{Non ci sará nessuna nota a proposito dell'Epilogo. Farò un bel Spazietto Autore a parte, (come capitolo singolo insomma) per concludere tutto.♥ > lo pubblicherò subito dopo questo. }
È un capitolo decisamente lunghetto. Divertitevi. ;)Due settimane dopo;
«Mi ha parlato di cose tremende, delle idee terrificanti che gli passavano per la testa, a quel tempo» Malia Hale strinse le sue mani pallide sul tessuto della gonna lunga, che le copriva quasi tutte le gambe. Alzò poi lo sguardo, scontrandosi con quello dei due sconosciuti, seduti sul divano in pelle davanti a lei; la donna, dai lineamenti giovanili ma severi, stava bevendo lentamente del the caldo, ascoltandola attenta. L'uomo, accanto a lei, manteneva una mano rigida su quella di lei e teneva gli occhi a terra, verso il tappetto persiano. La casa profumava di lui, per qualche motivo indecifrabile. Restarono tutti e tre in silenzio, a contemplare quel suono sordo e riempitivo. Fu la donna a parlare.
«Non ci ha mai voluto dire cosa provava, cosa sentiva. Si è sempre chiuso in se stesso, così come sue sorella» Pronunciò la donna, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. L'uomo ancora non aveva detto nulla, ma sapeva di essere osservato con prepotenza dalla ragazzina di fronte a lei.
«Lui è andato alla clinica, ed essendo maggiorenne poteva decidere lui. Ma lo avremmo portato comunque. Ha sempre avuto problemi con i sentimenti, soprattutto di quel genere, come rabbia e dolore» Finalmente lui parlò, togliendo la mano da quella della donna «E dopodichè, non si è fatto più sentire. Nel primo anno andavamo a trovarlo ogni volta che ce lo permettvano, ma ogni volta o qualche infermiera o addirittura la dottoressa Mejer ci spiegava che si era chiuso in camera e non voleva ricevere visite. Aveva il diritto di scelta. E noi dovevamo sottostare alle sue regole.»
Per quanto le parole fossero dure, la sua voce era attonita, lieve e docile. Quasi rassegnata, pensò Malia con tristezza. Ormai non era più arrabbiato verso suo figlio, anche perchè dovevano aver capito da tempo come si era sentito. Anche loro avevano sofferto, e la loro separazione così repentina li aveva divisi quasi irrimediabilmente. E Malia voleva che le cose tornassero al loro posto.
«E dopo cosa è successo? Dopo quella sera?» Chiese la donna, e Malia dovette confessare il gesto che l'aveva segnata profondamente.
«Mi ha promesso di venire da voi, risolvere tutto. Ovviamente non ha fatto nulla di tutto ciò, e io l'ho scoperto pochi giorni fa» Dovette ammettere, sconfitta e umiliata.
«Però» Le fece notare lei «Tu sei qui. Penso che il suo gesto ti abbia deluso, ma sei venuta qui perchè vuoi che lui risolva il suo dramma.»
Delusa?, pensò, ridendo. Theo mi ha distrutta, con questa sua ultima mossa.
Ma poi, in un lampo veloce come una scossa elettrica, un altro pensiero le attraversò la mente.
Ma io sono cambiata in quest'anno. La clinica mi ha trasformata. Lui mi ha cambiata, mi ha fatta maturare. Essere andata in tribunale mi ha dato una scossa. Se io non fossi la Malia Hale di ora, a quest'ora sarei lontana da tutti, come ho fatto a Natale.
Strinse ancora di più le dita nella gonna, che oramai si stava sgualcendo. Aveva addosso gli occhi dei genitori di Theo, che in qualche modo stavano intuendo il suo dramma interiore, e le permettevano di risolverlo con calma.
Ma io non posso vivere con i sensi di colpa. E nemmeno Theo può. Non posso andarmene senza prima aver messo in pari i conti con lui, dopo tutto il bene che infondo, mi ha fatto. E non posso nemmeno stare lontana da lui.
Si rispose a tutto quel monologo, dicendolo ad alta voce, anche per rispondere ai signori Reaken.
«Lui ha solamente paura; Theo ha sempre avuto paura di affrontarvi, perchè avrebbe ricevuto la morte di sua sorella come uno schiaffo in faccia, di nuovo. Ma allo stesso tempo vuole punirsi per i sensi di colpa» Scoppiò in una risata fragorosa, stranamente vera.
«Theo Reaken è pazzo.»
Disse, ma non era per niente un insulto. Era un complimento, vero e proprio.
I due genitori si guardarono perplessi, ma non per la reazione di Malia. Per ciò che aveva detto, perchè lei aveva capito perfettamente cosa stava accadendo.
«Vi chiedo, vi imploro di andare da lui e risolvere questa faccenda. Theo va costretto ad affrontarvi, altrimenti non fará nulla. Per favore» Disse infine, scandendo bene sillaba per sillaba, mettendo in chiaro che quella era una richiesta che non accettava di essere negata.
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257 Days Before.
Fanfiction«Non esiste cosa peggiore della morte, se non quella di vivere con i sensi di colpa.» Quella frase gliela aveva detta Theo, in un periodo in cui si trattavano ancora civilmente e forse si volevano bene nel limite del possibile. E quella frase l'avr...