Resistance

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...If we live a life in fear
I'll wait a thousand years
Just to see you smile again...

- Cosa leggi Tony?
Prese il libro e guardò la copertina perplessa "Come seguire una partita di calcio" di Ron Rhodyù
- Hai bisogno di un libro per vedere una partita? - Mi disse prendendomi volutamente in giro. Era divertita, io molto meno.
- Volevo capirci qualcosa per non fare la figura dell'idiota. Tu ci capisci qualcosa di calcio?
- Certo che ci capisco di calcio, per chi mi hai preso! In Israele tutti seguono il calcio
- Ma è uno sport da donne!
- Solo qui è uno sport da donne! In tutto il resto del mondo che non vive di basket, baseball, il "football" è il calcio e si gioca con i piedi da uomini spesso anche decisamente piacenti in pantaloncini corti.
- Ah la metti così? - Mi alzai e le andai difronte cingendole i fianchi - Decisamente piacenti eh? Devo andarmi a cercare dei pantaloncini corti?
- Tony, se non hai il fisico è inutile... - disse mentre dava dei colpetti sulla mia pancia
- David! Io ce l'ho il fisico! - Certo non avevo la tartaruga e non ero palestrato, ma insomma me la cavavo sempre!
- Non ti preoccupare DiNozzo, mi piaci anche così, un po'... morbido - E mi diede un bacio sul collo prima di allontanarsi per finire di prepararsi.
Mi stava implicitamente dicendo che non ero in forma, ma che a lei andavo bene ugualmente. Non sapevo de essere felice o no, preferii tornare a parlare di calcio.
- Io continuo a preferire quello che si gioca con le mani di football. - Le dissi imitando le finte per sfuggire ad un placcaggio tenendo il libro come una palla ovale.
- Allora potresti fare il portiere!
- Spiritosa...
- Dai andiamo se no facciamo tardi!
- Vieni anche tu oggi? - Le chiesi perplesso
- Sono stata anche troppo a casa. Non mi fa bene stare tutto il giorno qui a pensare senza fare niente.
- Ti devi riposare ancora qualche giorno. Lo hanno detto in ospedale.
- Tony, se rimango ancora qui così impazzisco. Ho bisogno della mia vita. - Mi disse con gli occhi che supplicavano
Indossai la mia fondina, lei fece lo stesso.
- Non è necessario che la porti, non ti muoverai dall'ufficio - le dissi serio e irremovibile
- Non lo faccio perché è necessario ma perché così mi sembra tutto più normale.
- Non dobbiamo fare per forza finta che lo sia, Ziva.
La abbracciai e la tenni così per un po', stretta a me, mentre le sussurravo tra i capelli
- Io non so più adesso cosa è normale e cosa no. Voglio prendere quel bastardo che ti ha fatto questo. Voglio riportare nostro figlio a casa. Voglio vederti sorridere. - Lei mi guardò e sorrise - Con gli occhi Ziva, ti voglio veder sorridere con gli occhi. Non far finta che è normale, poi stai peggio.


Appena uscimmo dall'ascensore sentii McGee parlare con uno degli agenti di sicurezza. Avevano catturato Roy Dunn ad un posto di blocco.
- Dov'è? - Mi impaurii del mio stesso tono di voce.
- Tony, forse dovremmo aspettare Gibbs...
- Pivello ti ho chiesto dov'è? Se Gibbs non c'è qui il più alto in grado sono io, non te lo devo ricordare, vero? - Stavo trattando malissimo McGee, ma in quel momento non riuscivo a ragionare lucidamente. Volevo quel bastardo davanti a me, lo volevo subito.
- Nella sala interrogatori. - Mi disse rassegnato
Andai verso la sala interrogatori come una furia. Prima di entrare notai Ziva nella stanza accanto che fissava Roy Dunn dal vetro. Stava in piedi le braccia incrociate sul petto, lo sguardo fermo, era una statua. La guardavo guardare oltre la parete in direzione dell'uomo che le aveva stravolto la vita pochi giorni prima. Il suo sguardo era impassibile, così come la sua postura. Chiunque l'avesse vista e non sapesse cosa le era successo, non avrebbe mai immaginato nulla, non lasciava trasparire nessuna emozione, anzi sembrava tranquilla, determinata ma tranquilla. Se qualcuno glielo avesse chiesto lei avrebbe detto che era stata addestrata nel Mossad, lì ti insegnano queste cose, perchè non bisogna essere deboli davanti al nemico: mai.
Avrebbe potuto ingannare chiunque, ma non me. Sapevo che dietro quella corazza c'era una donna fragile che ancora soffriva terribilmente. La sentivo quando la notte si svegliava singhiozzando di soprassalto, quando durante la giornata all'improvviso qualcosa catturava la sua attenzione e lei spariva dal mondo e i suoi occhi diventavano sempre più tristi, sempre più pesanti, gonfi di lacrime che voleva ricacciare via. Sapevo quanto stava male e non potevo fare nulla per lei ed era straziante per me che avrei preso le sue sofferenze se fosse stato possibile per farla stare meglio.
- Ehy occhioni belli... - Le dissi con tutta la dolcezza che potevo e che riuscivo a mettere in quel momento.
- Tony? - Si volto verso di me sorpresa più lei di vedere me di quanto non avrei dovuto essere io a trovarla lì.
- Spero non siano in molti a chiamarti così. - Cercavo di sdrammatizzare - Non dovresti essere qui, non è necessario.
- Voglio essere qui. Mi raccomando Tony...
Sapevo cosa voleva dire, mi conosceva anche lei, sapeva che vulcano avevo dentro e che non avevo il suo autocontrollo. Nel tempo aveva imparato a condurre perfettamente degli interrogatori senza farsi condizionare da nulla, non come quando era arrivata che sapeva interrogare solo tramite tortura e trovava singolare il fatto che non potevamo fare danni fisici. In quel momento avrei preferito che fosse lei ad interrogarlo e che non fossimo a Washington ma a Tel Aviv. Sarebbe stato tutto più giusto.
Misi da parte la mia rabbia per avvicinarmi a lei ed accarezzarla, rassicurarla o forse rassicurarmi.
- Non ti preoccupare.

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