Family

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Hey mum, hey dad,
When do this end?
When did you lose your happiness?
I'm here, alone, inside of this broken home

(Levatemi questo cd, sta diventando grave la cosa)

Era tutto sfocato.
Ogni singolo colore andava a svanire sotto lo sguardo triste di Alison.
La vita scorreva sotto i suoi occhi come un dannato film in bianco e nero.

Da quando voleva uccidersi?
Davvero aveva permesso di farsi salvare da Lorenzo?
Da quando era giunta fino al limite?

"Da troppo tempo"

Era una linea immaginaria che divideva il suo mondo dalla realtà.
Ne stava varcando la soglia.
Sentiva la differenza devastante.

Sì, era sempre stata un po' triste.
Ma arrivare al desiderio ardente di uccidersi era sbagliato.
Decisamente.
E aver affrontato la faccenda con Lorenzo, non migliorava la situazione.

Eppure il suo corpo non riusciva ancora a sentirlo sbagliato.
Il fatto é che quando era con lui si sentiva protetta e stava bene.

"E se mi fa star bene, perché no?"
Fu tutto ciò che riuscì a dirsi.

Non riusciva a trovare una spiegazione razionale al suo stato vagante mentale.

Tutto era estremamente confuso.
Una macchia le ingombrava la mente, una macchia fin troppo estesa che la stava divorando lentamente.

Come la fame.
Aveva fame, sentiva lo stomaco tormentarla bramando cibo.

Ultimamente apriva più spesso l'anta dell'armadio, solo per squadrarsi e vedere quanto il suo corpo si stesse rimpicciolendo e lentamente andasse a sparire sotto i vestiti.

Per ora era solo leggermente in sottopeso, ma se avesse continuato a mangiare di rado sarebbe diventata una stecca vagante.

Tastò nelle tasche dei pantaloni alla ricerca di qualche moneta, ma era totalmente al verde.
Imprecò mentalmente scendendo dall'autobus.

Doveva prendere dei soldi.
E l'unica era andare a scavare tra i risparmi di sua madre.
In camera sua.
Lontana da quella di Alison.
Dopo il soggiorno che avrebbe dovuto attraversare.
Dove Alessia poltriva.

Si morse un labbro.
Sembrava tutto più difficile in quel momento, ogni singola cosa sembrava spingere sulle sue spalle.

Ma non sarebbe sprofondata, non voleva e non sarebbe successo.
Prima che potesse accorgersene, la casa degli errori ergeva davanti ai suoi occhi.

In situazioni "normali" sarebbe passata per la finestra sul retro, per poi sbucare nella sua cameretta e rimanerci fino al giorno successivo.
Ma non era uno di quei casi.

Lasciò che le gambe avvolte nei jeans la portassero davanti alla porta, sentendo sotto le scarpe i ciottoli del suo non definibile giardino.
Incastrò la chiave arrugginita nella serratura, e con un scatto minimale, la porta si aprì cigolando.

L'odore tipico di tabacco di quella casa ci mise poco a raggiungere le sue narici.
Tossì sventolandosi una mano al di sotto del naso arricciato per la forte puzza.

Era appena entrata e già si stava pentendo di non essersi lasciata in pasto alla fame.

Sospirò e avanzò di soppiatto verso il soggiorno.
Si accostò allo stipite della porta in mogano e lanciò uno sguardo furtivo al divano.
Gli occhi si sgranarono automaticamente a quella vista insolita e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

Sul divano smollato e consunto, una figura materna stringeva tra le sue braccia una ragazza sostanziosa, che poggiava la testa bionda sul grembo della donna.
Entrambe dormivano, e piccoli ronfi intorrompevano l'aria di silenzio cullante che si era creata.

Ice Heart || Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora