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Damien
«Vuoi accomodarti?» domandò James ignorando completamente il fatto che fossi un pericolo per lui ma soprattutto per sua sorella. 

Cosa gli impediva a quell'anima errante di usare correttamente il cervello?

 Mi smaterializzai prima di accettare la sua offerta e approfittarmi dell'anima di sua sorella.

Tornai nella charu e trovai Bune ad attendermi seduta sulla mia scrivania, con le gambe incrociate in modo da mostrare quanta più pelle possibile.
«Sei tornato» disse con una dolcezza che strideva con la sua natura demoniaca. Il mio lupo famiglio s'accovacciò in un angolo della stanza dove avevo messo una brandina per lui.

«Non fingerti sorpresa, sapevi che l'avrei fatto altrimenti non saresti qui ad aspettarmi.»

«A desiderati.» Sorrise con espressione innocente e s'accomodò sulla scrivania, in una posizione diversa dalla precedente in modo da dimostrarmi le sue parole. Io sorrisi lusingato per tutte quelle attenzioni. 

Togliendo ogni pensiero dell'ultime ore dalla mia mente. Un sorriso soddisfatto le increspò appena le labbra, quando vide che mi stavo avvicinando.

 I suoi occhi ossidiana incontrarono i miei quando con una mano le accarezzai una guancia per poi sfiorarle le nuca. Solo con quel semplice tocco capii che era pronta a farsi investire dal mio calore. 

Lei mi lasciò fare inclinando il capo per farsi baciare. Ignorai quella sua richiesta invitante e le sue labbra libidinose. 

Fu sorpresa quanto me quando all'orecchio le sussurrai «Vai via.»

Non chiese spiegazioni sapeva che non ero il tipo. Guardandomi indignata disse «Sei cambiato. Prima d'ora non avresti mai rifiutato la mia gentile offerta.» Poi scomparve lasciando il dubbio friggermi il cervello. 

Perché l'avevo mandata via? Ero tornato proprio con il preciso scopo di divertirmi. Invece adesso mi sentivo più incasinato di prima. 

«Cosa ti preoccupa padrone?» Vidi il muso del lupo alzarsi e i suoi occhi ocra puntarsi sul mio volto.

«Saudade» risposi vedendolo preoccupato per il mio stato d'animo.
«Non capisco padrone» disse confuso. Non avevo mai usato questo termine, perché non né avevo mai avuto motivo fino ad adesso. 

«È una parola lusitana che mi disse una donna che conobbi molto tempo fa. Una sorta di nostalgia per qualcuno o qualcosa a cui si tiene.»

«Cosa ti manca padrone?»
In quel momento anch'io mi posi la stessa domanda. 

Cosa mi manca? Non avevo nessuna risposta. Eppure sentivo ancora quel malessere strano invadere ogni cellula del mio corpo corrompendola. 

Chi mi manca? Riformulai la domanda e mentalmente vidi i suoi occhi ambrati invadere i miei pensieri con la sua tipica tenacia e prepotenza. Pulce sarai la mia rovina.

Aymor
«Occupati del ragazzo» disse l'imponente uomo alato a Mikael. 

«Lasciatelo. Lui non c'entra nulla con tutto questo» sbottai e ignorando un immenso dolore alle costole mi piazzai davanti a Will. 

«Non preoccuparti, collaboratrice dei demoni, dopo che Mikael avrà letto nella sua mente lo riporteremo sulla terra e non ricorderà più niente. Soprattutto non ricorderà più nulla di te» esclamò allargando le ali come se non fosse in grado di contenere la sua furia. Will era già vittima mentale di Mikael, vedevo i suoi occhi persi in dei sogni sicuramente creati dal mezzo luce.

«Posso prima curare le ferite di Aymor?» chiese Mikael con tono incerto. 

«No, sarà il dolore delle sue ferite a farla redimere dal collaborare ancora con esseri demoniaci.» Quelle parole scandivano un rifiuto bello e buono. Ed erano così dolci per la mia mente da darmi un bel lascia passare per bloccare il senso di colpa portato dai ricordi. 

Un grande arco di nuvole bianchissime comparve a pochi passi da loro, Will e Mikael scomparvero al suo interno. Sapevo che era la cosa migliore per lui perdere quei ricordi e tornare alla sua vita di tutti i giorni. Però non posso negare che facesse male pensare che quella fosse l'ultima volta che l'avrei visto. Come un lampo m'attraversarono la mente alcuni ricordi vissuti insieme e rammentai del bulbo piantato nel vaso rosso, che giaceva sulla finestra. Avere ancora qualcosa di lui mi rincuorò. 

«Daniel tu penserai a lei. Fai in modo che non si verifichi l'incidente dell'ultima volta.» Rahael quando finì d'impartire i suoi ordini alzò il mento rivolgendo il suo sguardo al cielo azzurro e sbattendo violentemente le ali s'innalzò scomparendo nel manto celeste.

«Invidiosa?»
«Per quelle cose mostruose? No, nemmeno per sogno» risposi sentendo la schiena leggera e priva di due arti fantasmi che mi mancavano tremendamente. 

«Qualunque umano vorrebbe poter volare» continuò Daniel pizzicando un nervo più che scoperto.
«Forse sei rimasto scottato tu per non averle ereditate» lo guardai negli occhi drizzando la schiena e notando di aver colpito nel segno con quelle parole. 

«Io ho avuto qualcosa di molto meglio. Posso smaterializzarmi.» Sapevo che i mezzi luce ereditavano una delle capacità angeliche, grazie al potente sangue d'angelo. Il che li rendeva molto più forti dei semplici comuni mortali e gli permetteva di accedere al paradiso ancora da vivi. 

Nessun mortifero poteva varcare le porte del paradiso, infatti gli angeli avevano deciso di creare una sorta di quartier generale dove poter accogliere i mortali o i demoni. Ma in realtà il centro d'accoglienza era sotto mentite spoglie una vera e propria prigione inespugnabile. Nessun demone poteva usare i suoi poteri dentro il preparadiso e nessun mortale era in grado di smaterializzarsi. Perciò rimanevano bloccati in questo "centro d'accoglienza" fino a quando un angelo o un mezzo luce non si decidesse a donargli nuovamente la libertà. Sapevo benissimo che mi trovavo in una situazione di merda.

«Afferra la mia mano» disse Daniel avvicinandosi.
«Nemmeno pagata» gli risposi velenosa.
«Smettila! Non ho voglia di fare altri sbagli»
«Ucci ucci sento odor di peccatucci. Hai paura di non rendere orgoglioso tuo padre come solo Mikael riesce a fare» lo provocai cogliendo la palla al balzo. I suoi occhi azzurri erano pieni di rabbia. 

«Non osare dirlo mai più!» minacciò. 

«Sono un mezzo luce e per quanto sei importante per il Custode, la tua vita per me non vale nulla e porrei immediatamente un freno a questa lingua lunga che ti ritrovi.»

«Hai ucciso il tuo ultimo incarico, vero?» La sua espressione non poté che confermare le mie parole. «È stato un incidente» rispose a denti stretti e chiudendo i pugni. La sua vulnerabilità era qualcosa avrei potuto sfruttare a mio favore. 

«Sul serio? Io credo invece che se non fossi il fratello gemello di Mikael, ti si potrebbe tranquillamente scambiare per un mezzo ombra.» Questa era un'accusa molto grave da rivolgere a un figlio d'angelo.

«TU!!» urlò scagliandosi contro di me buttandomi a terra e stringendo le sue mani attorno al mio collo. Avevo iniziato il processo di guarigione, era molto più lento rispetto a quando ero un demone ma aveva rimarginato già le costole fratturate. Sfruttai la rabbia repressa di Daniel per procurarmi nuovamente le fratture, mi mossi in modo tale da far indirizzare i suoi pugni proprio sul mio costato. 

Era un processo doloroso, ma necessario. Non avrebbero più pensato che fossi una semplice umana in combutta con i demoni. Lasciandoli della convinzione che fossi una delle tante mortifere, cadute in tentazione attirate dal peccato oscuro, mi permetteva di avere almeno una chance per uscire da questa prigione.

Daniel sfogava su di me i suoi istinti più repressi, e sicuramente non avrei fatto la spia a nessuno. Poi dicono che i demoni sono esseri crudeli!?

Aymor Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora