca. Stava russando pesantemente. La sera prima avevano giocato fino a tardi e poi si erano addormentate sul divano. Nessuna avrebbe mai potuto rimpiazzare Cloe, ma Dakota era una buona amica e la accettava per come era, pur non essendo a conoscenza dei suoi poteri. Ridacchiando, guardò l'orologio e la sua espressione mutò da divertita a terrorizzata. Erano le 8.30! In soli trenta minuti, avrebbe dovuto lavarsi, cambiarsi, svegliare la mora (l'impresa più ardua), prendere la bicicletta e arrivare al lavoro. Percorse il corridoio di corsa e si catapultò in bagno. Fece una doccia veloce, infilò i jeans chiari e una camicia bianca, per poi mettersi ai piedi delle comuni ballerine nere. Ritornò in salotto e cominciò a scuotere energicamente Dakota, che, nell'atto di stiracchiarsi, le tirò un pugno sulla guancia. Leila brontolò, mentre prendeva il caschetto e le chiavi del lucchetto. Montò in sella alla bici e partì. L'aria che le muoveva i capelli e le accarezzava delicatamente il viso la fece rilassare. Inspirò a pieni polmoni e sorrise, anche se continuava ad avere la strana sensazione di essere seguita, così come ogni altro giorno in quei sei anni. Arrivata, legò il mezzo e corse nel suo ufficio.

"Pfiu, solo dieci minuti di ritardo" pensò, sollevata. Lavorò intensamente tutto il giorno, scrivendo ed elaborando il suo nuovo articolo che, a detta del capo, era molto entusiasmante. Alle 21, dopo aver eliminato la sua opera per la quattordicesima volta, sospirò, sconsolata, ed uscì dall'edificio. Andò verso la sua bici, ma ebbe una spiacevole sorpresa: qualcuno aveva bucato la ruota anteriore. Tutti i suoi colleghi se n'erano già andati e gli autobus avevano finito le loro corse un'ora prima. Inoltre, non poteva usare i suoi poteri: non solo perché qualcuno avrebbe potuto vederla, ma anche perché erano ben sei anni che non li adoperava. Lanciò un urlo di frustrazione e prese a camminare verso casa. Fortunatamente, dovette passare per il centro, dove c'era sempre un po' di gente. Camminava svogliatamente e procedendo a zig zag. Fece per controllare l'orario sul suo orologio, ma non riuscì a farlo perché una mano la tirò in un vicoletto buio e deserto. Leila venne scaraventata contro il muro laterale e atterrò con un tonfo.

<<Chi cazzo sei?>> ringhiò.

<<Ehi, queste parole stonano in bocca ad una bella fanciulla come te>> la schernì. Era una voce maschile, vagamente familiare, ma la rossa non riusciva a collocarla.

<<Rispondi. Altrimenti...>>

<<Cosa? Mi lanci addosso ad un albero come sei anni fa?>> domandò retorico, facendosi sempre più minaccioso. Leila sbarrò gli occhi: ancora quel ragazzo! Ma non si stancava mai?

<<Cosa vuoi?>> chiese, fingendosi calma.

<<Lascia che ti spieghi un pochino la situazione: io sono subentrato quando tu e Thompson avete ammazzato quello sfigato di Reyes. Ora, sono io ad avere il comando dell'organizzazione>>

<<Che organizzazione?>> sbottò lei.

<<Quella che deve farti fuori. È chiaro>> fece una pausa <<ed è quello che farò>> gridò, facendola sollevare ed atterrare pesantemente a terra. La rossa tossì, schivando appena in tempo un incantesimo. Cominciava a sentire il potere espandersi dal petto fino alle estremità del corpo. Percepiva finalmente quel calore e quella sensazione di poter fare tutto. Il suo corpo non era però abituato a controllare tutto quel potere e lei non se ne rese conto subito. Il fatto di riprendere quella parte di sé che era stata abbandonata era troppo emozionante per lei. I suoi occhi si scurirono, mentre evitava in continuazione i colpi del ragazzo e lo faceva retrocedere. Troppo sicura di sé, non si accorse della sua contromossa: lui la ingannò, schivando un suo attacco e bloccandola al muro. La teneva per la gola, mentre lei si divincolava perdendo le forze e faticando a respirare. Affondò le unghie nella mano del ragazzo, cercando di allentare la presa, ma nulla. Chiuse gli occhi, quando una voce all'entrata del vicolo urlò: <<Lasciala. Ora>>

La presa scomparve di colpo facendola precipitare nuovamente a terra. Si voltò, incrociando due occhi color smeraldo che la fissavano preoccupati, ma che continuavano a guardare in cagnesco l'altro ragazzo.

Troppo sconvolta per parlare, la rossa si limitò a sussurrare: <<Dylan>>



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