chapter one.

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257 giorni prima;

Malia Hale era una ragazza con un certo orgoglio e una certa dignità. Mentre era in macchina, rinchiusa dalla cintura di sicurezza nel sedile posteriore, grugnì di frustrazione. Sua madre la guardò male dallo specchietto, ma non disse nulla.
«Davvero, stai commettendo un grosso sbaglio a portarmi là! Io sto bene.»
La madre della adolescente sospirò, sapendo che in ogni caso non avrebbe potuto farle cambiare idea quindi era inutile anche solo provare a parlarle.
La strada si fece più sassosa e abbandonarono l'asfalto. Entrarono in un grande sentiero in mezzo ad una radura ed entrambe intravidero un grosso edificio alla fine della strada.
«Eccoci finalmente.» Non era un finalmente di felicità, perché separarsi per parecchi mesi dalla propria figlia dopo tutto quello che le era successo, era pressoché frustrante e ansioso.
La donna parcheggiò la macchina davanti alla scalinata e prese la valigia dal bagagliaio. La diede a sua figlia, che la prese con cautela e si fermò a guardarsi intorno.
«Per favore, fai la brava Malia. Sono davvero sicura che la prossima volta che ci vedremo starai davvero bene.» Malia le volle credere. Sua madre non diceva nulla tanto per dire, e vedere la sicurezza nei suoi occhi le riscaldò il cuore.
«Ti amo, mamma.» La strinse forte a se e dopodiché salirono la scalinata. Suonò il campanello e pochi attimi dopo una giovane donna aprì loro la porta.
«Malia Hale.» La donna, vestita con un lungo camice bianco, ci mise un attimo per ricordare, poi sorrise dolcemente e le fece entrare: «Malia, so che sará difficile per te, ma questa diventerà come casa tua. Solamente che giornalmente riceverai la visita della dottoressa Mejer che ti aiuterà a stare molto meglio.» L'infermiera sembrava davvero gentile, ma Malia si chiese quanto le costasse davvero sorridere ed essere genuina con chiunque lì dentro. Lei non ce l'avrebbe fatta.
Percorsero un lungo corridoio pieno di bellissimi quadri e arrivarono alla sala d'aspetto. Lì la dottoressa la fece accomodare ed entrò dentro una stanza, probabilmente per avvertire il loro arrivo al massimo dipendente lì dentro.
Poco dopo, dalla stanza uscì una donna molto anziana, ma comunque mantenuta molto bene: aveva delle leggere occhiaie sotto gli occhi, coperte con il trucco; i capelli scuri erano tenuti fermi da un fermaglio ed indossava un vestito molto sobrio ma elegante allo stesso tempo. Si avvicinò a Malia e le porse la mano, poi fece lo stesso con la madre.
«Sono la dottoressa Mejer, direttrice di questa casa di cura. Sarà un piacere per me aiutare sua figlia dopo il grave avvenimento.» Malia restò di stucco: sarebbe stata aiutata alla riabilitazione dalla stessa direttrice?
Sorrise cordiale alla donna, poi, mentre la madre e la direttrice entrarono nell'ufficio per poter parlare per bene dei dettagli, l'infermiera attirò la sua attenzione.
«Vuoi che ti mostri la tua stanza e poi ti faccia un piccolo tour?» Annuì, e la seguì.
«Allora, qui al pian terreno ci sono solo gli uffici formali, quello della dottoressa Mejer e anche gli archivi. Guai a te se ti introfuli.» Per quanto il tono fosse serio, Malia provò subito simpatia per quella ragazza: sembrava davvero gentile.
Salirono la scala a chiocciola e salirono al primo piano.
«Qui ci sono le sale comuni, dove stanno tutti i pazienti, e c'è anche la mensa e una biblioteca. Anche se è un centro di riabilitazione, puoi ben capire che non trattiamo le persone come se fossero malate. Come te, loro hanno subito purtroppo qualche trauma e noi vogliamo solo aiutarle a star bene così che possano riprendere la loro routine.» Malia giá lo sapeva, ma in ogni caso si sentiva un po' in trappola là dentro, senza la sua famiglia, senza i suoi amici e senza la sua camera.
L'infermiera le fece fare un piccolo giro delle sale comuni, poi entrarono in ascensore e arrivarono all'ultimo piano, che era però troppo piccolo per poter ospitare le stanze dei pazienti.
«Ma come possono starci tutti, qui?» Chiese, colta dal panico. L'infermiera rise e per un attimo si sentì all'interno di un film dell'orrore.
«Qui ci sono le stanze per le terapie di gruppo, cara. Voi ragazzi avete le vostre stanze laggiù.» Indicò fuori dalla finestra e Malia corse a vedere: dietro l'edificio si estendeva un altro pezzo di radura, e c'erano due file di case, cinque da un lato e cinque dall'altro.
«Una specie di dormitorio del college.» Spiegò alla ragazza, mettendole una mano sulla spalla. Malia rabbrividì di istinto, ma sapeva che non le avrebbe fatto nulla.
«Se vuoi fare per conto tuo, la tua camera è la numero trenta, casa otto.» Prese dalla tasca la chiave e gliela porse.
«Ti fidi? Potrei tentare di scappare.»
«Non penso che sia così terribile qui, ma in ogni caso abbiamo un certo controllo qui al centro.» Rispose, allontanandosi poi da lei e lasciandola sola.
Malia si rigirò le chiavi tra le mani, poi prese a correre per arrivare al piano terra, dove si trovava sua madre.
«Mamma!» Andò da lei e la abbracciò ancora una volta.
«Piccola, starai bene. Mi hanno spiegato tutto e nei prossimi giorni spiegheranno anche a te i programmi. Non sono poi così severi. Tu devi solo pensare alla tua salute e stare bene, okay?»
«Va bene mamma.» Si sentì piccola a fare così, come quando sua madre le diceva cosa fare e cosa non fare e lei doveva obbedire.
«Ci vediamo piccola, scrivimi appena puoi.» Le baciò la fronte, dopodichè la guardò per qualche istante, e se ne andò.

Era sola ora. E lo sarebbe stata per i prossimi tre mesi, almeno. Ma l'infermiera sembrava simpatica e questo non sembrava un manicomio come aveva visto in molti film. Forse doveva smetterla di vedere film horror, decisamente.

«Certo che trattano di lusso, qui.» Malia Hale rimase abilita non appena aprì la porta della sua stanza. Era come un piccolo appartamentino. Un grande salone appena entrati, arredato decisamente bene. Un piccolo corridoio portava alla stanza da letto e accanto c'era un bagno con una bella vasca. Mancava solo la cucina e sarebbe stato perfetto: peccato che avrebbe dovuto condividere il pranzo e la cena assieme ad altre chissà quante persone che nemmeno conosceva. Sarebbe stato frustrante.

256 giorni prima;

Malia Hale passò il secondo giorno in giro per il centro, volendo esaminare per bene ogni stanza e volendo scovare qualche nascondiglio dove poter stare in caso di necessità, siccome sapeva che se si fosse rifugiata nella sua stanza l'avrebbero trovata subito. E lei aveva sempre voglia di passare un minimo di tempo da sola.
La sala da pranzo era davvero grande e con sua sfortuna i tavoli erano rotondi e con un minimo di sei persone per tavolo. Avrebbe dovuto davvero condividere pranzo e cena con altre persone. Ringhiò frustrata e attirò pure l'attenzione di una ragazzina che stava passando. Le fece una faccia strana e quella poveretta corse via terrorizzata.
«Che idiota.» Disse, incamminandosi poi verso la biblioteca comune. Per fortuna non c'era tanta gente e poté ispezionare in pace il posto: trovò subito un angolo comodo tra un due lunghi scaffali e con sua grande gioia capì che nessuno l'avrebbe potuta vedere.
Aveva trovato il suo posto perfetto.

255 giorni prima;

La mattina del terzo giorno bussarono alla sua porta. Malia si alzò dal suo comodo letto ad una piazza e mezza e andò ad aprire con la voglia di fare qualcosa quel giorno pari a zero.
Si ritrovò davanti una ragazza altissima, dai lunghi capelli rossicci e dalle guance rosate.
«Tu saresti?» Chiese, cercando di essere il più gentile possibile.
«Lydia Martin, vivo sotto di te. Ho scoperto solo ieri sera che c'era una nuova arrivata e quindi ho pensato di venire a salutarti e..»
«Ti saluto anche io.» Malia sbuffò e le chiuse letteralmente la porta in faccia, poi chiuse per bene a chiave e tornò nella sua stanza, si buttò nel letto e chiuse gli occhi. Non voleva fare niente quel giorno e non avrebbe fatto niente. Non le interessava chi fosse quella Linda, o Lizzy, o come si chiamava. Voleva annoiarsi nella sua stanza e aspettare di rivedere la sua famiglia. Non ne poteva più ed era solo al terzo giorno in quella clinica.

Mamma, spero davvero che tutti mi lascino in pace questi tre mesi. Mi serve soltanto qualcuno che mi scandalizzi la vita e allora si che potrò buttarmi da un ponte.

Oh, Malia, sapessi quanto cambierà la tua vita da ora in avanti. Forse avresti fatto meglio a buttarti direttamente dal ponte non appena arrivata al centro di cura.

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Uhm, nulla. Inizialmente questa storia Maleo doveva essere una one shot, ma usando quei pochi neuroni che c'ho ho compreso che era destinata a diventare una fanfinction.
E nulla, siamo solo al primo capitolo, ne accadranno di belle a questa scontrosa e misteriosa Malia Hale.

Dedico questa storia a @tainay, la mia amica pazza.

Cercate di non essere troppo cattivi nei commenti - se mai ce ne saranno -. Detto questo, ci vediamo in una vita prossima babies. :*

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