232 giorni prima;
Theo si alzò verso le cinque di mattina, così da poter uscire indisturbato dalla sua abitazione e andare ad allenarsi.
In pochi minuti raggiunse il suo angolo dietro l'edificio della clinica, portò fuori il suo sacco e appicò un piccolo falò, siccome faceva abbastanza freddo, anche perché erano ormai fine settembre e si avvicinava l'autunno.
Si tolse la fiacca, rimanendo solo in canottiera e iniziò subito l'allenamento: era solito fare una mezz'ora piena di corsa intorno alla radura; faceva addominali, poi dello stretching e infine si allenava al pugilato.
Tutto ciò fino alle sette e mezzo di mattina, ora in cui la dottoressa e le infermiere si svegliavano.
Metteva a posto tutto, nascosto dietro ad un piccolo garage fatto in legno, e se ne tornava in silenzio nella sua abitazione.Poi, alle nove si 'svegliava', e raggiungeva l'edificio. Se era libera, passava del tempo a parlare con la dottoressa Mejer, soprattutto dei nuovi pazienti.
Theo ormai stava la dentro da quasi due anni; solitamente i ragazzi dopo otto/dodici mesi, grazie all'aiuto della terapia e di quella di gruppo, stavano meglio e potevano tornare a casa dalle loro famiglie. Ovvio, dipendeva da caso a caso e da quanto fosse grave ciò che purtroppo avevano subito.
Anche Theo, non ne aveva passate certe di belle. Ma lui non amava quel posto. Stava lì per un motivo preciso, e solo due persone sapevano le sue motivazioni: la dottoressa, come ovvio, e Lydia.
La rossa era stata l'unica persona a conquistarsi la sua fiducia, e ancora oggi erano rimasti amici e confidenti.Bussò la porta e sentendo silenzio entrò.
«Buongiorno Theo.» Lo salutò la donna, che come sempre aveva la tavola piena di cartelle cliniche e di fogli da firmare.
«Il suo lavoro procede bene?» Chiese, forse troppo formalmente, infatti la donna lo guardò con un sopracciglio alzato e gli fece segno di sedersi.
«Cosa ti turba, Theo? Problemi con qualche ragazzo?» Lui annuì.
«Può avere a che fare per caso con Hale?» Si rifiutò di rispondere.
«All'inizio eravate abbastanza uniti. Poi quando hai lasciato la mano... Beh, ha tentato addirittura di scappare.» Lui strinse i pugni e cercò di spiegarlo nel modo più gentile possibile.
«Malia è abbastanza grande per scegliere con chi stare. Io le ho solo fatto da mentore per un paio di settimane, poi a quanto pare è stata così brava da cavarsela da sola.»
«E allora cosa c'è che non va?»
«La sua punizione.» Rispose, cercando di essere convincente.
«Non dirmi che è perché sta passando del tempo con Nathan...» purtroppo per lui, la donna lo capiva più del dovuto. Dopo due anni così era d'obbligo.
«Non mi interessa con chi sta Malia, okay? Non capisco la sua punizione.» Continuò, guardando le sue mani strette a pugno.
La donna sospirò, sapendo che il suo lavoro aveva dei segreti. Certo, la punizione per Malia era farla stare più del dovuto alla clinica, a lavorare e a partecipare alle terapie di gruppo.
Ma dopo ciò che le aveva rivelato Lydia Martin - degli incubi costanti che faceva la ragazza, e dei pianti - la dottoressa aveva capito che quello che aveva temuto, alla fine era successo: Malia Hale aveva un grande bisogno di aiuto. Aveva finto troppo a lungo che stesse bene e aveva bisogno di eliminare tutto quel dolore.. E i sensi di colpa.
Si girò di istinto a guardare il ragazzo davanti a lei.
No. Non poteva rivelargli delle condizioni di Malia Hale. Per quanto Theo ci tenesse alla ragazza, anche se lui voleva negare fino alla fine.«Malia inizierà a passare molto tempo qui dentro. Deve iniziare sul serio con le terapie.
E se ha amicizia con Nathan, Theo Reaken, non dovrebbe interessati, no?»
«No, infatti.»No, infatti. Lo odio soltanto.
E odio che stia vicino a Malia.
Theo decise che la conversazione era finita. Si alzò, fece un cenno di capo in segno di saluto e uscì, trattenendo l'istinto di sbattere la porta con forza.
Iniziò a salire le scale per arrivare al secondo piano, dove sapeva si trovava Lydia. Aveva la mattinata libera e avrebbero potuto passare del tempo assieme. La ragazza stava già meglio, si stava riprendendo anche se aveva molti scatti di malinconia nei momenti meno opportuni. In più, mancava un mese al suo compleanno e gli dispiaceva che lo avrebbe passato - di nuovo - alla clinica.
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257 Days Before.
Fanfiction«Non esiste cosa peggiore della morte, se non quella di vivere con i sensi di colpa.» Quella frase gliela aveva detta Theo, in un periodo in cui si trattavano ancora civilmente e forse si volevano bene nel limite del possibile. E quella frase l'avr...