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Will
Sentivo la testa incasinata, come se fosse una casa dopo una festa di matricole. I ricordi e anche i pensieri non riuscivano a trovare un loro ordine. Giravano tutti come se fossero in un vortice, si mescolavano e cambiavano. Tenendo gli occhi ben aperti ripresi a guidare, ma puntualmente un'altra strana visione mi fece visita. 

La strada s'allargò e ciò che vedevo s'accartocciava come un foglio di un quaderno. La notte scese di nuovo improvvisamente e mi ritrovai a sterzare, le ruote fischiarono e la macchina fece un testa coda. Ancora con il corpo carico d'adrenalina e paura, vidi me stesso che passeggiava con la ragazza di prima e riuscii ricordarmi pure il nome Romya. Però poi mi sembrò distorto e strano. 

Mi strofinai il dorso della mano sugli occhi. Sotto un palo della luce il mio alter ego e la bellissima ragazza si fermano all'improvviso bloccati da due ragazzi, che sembrano usciti da un film sulle gang. Aguzzai la vista perché ciò che vedo aveva dell'incredibile. 

Uno aveva i capelli biondi e gli occhi rossi come dei rubini. Mentre l'altro sarebbe stato assunto immediatamente per posare per uno stilista di moda. Scossi il capo in maniera decisa. Non era reale... tentai di auto-convincermi. Stavo sicuramente impazzendo. Forse era una reazione collaterale di qualcosa che avevo assunto alla festa. 

Poi vidi sbucare dall'oscurità due occhi come l'ocra e un manto nero che si confondeva con la notte. Era uno dei più grossi cani che avessi mai visto. In realtà non ero nemmeno sicuro che fosse un cane. Un lupo forse? Ma era alto quasi quanto l'orso che avevo visto al parco anni fa...

La visione si dissolse e tornò in un lampo la luce del pomeriggio. Il parabrezza era pieno di piccole goccioline di pioggia, che pian piano si fecero più prepotenti e resero distorta la vista del paesaggio. Azionai i tergicristalli e mi diressi a casa di Silvio. Fortunatamente durante il tragitto forse ero guarito. Avevo ancora molto disordine in testa, ma nessuna visione rovinò la mia guida.

«Cosa ci fai qui?» chiese Silvio aprendo la porta sbadigliando. Il suo aspetto era molto peggiore del mio. Potevo ritenermi fortunato allora...

«Credo di aver dimenticato il portafoglio.»

«Non stare lì impalato. Entra.» Gentilmente mi aprii la porta e un'immagine dietro l'altra mi passarono davanti come flashback. Rividi tutta la serata passo per passo in pochi attimi. 

L'incontro con la bellissima ragazza di prima in cucina, lei che ballava in modo estasiante e poi sempre lei che veniva a prendermi in bagno mentre ero mezzo ubriaco. Forse, in realtà, ero completamente ubriaco. Poi però nella mia mente ritornò anche qualche altro ricordo che mi lasciò interdetto. Tutti gli invitati alla festa erano accasciati a terra come se fossero svenuti a comando. Io li superavo camminando per il corridoio aiutato dalla ragazza. Ma non mi preoccupavo per loro. 

Poi come se fossi stato colpito da un lampo, mi trovai in uno dei peggiori film horror. Difronte avevo una creatura mostruosa che aveva legato sia me che la ragazza a una struttura di legno. Un po' come se ci avesse messi in croce. 

Qualcosa non andava. Ero sicuro che quei ricordi fossero i miei, ma com'erano possibili certe visioni? Ricordavo persino la paura che mi attanagliava il cuore stringendomelo in una morsa. Ma non ero spaventato per la mia vita. 

Oh, no

Io ero terrorizzato che potesse accadere qualcosa a quella bellissima fanciulla dagli occhi come l'ambra più preziosa. Rimembrai che dal primo momento che la vidi un'alta marea d'emozioni m'aveva inghiottito sbattendomi contro un amore inaspettato e travolgente. Non era come un semplice colpo di fulmine, mi sentivo come se fossi stato colpito da miliardi di fulmini.

Tornai in me ancora sconvolto e confuso per tutte quelle emozioni. Trovai nel bagno di Silvio il mio portafoglio e usci di fretta dimenticando di ringraziarlo. Quando alzai gli occhi sulle nuvole cariche di pioggia, vidi invece un celeste surreale e capii che un'altra visione aveva preso piede nella mia mente. La ragazza giaceva addormentata su un soffice pavimento bianco, io le stringevo la mano e ricordai persino cosa stessi pensando in quel momento.

È possibile avere nostalgia di un mondo mai conosciuto? Possibile sentirsi a casa in una prigione spaventosa solo perché ci sei tu al mio fianco? Mi hai stravolto la vita sin dal nostro primo incontro. La nostra collisione mi ha portato solo guai, eppure anche adesso che penso di essere nel peggior incubo mai fatto, ti guardo e ritratto la mia tesi sperando che il mio più bel sogno non finisca mai.

La pioggia torno battente e bagnato come un pulcino, con i capelli umidicci appiccicati alla fronte ripresi a guidare. Sapevo dove dovevo andare, senza conoscerne il vero motivo. Era qualcosa di più grande a spingermi in quella direzione.

Grytelk
«Bentornato padrone» disse il mio famiglio accogliendomi con rispetto dentro le mura della reggia del Gran maestro. Con passo felino mi guidò attraverso i corridoi principali, per poi inoltrarsi in quelli secondari e più stretti.

 «Nel palazzo come può ben notare si sta spargendo la voce.» Aveva ragione, facendo il giro di varie zone della reggia si notavano molti demoni che bisbigliavano e altri che correvano da una porta all'altra. Nessuno però s'avvicinò a me e al mio smilodon fatalis famiglio. Era simile a un leone come corporatura, manto nero, coda corta e le fauci erano munite di due grossi canini. 

Sapevano quale punizione spettava a chi provava a parlarmi senza un adeguato permesso. Perciò tenevano le distanze. Ricordavano tutti l'ultima punizione subita dal demone della classe Eta e nessuno aveva voglia di patire le stesse pene. Chiunque avrebbe preferito finire in una cella del preparadiso piuttosto che stare con me nei sotterranei. Scelta discutibile data la mia immensa generosità e bontà riservata in modo particolare a chi trasgrediva le leggi.

«Il Gran Maestro ha lasciato messaggi?» dissi mentalmente al mio famiglio. 

«No, nessun messaggio»

«Nemmeno un segnale?»
«Solo un'impronta di tenebra della sua mano.» Senza rifletterci troppo ordinai «Portami immediatamente in quel luogo.» 

Reaboss era un demone alfa e non lasciava mai nulla al caso. Ero ancora incredulo per la sua scomparsa e il senso di colpa m' attanagliava il petto per aver perduto Aymor. 

Ormai stavo perdendo il conto di tutte le volte che quella principessa sfuggiva alla mia protezione. Spero solo di risolvere al più presto questa questione e che il Gran Maestro saltasse fuori da una torta a sorpresa, altrimenti sapevo quali sarebbero state le conseguenze. Senza le redini di Reaboss le terre demoniache sarebbero state invase dal caos più totale e i demoni ribelli avrebbero trovato la strada spianata per salire al potere.

L'impronta era nella stanza d'iniziazione. Tutti i demoni appena nati venivano portati da Gran Maestro che ne risvegliava i poteri attraverso il rituale. Altrimenti questi diventavano incontrollabili e uccidevano il piccolo entro pochi giorni dalla nascita. 

Si percepiva l'odore pungente della spezia demoniaca e il potere dell'impronta. Un rosone decorato con vetri rossi e neri illuminava la stanza. Le imponenti colonne erano disposte a cerchio corrispondendo a ogni punta della stella che era incisa sul pavimento. Tra ogni spicchio c'era un simbolo demoniaco che incanalava il potere delle tenebre. 

Mentre sulle colonne erano incise le lettere che rappresentavano tutte le classi demoniache. L'impronta del Gran Maestro stava al centro della stella, dentro il cerchio dove solitamente veniva posizionato il neonato e il suo Jillem. 

Tutti i demoni avevano un Jillem era un oggetto scelto dal Gran Maestro per dividere l'enorme potere della tenebra che si generava dal nuovo nascituro, quando questo avrebbe finito di frequentare l'accademia demoniaca e sarebbe stato dichiarato in grado di gestire il suo potere, il Jillem veniva sprotetto del sigillo e il demone avrebbe riavuto tutti i suoi poteri iniziali. L'impronta era solamente un indizio del luogo dov'era nascosto il vero messaggio. 

Non persi tempo perché capii subito cosa dovevo cercare.

Aymor Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora