chapter thirty.

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118 giorni prima;

«Malia, ti prego.»
La ragazza spostò lo sguardo dalla finestra puntellata di gocce di pioggia e lo portò alla psicologa, che stava battettando la matita sul quadernino coperto di pelle.

«Scusa.»
La dottoressa fissò l'orologio appeso al muro dietro di lei e continuò a guardare preoccupata la ragazza che aveva la testa altrove.
«Sei migliorata, non c'è dubbio. E so che non c'entra con la terapia, ma penso che... ci sia altro che ti sta turbando» A quel punto la ragazza prestò davvero attenzione alla donna.
«No, non ho nessun problema. Ho le solite preoccupazioni, tutto qui.»
Non aveva voglia di parlare, soprattutto perchè la irritava non sapere. Sentiva anche lei che qualcosa non andava, dopotutto le vacanze natalizie erano andate bene, cosa le mancava?

Uscì in fretta dalla sala, dopo aver finito il suo colloquio. Passò accanto alla stanza delle chiamate e sperò tanto che qualcuno si facesse vivo, ma era tornata alla clinica da nemmeno una settimana. Avrebbe passato, poi, quelle settimane a venire ad andare avanti e indietro dalla stanza delle terapia di gruppo all'ufficio della Mejer. Giorni pieni di terapia, di colloqui, tutto monotoni e uguali. Uno strazio.

115 giorni prima;

«Nemmeno il tempo di salutare, eh?» Malia si voltò e vide Trent pochi scalini sotto di lei. Tornò indietro e abbracciò goffamente l'amico.
«In pratica ho terapia ventiquattro ore su ventiquattro. Non ha molto senso ma va bene, vogliono che mi suicidi!» Disse lei, facendo ridere Trent.
«E tu, come stai?» Il ragazzo scosse la testa e le rivolse un sorriso tirato.
Poi in fondo alle scale si presentò una infermiera che lo chiamò, e non ebbe nemmeno tempo di rispondere.

«È normale che vorremmo farla pagare a chi ci ha fatto del male, anche se in misura minore. Ma se davvero dovessimo trovarci di fronte a loro, faccia a faccia, come reagiremmo veramente?»
Malia sbuffò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Ovviamente sputerei a quella persona tutto ció che mi ha fatto» Disse, anche se ancora temeva il giorno in cui lo avrebbe rivisto. Poi rimase zitta, stringendosi nel suo fagotto di cotone e guardò gli altri del gruppo. Phoebe lasciò che un po' tutti dicessero la loro, e solo a fine della terapia di gruppo comparve Theo sullo stipite della porta. Malia si compose e mentre gli passava accanto tenne il mento alzato, fissando il muro di fronte a lei. Qualcuno la fermò per il polso, ma non era Theo.
«Andiamo a racimolare un po' di schifezze, sto morendo di fame.»
Disse, accennando alla cucina dall'altra parte del piano. Malia si illuminò e annuì, seguendolo.

110 giorni prima;

Finalmente qualcuno la chiamò, e per fortuna era la persona con la quale Malia avrebbe più voluto parlare.

«Malia Hale, come sta andando questo Gennaio?» Lei avrebbe tanto voluto evitare la domanda.
«Sono piena di terapie e onestamente sto incominciando a credere che mi vogliano togliere di torno.»
«Ma devono assicurarsi che tu stia bene. E devi essere sicura anche tu.»
Malia passò direttemente alla domanda successiva.
«Come va con Stiles?» E Lydia contrattaccò.
«Coma va la tua relazione con Theo?»
«Oh, che palle Lydia» Ma sapeva chr Lydia avrebbe riattaccato se non avesse risposto.
«Non accade nulla. Lui cerca spesso di parlarmi ma io lo ignoro e devo dire che Nathan mi aiuta un casino a stargli lontana.»
«Quel ragazzo è un tesoro» Entrambe concordavano almeno su quello.
«È il suo ragazzo che mi preoccupa, Lydia. Non lo conosco bene ma non penso stia benissimo.»
Ci furono degli attimi di silenzio, in cui Malia riusciva a sentire il proprio cuore battere.
«Penso che sia peggiorato a causa dei suoi genitori, non è tornato a casa queste vacanze.»
Continuarono a parlottare un po' di quei due e poi Lydia spiegò alla ragazza cosa aveva intenzione di fare con la scuola - che avrebbe ripreso a settembre, ormai.

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