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Aymor

Corsi più forte che potevo con tutta me stessa. Non avevo più la mia velocità demoniaca ma con un po' di astuzia e la giusta dose di fortuna sarei riuscita a farla franca. Avevo in mente questo piano da molto tempo, finalmente ero riuscita a metterlo in atto e adesso lo avrei difeso con le unghia e con i denti. Quando Damien mi ha lasciato entrare da sola alla festa non credevo che avevo finalmente la mia occasione, rubai uno zaino di pelle svuotandolo del contenuto, raccattai il cibo che trovavo in giro, nessuno fece caso a me, tutti erano troppo ubriachi o troppo avvinghiati in baci appassionati per ascoltarmi. Riuscii anche a racimolare un bel gruzzoletto di soldi, era così semplice che avevo paura ci fosse una trappola nascosta da qualche parte. Era come rubare l'anima di cui si stava nutrendo un piccolo demone.* Poi quando avrei dovuto cercare qualcuno per nutrire Damien, un ragazzo con i capelli ricci, decisamente carino per gli standard di femmine umane, ci provò spudoratamente con me. Finalmente Lucifero si era accorto che esistevo...

Decisi mentalmente che mi meritavo un Oscar come migliore attrice demoniaca/umana che sia mai esistita, per la parte della ragazza in trappola ero entrata perfettamente nel personaggio. Mi inchinai mentalmente ringraziando me stessa, mentre un'altra me mi consegnava la statuetta d'oro.

La parte più difficile fu trovarsi a pochi centimetri da Damien e trattenere lo tsunami che stava imperversando dentro di me, quando mi rispose "touchè" con un perfetto accento francese sentii che l'assedio stava cominciando e l'ariete cozzò con forza per creare una breccia nella mia fortezza mentale.

Non guardai la sua trasformazione perché sapevo che avrebbe smontato il mio piano, demolendolo pezzo per pezzo e costringendomi a rimanergli accanto. Sapevo che quando un demone si nutre, tutto il suo potere diventa quiescente, questo era il momento adatto, adesso o mai più. Così fuggii correndo come sto continuando a fare adesso. Presi diversi taxi... Mangiavo pochissimo, il cibo umano mi faceva venire il voltastomaco, avevo bisogno di farci l'abitudine. Continuavo a rubare non appena mi finivano i soldi, non avevo una meta, il mio unico obiettivo era non essere trovata perché sapevo che mi stavano cercando. Immaginavo già la reazione di Reaboss, stava scatenando in me delle emozioni che non mi potevo permettere, le ricacciai indietro come la felicità per essere finalmente libera. 

Non potevo lasciare alcuna traccia del mio passaggio, dovevo essere furba e scaltra perché loro avevano il potere demoniaco e bastava un futile errore per cadere nuovamente in trappola. Ero un fantasma che vagava da terra in terra, non avevo idea di quanti giorni passarono esattamente e nemmeno quando sarei arrivata al mio punto di arrivo, pernottavo ovunque mi capitava a volte anche per strada, la paura di essere scoperta urlava nella mia mente per essere liberata, quando potevo camminavo a piedi per godermi i paesaggi e la vita comune. Pensavo che forse era meglio non fermarmi mai, ma poi in una piccola città che avevo raggiunto con l'autobus vidi il cartello "Cercasi personale" era una caffè letterario, non riuscii a resistere ed entrai. Negli anni che ho trascorso nelle terre demoniache, Reaboss mi ricopriva di qualsiasi tipo di libro che volessi, i libri erano la mia unica finestra sui mondi, ma erano anche la mia condanna perché sapevo che potevo solo immaginare tutti quei fantastici posti.

«Ciao, cosa posso servirti?» mi chiede cordialmente una ragazza dietro il bancone, è minuta con lunghi capelli rossi e delle lentiggini che le tingono le guance. Stavo per rispondere in modo brusco, ma mi trattenni e sforzandomi di sorridere dissi «Sono qui per il lavoro, cercate personale?» La vidi leggermente perplessa, forse la mia espressione gentile somigliava un po' a quella di Joker, ho visto anche moltissimi film

«Puoi andare a chiedere direttamente al proprietario, lo puoi trovare lì» mi indicò una porta laterale dove c'era la targhetta con un nome inciso sopra Oliver. La buona educazione prevedeva che io bussassi prima di entrare, peccato che mi ricordai di farlo dopo aver spalancato la porta con una rude violenza inopportuna. L'imbarazzo si fece strada nella mia mente cercando di saltare il muro invalicabile, colui che stava seduto alla scrivania, probabilmente Oliver, spalancò gli occhi così tanto che pensavo fosse un demone che si stesse per trasformare. «C'è molta corrente qui.» Mi giustificai, lui strizzò gli occhi due volte prima di parlare «Lei è?»

«Romya» mentii dicendogli il mio nome al contrario. «Sono qui per il lavoro.»

«Ah!» esclamò incupendosi, era un signore adulto sulla quarantina, aveva una ruga d'espressione sulla fronte quando alzava le sopracciglia come stava facendo adesso per osservarmi meglio. Di certo non gli avrò fatto la migliore delle impressioni, credo proprio di essere partita con il piede sbagliato. Avessi avuto i miei poteri l'avrei già soggiogato e convinto ad assumermi in un nanosecondo. «Hai mai lavorato in un caffè?» mi domandò invitandomi con un gesto della mano a sedermi. La poltroncina non era molto comoda e mi costringeva a tenere la schiena drittissima.

«No» risposi secca.

«Hai mai lavorato?» domandò sospirando.

«No» ammisi sinceramente.

«Romya quanti anni hai?» A questa domanda un qualsiasi demone si sarebbe divertito a riferire la sua vera età demoniaca, solo per vedere l'espressione scioccata del suo interlocutore, io avevo 120 anni equivalente a 20 anni umani, ma non ero più un demone per il momento, quindi dichiarai «Ho vent'anni»

«Romya sarò sincero, non hai alcuna credenziale per giustificare un'assunzione sensata, ma in te c'è uno spirito particolare e credo che la tua presenza farebbe molto bene a questo posto, sei assunta.» Non capii il vero significato di quelle parole fino a quando vidi le labbra di Oliver dischiudersi in un sorriso accogliente, lo stomaco mi si rivoltò per questa smanceria zuccherosa. Bleh!

Ma contemporaneamente una piccola scintilla di orgoglio nacque dentro di me. «Lisa ti spiegherà tutto, vai pure a raggiungerla.» Intuì che Lisa era la ragazza con i capelli rossi che stava dietro il bancone, così senza nemmeno chiedere altri chiarimenti mi alzai. Quando però ero sulla soglia della porta Oliver articolò delle parole che mi fecero frantumare la speranza «Domani porta la carta d'identità, dobbiamo fare un piccolo contratto, per te va bene part-time?»

No! Non va bene, non va bene per niente. Romya non aveva documenti, lei non esisteva.

*Era come rubare l'anima di cui si stava nutrendo un piccolo demone: equivalente di rubare le caramelle a un bambino

# spazio autrice #

Grazie sempre a tutti coloro che stanno seguendo la mia storia, siamo a 316 visualizzazioni, grazie, grazie e grazie !!

Questo capitolo è il punto di vista di Aymor, finalmente abbiamo scoperto che fine ha fatto, vuole la sua libertà e sta cercando di vivere secondo voi riuscirà nel suo intento?

Domanda quale punto di vista volete nel prossimo capitolo: Aymor, Damien o Grytelk?

 Fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie ancora !!!!

Aggiunta la foto di Lisa :) vi piace?

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