Capitolo 36 - Dobbiamo parlare

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Il giorno del ballo era arrivato e tutti erano in fibrillazione. Persino Jude, che continuava ad assillare Leila. D'altro canto lei ne era abbastanza contenta, almeno la distraeva dal fatto che aveva perso i suoi migliori amici. Per sua sfortuna, le occasioni per vedere il gruppo non erano mancate: due giorni prima lei e Jude erano andati a fare compere in preparazione al ballo e avevano incontrato Aidan e Cloe in un negozio. Leila aveva fatto finta di niente, mentre Cloe aveva cercato in tutti i modi di stabilire un contatto visivo con lei. Era scappata: aveva letteralmente trascinato Jude fuori da quel negozietto. Il giorno seguente, stava passeggiando nel parco ed aveva visto Adam con una ragazza, probabilmente la sua accompagnatrice per il ballo. Si era catapultata dietro un albero, pur di non farsi vedere. La stessa cosa era accaduta lo stesso identico pomeriggio con Shu. Di Dylan nessuna traccia. E meno male! Leila sapeva che era il più ostinato del gruppo e avrebbe fatto di tutto per parlarle. La rossa venne riportata alla realtà da una mano che le sventolava davanti agli occhi: Jude la fissava preoccupato.

<<Stai bene? Sei molto pallida>> le chiese dolcemente, accarezzandole un braccio.

<<Tutto a posto>> lo rassicurò con un sorriso falso.

<<Sicura?>>

<<Sì, davvero>> poi abbassò la testa, rialzandola poco dopo: <<Grazie>> gli sussurrò. Jude sembrava sorpreso e confuso. <<Per cosa, scusa?>>

<<Per esserci. Mi hai sopportata tutti questi giorni e non ti ho mai ringraziato>> Lui le passò un braccio attorno alle spalle, attirandola a sé e lasciandole un bacio leggero tra i ricci ribelli.

<<Lo faccio con piacere! Sei una persona speciale>> Leila sorrise: non amava il contatto fisico, ma Jude la faceva stare bene. Purtroppo ogni cosa la riportava a Dylan: dai baci tra i capelli al colore degli occhi del ragazzo accanto a lei, con cui continuava a fare paragoni. La mano di Jude si muoveva lentamente su e giù, dal gomito alla spalla e viceversa. La rossa chiuse gli occhi, abbandonandosi a quel tocco, finché una voce li interruppe: <<Mi hai rimpiazzato facilmente a quanto vedo>> Il cuore di Leila perse un battito. Era passata solo una settimana ma quella voce le era mancata come l'acqua in una stagione di siccità. Si voltò incontrando i suoi occhi.

<<Non posso rimpiazzare qualcosa che non c'è mai stato, non credi?>> Stava tentando di ferirlo senza veramente volerlo, ma non voleva farsi ferire a sua volta. Non l'avrebbe sopportato. Dylan rise amaramente. <<C'è stato. Non so cosa fosse ma c'è stato, non negarlo>> Jude si irrigidì leggermente, ma non lasciava comunque la presa sulle spalle di Leila, anzi la intensificava sempre più. Dylan se ne accorse e si avvicinò ai due, non smettendo di fissare il braccio dell'altro e arrivando a un metro da loro. Ora erano uno di fronte all'altro e si fissavano in cagnesco.

<<Tu. Sparisci.>> ringhiò il ragazzo castano a Jude.

<<E chi me lo ordina? Tu? Ma per favore non ho paura di te!>> Dylan si avvicinò ancora.

<<Comincia a toglierle di dosso quel braccio o te lo spezzo, chiaro?>>

<<Basta>> gridò Leila, esausta <<Smettetela tutti e due. Dylan, noi due dobbiamo parlare. Jude, ti dispiace lasciarci soli?>> chiese, addolcendo il tono durante la richiesta a Jude. Lui annuì baciandole la fronte e dandole appuntamento a quella sera alle 20.

<<Hai finito?>> sbottò Dylan.

<<Sì, ora possiamo parlare>> gli disse freddamente.

<<La smetti di fare così? Leila, ti prego>>

<<Così come? Non so di cosa tu stia parlando!>> disse sarcasticamente. Dylan la spinse poco delicatamente contro il muro a lato, incastrandola col suo corpo.

<<Ora forse mi ascolterai>> le sussurrò, facendo infrangere il proprio respiro sul viso di lei. Leila scosse la testa repentinamente tentando di riordinare i pensieri nella propria testa. La ragione le diceva di liberarsi dalla presa, con i poteri se necessario, ma il cuore le suggeriva di dimenticare e fiondarsi sulle labbra del ragazzo. Non si era nemmeno accorta che le labbra del ragazzo erano già sulle proprie. Una mano di Dylan le accarezzava la guancia mentre con l'altra si reggeva al muro. Lei non potè fare nient'altro che ricambiare. Per pochi istanti. Poi la consapevolezza che stava commettendo un grandissimo errore la fece rinsavire. Si staccò e lo fissò negli occhi. <<Dobbiamo parlare. Seriamente>>


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