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Jessica's Pov

Il manto nero della notte cadde sopra Sheffield mentre mi sedetti senza obbiettivi nella nuova camera assegnatami. L'unica fonte di luce proveniva dalla luna brillante.

Era divertente come la notte possa rappresentare tanto la mia vita. Era scura e faceva paura, solamente con alcune stelle brillanti che spiccavano. Ma, ancora una volta, anche le stelle, la mia risorsa di luce, la maggior parte delle notti vanno via. Se ne vanno quando le nuvole o le luci della città diventano troppo. La luna, la più brillante di tutte, rimane. Anche nelle città più luminose, niente può oscurare la luna. N è la mia luna.

Ma, mentre ero seduta silenziosamente nella mia camera, la luce della luna non riuscì a raggiungere i miei polsi mentre toglievo le bende che li circondavano, a dispetto degli ordini di Nan di tenerli. Temeva che se li avessi visti di nuovo, l'avrei rifatto.

Scacciai i suoi avvertimenti da parte mentre permisi che le bende cadessero sopra il mio letto.

I miei polsi
Una volta puri
Una volta bianchi

I miei polsi
Così doloranti
Rivelano la mia lotta

Cominciai a contare le linee, le infiammate linee rosse. Non mi importava che fossero lì, non mi importava del ricordo. Non mi infastidivano. I dottori dissero che si sarebbero attenuati se non li ferivo ancora, credo che non capiscano del tutto la mia salute mentale.

Non necessariamente mi piaceva quello che facevo a me stessa, no. Ma non era molto facile come certa gente pensa, non puoi semplicemente smettere di essere depressa. Non ti svegli un giorno e pensi 'wow sono depressa' e dopo vai a dormire la notte pensando 'lol no'. Se fosse così semplice allora non starei come sto oggi.

I punti erano stati tolti ma continuarono a sanguinare un po', solo se li toccavo. Non mi importava, mi piaceva come sanguinavano.

I miei polsi
Non più puri.
Qualcuno se ne accorgerebbe
Se li ferissi ancora?

Il mio dito tracciava delicatamente una linea particolarmente dura, la più profonda di tutte. Credo fosse l'ultima prima che persi conoscenza.

Potevo vedere difficilmente le mie vene, erano perse nelle macchie di rosso. Volevo vederle. Volevo poter far pressione sul mio polso e sentire se ero ancora viva senza sussultare dal dolore.

Sono ancora viva? Questo conta come vivere?

«Ciao, mia cara sorella» La mia porta si aprì mentre stavo tracciando la mia cicatrice. La luce naturale della luna fu rimpiazzata dalla luce artificiale che accese Alex. Il suo sorriso stupido scomparve quando vide i miei polsi nudi e liberi dalle bende.

Si avvicinò, lentamente sedendosi sul mio letto accanto a me. Sospirò profondamente mentre avvolgeva le sue braccia intorno a me, sempre con cautela.

«Che sto facendo, Alex?» il mio dito non smise di tracciare la ferita.

«Non lo so, Jessie» afferrò la mia mano e la allontanò gentilmente dal mio polso. Mi baciò la fronte. «Ma non mi piace»

La sua voce si stava affievolendo ma non stava piangendo. Lui non avrebbe pianto. Aveva abbastanza forza per tutt'e due. Io ero ancora troppo debole.

Restammo in silenzio per qualche minuto in più. Mi dondolò gentilmente nelle sue braccia, baciandomi occasionalmente la fronte.

«So che prima non ero lì per te» sospirò. «Ma sono qui adesso, e non ti lascerò mai più»

«Dovrai andartene prima o poi» cominciai, mettendomi seduta e girandomi per guardare i suoi occhi, sorridendo un po'. «Lo sai, quando vai a cagare e cose del genere»

«Sei divertente» sorrise lui sarcasticamente.

Il suo sorriso sarcastico si trasformò lentamente in uno compassionevole mentre titubante cercava le mie bende dietro di lui. Afferrò le mie braccia delicatamente e iniziò ad avvolgerli di nuovo intorno ai miei polsi. Si prese il suo tempo, facendo il più accuratamente e umanamente possibile con ogni braccio macchiato. Potevo praticamente sentire il suo amore a traverso le sue dita, potevo sentire quanto gli importava.

Questo era meglio di qualunque persona mi chiedesse se stavo bene, questo era migliore di un abbraccio. Alex, mio fratello maggiore, mi stava dimostrando che sarei stata bene. Le sue dita mi stavano dicendo che sarei stata bene; non era più una domanda.

«Stai bene» sussurrò, baciando i miei polsi coperti, come lui era solito fare quando cadevo da piccola.

In quel momento, mi sentii un'altra volta come una bambina. Mi sentivo più innocente, più allegra, più libera. Allora, si alzò in piedi e, senza fare rumore, uscì dalla mia camera e mi sentii un'altra volta triste. Sola.

Era strano, davvero, come quando eravamo piccoli non vedessimo l'ora di essere grandi e adesso che siamo grandi desideriamo essere piccoli. Volevo non aver sprecato la mia infanzia ad aspettare gli anni che, presto, scoprii che erano peggiori rispetto alla morte.



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