Threats

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Continuiamo a vederci,
inganniamo il tempo,
per scordare quanto siamo soli

Un tonfo sordo giunse alle orecchie di Alison.
Poi un dislivello inaspettato al di sotto del suo corpo inerme.

Ancora avvolta in un sonno profondo, provò a mettersi più comoda sul divano, ma improvvisamente l'appoggio morbido della spalla di sua sorella si era smaterializzato, lasciandola distesa sul divano accanto a sua madre.

Schiuse appena gli occhi, ritrovandosi allungata sui cuscini morbidi, un braccio penzolone e la testa accanto all'addome esile di sua madre.

Ora che la osservava meglio, poteva notare quanto la donna fosse dimagrita negli ultimi anni, e di come le costole andassero ad evidenziarsi sulla sua maglia.

Sollevò il mento, guardando il viso rilassato della madre e confermò che, oltre ad essere dimagrita, la donna forte che le era stata accanto era anche parecchio invecchiata.

Poggiò le mani sul divano accanto al bacino e si sollevò sulla schiena sbadigliando.

Si era riposata, non aveva voglio di dormire,eppure era ancora stanca.

Ma non solo fisicamente, anche emotivamente.
Quella dormita tra la sua famiglia non aveva minimamente cambiato il suo umore.

In fondo aveva provato ad uccidersi, non poteva pretendere una gran cambiamento.
Non riusciva a perdonarsi per i suoi gesti affrettati e stupidi.
Eppure in cuor suo ci aveva sperato.

Era quello il suo problema.
Sperava tanto nelle cose, e poi veniva delusa.
Per questo aveva smesso di sperare nelle cose, ma aveva incominciato a sperare più in se stessa.
Ma le delusioni c'erano comunque, anzi, forse erano peggiori e costanti.
Ma se non credeva nemmeno più in se stessa, perdeva anche quel briciolo di sicurezza rimasto in lei, perciò doveva accontentarsi.
Ed accontentarsi non era abbastanza per la sua felicità.

Si guardò attorno, notando la penombra che avvolgeva la casa donandole un aspetto alquanto tenebroso, più del solito.
Ruotò la testa verso l'orologiò e vide strizzando gli occhi che le lancette segnavano le 17:36.

Sospirò, appoggiando la testa allo schienale del divano.
Niente aveva un vero e proprio senso in quel momento.
Era tutto confuso e terribilmene caotico nella sua testa.

Poi le tornò a mente il vero motivo per cui era passata per il salone.
Soldi. Aveva bisogno di soldi.
Si sentì momentaneamente egoista a pensare al denaro, ma non poteva restare ulteriormente senza mangiare.
E poi se proprio doveva essere sincera, lei era tutto tranne che egoista in quella casa.

Si sollevò dal divano e si stiracchiò allungando le braccia a mezz'aria.
Si spianò qualche piega sulla felpa, e si incamminò di soppiatto verso la camera di sua madre.

I calzini scivolavano sul parquet senza produrre rumore, rendendo tutto più semplice ai movimenti impacciati di Alison.
Arrivò alla porta che dava sul corridoio, e lo attraversò fino ad arrivare alla camera.

La porta in mogano era chiusa davanti ad Alison, ma con facilità recuperò la chiave nel vaso sulla mensola.

Era un vizio che sua madre aveva sin da quando aveva memoria, nascondeva la chiave nel vaso dei fiori rossi.
Erano fiori rigorosamente finti, Alison ricordava bene quando nel vaso erano posizionati dei bellissimi fiori rossi veri e persino dal buon profumo.
Questo prima che nessuno li curasse più e appassissero, così che la madre di Alison si era dovuta ridurre a comprarne di finti per fare comunque da barriera per nascondere le chiave.
Alison l'aveva scoperta da tempo e probabilmente lei lo sapeva, ma si ostinava comunque a metterla tra i fiori.
Era una cosa che faceva sempre suo padre, sapeva che era quello il motivo fondamentale.
Come tutto il resto.

Ice Heart || Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora