Flares

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... Did you see the sparks filled with hope?
You are not alone
Cause someone's out there, sending out flares ...

Io e Ziva eravamo tornati a fare coppia stabile anche a lavoro ed eravamo entrambi felici per questo. Certo era difficile staccare, ma ci eravamo imposti di lasciare sempre il lavoro fuori dalla porta di casa e ci eravamo riusciti sempre molto bene. Vance, Gibbs e tutti gli altri si mostravano sempre molto disponibili nei nostri confronti, se uno di noi aveva bisogno di uscire prima per Nathan o se serviva un permesso. Alcune volte mi sembrava di approfittare troppo della disponibilità dei nostri colleghi, però, se provavamo a parlarne, ci dicevano che andava bene così, ed almeno in questi primi tempi era veramente molto importante per noi poter contare sulla loro comprensione.
Era capitato un paio di volte di portarlo anche lì con noi, soprattutto in un paio di occasioni quando dovevamo finire delle ricerche per dei casi urgenti ed eravamo costretti a rimanere in ufficio fino a tardi. Nathan non si faceva mai troppi problemi, lo mettevamo seduto ad una delle nostre scrivanie e giocava tranquillo, sempre che Abby non fosse libera, in quei casi era tutto suo e non c'era possibilità di replica. Potevamo sicuramente ritenerci molto più fortunati della media.

Quel pomeriggio dovevamo fare una cosa molto semplice, fare qualche domanda al fratello di un marine scomparso, proprietario di una azienda di ristrutturazioni. Andammo nel palazzo dove stavano lavorando, a circa 40 minuti dal distretto navale, raccogliemmo la sua testimonianza ed approfittammo per ascoltare anche qualche dipendente per avere un'idea su che tipo fosse il fratello che fino ad un paio di anni prima lavorava con loro. Finimmo presto, dovevamo solo tornare in ufficio e compilare il rapporto, poi saremmo tornati a casa.
Prendemmo uno degli ascensori del palazzo per tornare al piano terra ma poco prima di arrivare questo si bloccò con noi dentro.
- Maledizione siamo bloccati tra un piano e l'altro non si vede l'uscita nè sopra nè sotto! - urlò Ziva dopo aver forzato le porte e visto davanti a noi solo un muro, senza nessuno spiraglio.
L'allarme non funzionava, forse per via dei lavori in corso. Eravamo bloccati là dentro. Urlammo per molto tempo sperando che qualcuno ci sentisse ma stavano tutti lavorando ed eravamo noi a sentire il loro rumore fuori, non il contrario.
I minuti passavano, i cellulari non avevano campo. Ziva stava cominciando ad innervosirsi oltremodo, anzi ora era proprio agitata. Ci sedemmo per terra quando vidi che stava cominciando a sudare, avevo paura che avesse una crisi di panico, ma Ziva non soffriva di claustrofobia.
- Tranquilla occhioni belli ci tirano fuori di qui. Non ti agitare
- Tony non sono preoccupata per quello, hai visto che ore sono?
No, non ci avevo pensato. Guardai l'orologio e capii la sua ansia
- Nathan! - esclamai
- Uscirà tra poco. Non faremo mai in tempo ad andarlo a prendere, capisci Tony? Si troverà lì da solo. Non ci vedrà arrivare. Lo sai che vuol dire questo per lui?
La abbracciai per cercare di tranquillizzarla, ma ora ero agitato anche io. Sapevo che voleva dire, condividevo la sua paura, Nathan ci aveva messo del tempo a fidarsi di me, a superare la paura di essere abbandonato ancora nonostante ogni tanto avesse degli incubi la notte. Tra poco si sarebbe trovato lì, da solo, per colpa di questo maledetto ascensore.
Passò ancora del tempo a quell'ora Nathan doveva già essere uscito. Ziva era entrata nella sua modalità di mutismo nella quale non faceva penetrare nessuno. Seduta a terra guardava fissa davanti a se.
- Se i nostri telefoni non sono raggiungibili avranno chiamato in ufficio. Sarà andato McGee o Gibbs a prenderlo.
- Ma non siamo noi Tony! Lui non lo sapeva. Si aspettava noi. Anche Tamar la conosceva quando lo teneva a Tel Aviv!
- Noi tra poco saremo con lui però! Non è la stessa cosa questa volta!
- Tony non minimizzare! Non dire cosa è o cosa non è!
- Ok Ziva. Come vuoi tu.

Era inutile adesso parlare o ragionarci. Ormai la conoscevo, ma mi faceva comunque male il suo atteggiamento così duro. Non stavo minimizzando, stavo cercando di analizzare la situazione nel modo più razionale possibile, ma lei quando si trattava di nostro figlio perdeva, ancora, ogni forma di razionalità e tutti i suoi buoni propositi venivano meno.
Mi slacciai la cravatta e presi la testa tra le mani appoggiandomi sulle ginocchia. Sentii le dita della sua mano scivolare delicatamente tra i miei capelli, ma non mi mossi. Appoggiò la sua testa alla mia
- Scusami - mi sussurrò - ho solo paura che tutto quello che abbiamo fatto in questo periodo con lui diventi inutile...

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