chapter thirty-two.

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75 giorni prima;

«Ti fa ancora male?» Malia allungò le mani dal tavolo al suo viso ferito e lo sfiorò.
«Ahia! Sì, direi abbastanza.»
«E ti sta bene, bastardo» Ritrasse le mani e le appoggiò attorno al bicchiere di caffè nero bollente.
«Giuro, non ci credo che ci troviamo qui. Dovresti essere in ospedale a perire» Disse, senza curarsi che le altre persone potessero sentirla.
«Malia, non mia hai mai lasciato il tempo di spiegarti. Mai. In senso letterale.»
«E non ne hai il diritto, Reaken.»

Bene, ecco cosa era accaduto due giorni prima, quando il viso di Theo Reaken era immacolato e Malia aveva appena terminato di presiedere come testimone in tribunale.

Malia, uscendo dalla sala dopo aver deposto la sua testimonianza, lo vide, seduto in fondo a tutti, con le mani strette in pugni bianchi e il viso contratto. Theo non la guardò, e Malia lo aspettò dopo che tutti uscirono da lì.
Lo prese da parte, nel corridoio vuoto e lo fece indietreggiare fino contro il muro, premendo il palmo della mano contro il suo petto.

«Cosa cazzo ci fai qui? Perchè sei in tribunale? Per lui?» Chiese.
Theo sorrise debolmente e allontanò la sua mano da sè.
«Magari ho saputo tutto e sono venuto a darti sostegno, non puoi...» Malia gli diede uno schiaffo così forte da far girare una impiegata che in quel momento era una uscita da uno degli uffici di quella zona.
Theo si sfiorò la guancia arrossata e la guardò sbigottito. Malia ovviamente non gli aveva creduto, e il fatto che continuasse a mentirle, che non le avesse detto che lo conosceva, le faceva male e le ricordava i motivi per il quale aveva iniziato ad odiarlo mesi prima.
Theo non disse più nulla. Sapeva quanto Malia covasse rancore per lui giá da alcuni mesi, e quello era stato il colpo di grazia. Ma sapeva che lei non gli avrebbe mai lasciato spiegare, non gli avrebbe creduto e nemmeno lui aveva potuto crederci quando l'aveva vista in quella sala, scoprendo così il colpevole del male di Malia.
E così aveva lasciato che lei sfogasse tutta la sua ira, per lui, per quel bastardo, tutta l'ansia del processo, la pressione dello stare in una clinica da ormai sei mesi, e tutto l'odio in generale che lei provava per il genere umano.

E così si erano ritrovati in un locale newyorkese perchè in qualche miracoloso modo Theo era riuscito a fermarla e a convincerla a parlare, per spiegarle davvero.

«Quindi dovrò passare la prossima ora ad ascoltare la tua bella storiella?» Malia incrociò le braccia, avendo finito di bere il suo caffè. Si strinse nella sua felpa rosa, che la impallidiva parecchio, e guardò il ragazzo che si stava contorcendo dentro per trovare le giuste parole.
«In effetti no» Bevve l'ultimo sorso del suo cappuccino e continuò «Ti ho invitata qui solo per farti bere un caffè e metterti in forze, diciamo. La storia te la voglio raccontare mentre facciamo una passeggiata.»
Non aveva il coraggio di dirle che avrebbe voluto rimandare tutto, e lo avrebbe fatto, per alcuni punti. Non aveva nemmeno il coraggio di dirle che stando a camminare mentre le spiegava tutto, poteva guardarsi intorno e non guardarla negli occhi, sentendo così la sensazione di colpa che lo faceva rabbrividire e gli faceva venire il vomito.
Il giorno dopo il processo aveva chiamato Nathan. Gli aveva detto tutto, perchè doveva ammettere che parlare con lui lo faceva stare bene. Doveva essere sincero con se stesso, Nathan era diretto e obbiettivo e di solito non sbagliava mai coi consigli.

"Il punto, Theo, è che tu vuoi rimandare anche la cosa più importante per te; quando le dirai cosa provi per lei? Io sono amico di Malia e in ogni caso ho in programma di picchiarti per bene per ciò che le hai fatto, ma questa volta tu non sapevi e non c'entri nulla. Ma bisogna dire che stai impazzendo a forza di starle lontano e fingere."

Ovviamente Theo non avrebbe mai confessato a Malia, e si limitava a volerle dimostrare la sua innocenza.

«L'unica cosa che ho capito è che lui ha vissuto qui a NY» Spiegò Malia, camminando di fianco a lui. Stavano passeggiando lungo le vie più affollate della cittá e Malia sapeva che era una scappatoia, in modo che non potesse picchiarlo in caso di crisi di nervi. Si strinse nella sua sciarpa enorme e morbida e guardava le persone che le camminavano affianco, una così diversa dall'altra.
Theo le indicò una stradina e si infilarono, uscendo nella strada principale ancora più affollata.
«Abitavamo entrambi qua, esatto. Ci siamo conosciuti alla fine delle elementari, quando ancora sembrava apposto» Aveva lo sguardo tipico di chi racconta qualcosa di nostalgico, lontano e irreparabile.
«Siamo diventati subito amici perchè eravamo dei grandi stronzi, ora che ci penso» Mentre attraversavano le striscie pedonali prese la mano di Malia e se la tenne stretta, poi arrivati sul marciapiede la allontanava di scatto.
«Giá verso la fine delle medie eravamo diventati quel gruppetto di bulli e lui mi ha fatto conoscere la droga; a quel tempo tutto ci pareva perfetto.»

Malia non replicava, si limitava a guardarlo e a guardare tutte le persone che la circondavano, ad ammirare New York d'inverno, e la sua mente lavorava tutte le informazioni che riceveva sul suo passato.

«Non era una gran bella persona, ma io ci stavo comunque. Avevo bisogno di qualcuno peggiore di me al mio fianco.»

I due continuarono a passeggiare per la Grande Mela, mentre Theo Reaken raccontava di tutte le disavventure fatte da ragazzino immaturo e voglioso di farsi del male, consapevole. Non sapeva cosa stava facendo, perchè non c'era quasi nulla da raccontare. Poteva solo farle capire quanto aveva sbagliato da giovane, quanto fossero sbagliate le persone che frequentava, quanto - ora che vedeva tutto con una mente più adulta - tutto quello che aveva fatto facesse nausea.

«Ci siamo separati verso la seconda superiore, a metá anno. Aveva giá passato varie estati nella cittá dove si sarebbe trasferito. Io ero così contento che se ne andasse, perchè avrei potuto ricominciare. Senza di lui a darmi nuovi vizi, all'epoca, mi sentivo forte.»
Poi rimase in silenzio, cercando di pensare a cosa dire per finire tutto quel discorso. Ma c'era solo una cosa giusta e sentota da dire a Malia, che stava camminando a passo lento di fianco a lui e con il naso rosso dal vento e il troppo freddo.
«Non gli avrei permesso di andarsene da qui se avessi saputo che tu lo avresti incontrato. Non avrei immaginato che avrebbe fatto del male a così tante persone. Forse io non potevo immaginarmelo perchè non aveva mai toccato una ragazza, apparte una volta, molto tempo fa. Avrei dovuto fermarlo.»
Malia si sedette su una panchina, poco più in lá, con le mani strette in grembo e i capelli corti che ormani le scivolavano in viso. Theo restò in piedi davanti a lei e aspettò una sua risposta.

«Non l'hai fermato perchè non potevi. Nessuna di noi ha potuto, e quando ho scoperto che aveva provato, e alle volte ci era pure riuscito, a violentare qualche ragazza, mi sono resa conto di quanto fossi fottutamente debole. Insicura. Immatura. Si comportava in modo così sbagliato e spaventoso con me, ma solo alla fine mi sonp resa conto dell'errore. Non è colpa tua, Theo, non in questo caso.»

«Ma nemmeno tu, Malia» Si sentì in dovere di sedersi e parlarle faccia a faccia.
«Tu ti senti in colpa per averlo quasi ucciso. E ci eri riuscita, ma se c'è una cosa che proprio lui mi ha insegnato, è che le persone peggiori riescono a vivere, bene o male. E te lo dico da persona matura e cambiata, rivedendomi indietro. Tu avresti dovuto ucciderlo, Malia. Perchè eri tu che sennò avresti rischiato la vita. Tu e tutte quelle ragazze.»

Theo aveva alzato la voce, attirando l'attenzione di non pochi passanti. Malia nel frattempo era scoppiata a piangere, dopo aver trattenuto le lacrime così a lungo. Si alzò e si asciugò il viso umido in fretta, sistemandosi anche i capelli.

«Direi che ora torno a casa» Theo non replicò e voleva solo che lei eliminasse dal cervello il senso di colpa e il panico e la paura per quell'essere - nemmeno meritava di essere chiamato uomo - che sicuramente sarebbe finito in galera.

«Malia» Lei si girò, con ancora gli occhi arrossati e le guance bagnate.
«Sei stata davvero coraggiosa oggi, e lo sei stata molto in tribunale. Ma anche ad aver accettato di farti aiutare alla clinica, e soprattutto quella sera. Tu forse eri debole, un tempo, ma ora non lo sei più.»

Quelle ultime parole fecero scattare qualcosa in Malia, forse perchè nessuno le aveva mai detto qualcosa di così bello. E per quanto da mesi aveva la repentina voglia di massacrare di botte quel ragazzo, in quell'istante, vicino al centro di New York, sentì il bisogno di ringraziarlo per averla fatta stare bene in un momento così brutto.
Iniziò a camminare veloce ed eliminò i metri che li separavano, e lo abbracciò, mentre ancora piangeva, stringendo le braccia attorno al suo collo.

Theo rimase spiazzato, ma non si lasciò scappare l'occasione di stringerla tra le braccia.

«Sono io che devo ringraziate te, Malia.»

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Sono ancora via, ma sto scroccando internet dai vari bar qui al mare e sono riuscita a pubblicare il capitolo.
SONO FELICE E SIATELO ANCHE VOI. vi pleaso(?).

Ho tipo pianto dentro scrivendo questo capitolo, perchè Theo per una volta è stato un ragazzo formidabile e non ha detto nulla di scomodo. *si asciuga le lacrime di commozione*
E INSOMMA ESULTIAMO PERCHÈ MALIA LO HA ABBRACCIATO.
Solo noi possiamo esultare per un abbraccio, ma i Maleo sono cosí, soffriamo per loro pure nella Serie.

Al prossimo capitolo bei fanciulli,

Nik, xx.

257 Days Before.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora