120 giorni prima;
Malia Hale era una ragazza con un certo orgoglio e una certa dignità. Mentre era in macchina, rinchiusa dalla cintura di sicurezza nel sedile posteriore, stavolta non grugnì di frustrazione.
«Malia, sicura di aver preso tutto?» Malia aveva contato; era la nona volta che glielo chiedeva da quando avevano iniziato il viaggio.
«Sì, mamma.» Rise, appoggiando la testa sulla spalla della madre e guardando la strada davanti a sè. Più ci si avvicinava al centro, più la cittá lasciava spazio a campagne, stradine sassose e radure solitarie.
Il cielo, anche stavolta, era grigio e monotono, il che faceva sembrare tutta la situazione alquanto desolata. Ma Malia stava abbastanza bene; quel mese di vacanza l'aveva cambiata. O meglio, era lei ad aver cambiato se stessa e aver reso originali le sue pause natalizie.«Mi raccomando, fai la brava. Da quanto ho capito hanno in serbo per te un sacco di sedute. Quindi non chiuderti in chissá che angolino.»
Malia si rimise seduta composta al suo posto e tirò un'occhiata torva a sua madre.
«Sì mamma.»
Girò lo sguardo nei sedili dietro, guardando la valigia rigonfia lasciata sola, assieme a un altro sacco pieno di oggetti di cui non avrebbe potuto fare a meno.E poi arrivarono al cancello: la madre rallentò notevolmente, mentre Malia apriva il finestrino e tirava la testa fuori, inspirando l'aria di quel posto che - per quanto potesse assurdo - le era mancato.
Ci misero dieci minuti buoni ad arrivare davanti al centro, parcheggiare e arrivare davanti alla scalinata. E fu tutto un flashback: salirono la scalinata, stavolta con i bagagli più pesanti; arrivate in cima, suonarono il campanello e arrivò ad aprire una infermiera.
«Malia Hale!» L'infermiera le sorrise e fce entrare le due donne, e la ragazza fu subito travolta da un'ondata di ricordi.
Il centro era in tumulto, poichè era il ritorno dei vari pazienti dalle vacanze. L'unica che non sarebbe tornata era Lydia Martin. Ma Malia non era triste, nemmeno sentiva nostalgia. La rossa, in qualche modo (non aveva voluto indagare) aveva avuto il suo numero, e pochi giorni dopo il ritorno a casa le aveva scritto. Avevano passato le vacanze a scriversi, si erano pure sentite al telefono delle volte; e Malia si era ulteriormente affezionata alla ragazza, anche se in effetti aveva paura ad ammetterlo. L'ultima volta che si erano sentite era stata la sera prima della partenza, e chissá quando si risarebbero sentite.«Penso sia ora di salutarci.» Sussurrò sua madre, finendo di parlare con l'infermiera. Malia si girò e l'abbracciò, stringendo le dita nella sua giacca scura.
«Ti amo.» La madre le diede un bacio tra i capelli e le accarezzò il viso.
«Ci rivedremo molto presto. Sei stata grandiosa a casa, la dottoressa se ne renderá conto.» Poi lasciò le valigie sul muro vicino a loro e se ne andò, lasciando la figlia nel tumulto di persone.Malia prese le valigie e si avviò nel conosciuto studio della dottoressa Mejer, occupata con carte e a parlare con dei genitori; rimase in attesa.
«Malia cara, entra pure.» La dottoressa andò ad abbracciarla, poi la fece sedere.
«Tua madre mi ha aggiornato riguardo le tue vacanze, ma sai comunque che questo mese di ritorno sará pieno di terapie. Dobbiamo accertarci che tu stia bene davvero.» La ragazza annuì. Poi la dottoressa le diede le chiavi della sua nuova abitazione e le spiegò in sintesi il suo programma al centro.«Malia!» La ragazza si stava dirigendo fuori, quando vide Nathan venirle addosso. La strinse forte, poi si fermò a guardarla e spalancó la bocca.
«Cosa hai combinato? Oddio!» Le toccò i capelli, ormai corti e decisamente scuri. Era solo un taglio di capelli, ma per Malia significava di più.
«Avevo bisogno di un cambiamento netto.» Nathan le sorrise, malizioso, poi le prese il sacco e le chiese dove la avesse spostata la Mejer.«Ti ha messo nella nostra abitazione!» Esultò lui, facendole strada. Camminarono ridendo e parlando per tutto il vialetto delle case, mentre lei gli raccontava di Lydia, del Natale, del suo miglioramento.
«E tu, Nathan?» Il ragazzo sorrise ancora di più, se possibile.
«Oh, me la sono spassata alla grande.» Arrivarono all'abitazione; Nathan aprì il portone d'ingresso ed entrarono.
«La tua è al numero 12, quindi sei al piano di sopra. Io abito proprio sotto di te, quindi se combini casini ti vengo a urlare.» Disse lui, ridendo. Si vedeva anche da lontano quanto fosse felice, ma Malia ebbe il presentimento che fosse solo grazie a Trent che stesse bene, e che invece i problemi che lo turbavano erano più gravi.
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257 Days Before.
Fanfiction«Non esiste cosa peggiore della morte, se non quella di vivere con i sensi di colpa.» Quella frase gliela aveva detta Theo, in un periodo in cui si trattavano ancora civilmente e forse si volevano bene nel limite del possibile. E quella frase l'avr...