Secrets

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... Tell me what you want to hear
Something that were like those years
Sick of all the insincere
So I'm gonna give all my secrets away
This time, don't need another perfect line ...

Ne avevamo parlato. Finalmente una sera, dopo aver messo Nathan a dormire ci siamo seduti sul divano, ci siamo guardati e senza dirci altro, sapevamo di cosa dovevamo parlare. Dovevamo scegliere una data. Facemmo pochi ragionamenti, un paio di mesi di tempo per organizzare sarebbero bastati, non dovevamo fare cose particolari. Quindi decidemmo che ci saremmo sposati i primi di giugno, quando il clima pre estivo non sarebbe stato troppo opprimente.
Una cerimonia all'aria aperta, nel giardino di un hotel a Georgetown che conoscevo, perché lì avevano organizzato un party dell'NCIS e mi sembrava che rispecchiasse a pieno quello che Ziva avrebbe voluto. Un parco, un gazebo e la possibilità di un ricevimento all'interno. Era tutto come voleva lei, gli mostrai le foto sul sito dell'hotel e mi disse solo "Ti voglio sposare qui" e mi sentii sconvolgere da quelle parole. Stavamo parlando del nostro matrimonio. Ci saremmo sposati. Veramente.
Cerimonia civile ed avremmo scelto noi cosa prometterci: salute, malattia, ricchezza, povertà... banalità che non ci andava di dire, era ovvio, era scontato, noi ne avevamo già passate tante che avremmo deciso noi cosa dirci e cosa prometterci.
Pochi invitati, solo i nostri colleghi ed amici e mio padre, più per insistenza di Ziva che per mio volere, ne avrei fatto volentieri a meno dopo gli ultimi incontri. Niente limousine, niente esagerazioni. Riuscii solo a farmi promettere che avremmo passato alcuni giorni solo io e lei, una mini luna di miele. Ci misi un po' per convincerla, però dopo averle elencato tutte le cose che avremmo potuto fare 3 giorni io e lei soli, insieme, ed averle dato un piccolo assaggio sul divano, mi disse che si poteva fare, che in fondo tra tutti i nostri amici, non ci sarebbero stati problemi a lasciargli Nathan per qualche giorno.

In poche ore avevamo già definito quasi tutto e, dopo aver appuntato su un foglio tutti i punti salienti di quello che volevamo e dovevamo fare, rileggemmo la lista con gli occhi che ci brillavano. Era il nostro matrimonio. Lo stavamo organizzando. Era vero. Io e lei. Per sempre. Perchè io ci credevo a quel giuramento ed era quello che volevo. Perchè con tutti i problemi, tutte le nostre incomprensioni e le nostre paure, io non potevo più immaginare una vita senza di lei e qualunque cosa fosse accaduta nel mio futuro, se c'era lei con me non mi spaventava. Non avevamo bisogno di un contratto o un giuramento per questo, non era necessario ma lo volevo, perchè volevo chiamarla "mia moglie" e volevo che lei mi chiamasse "mio marito". Mia, mio. Noi.
Avevamo deciso tutto insieme, solo una cosa ci eravamo lasciati come sorpresa: lei si sarebbe occupata dello scegliere l'allestimento del posto, io delle fedi. In realtà fui io a chiederle se si fosse fidata a farmele scegliere per farle una sorpresa e lei acconsentì a patto che ci fosse qualcosa della quale anche io dovevo rimanere all'oscuro, visto che avevamo già deciso quasi tutto, era rimasto quello e si accontentò, dicendomi che tanto c'era sempre il vestito che io non avrei visto, quindi eravamo pari.
La cosa più bella era vedere come lei fosse felice mentre decidevamo cosa fare cosa non fare. Decisa, ferma, felice ed emozionata. La sua voce aveva quell'impercettibile sfumatura tremante che le veniva solo quando parlava di qualcosa che la rendeva particolarmente felice, che sfuggiva ai più, ma non a me.

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Arrivammo felici in ufficio, le nostre partecipazioni erano arrivate e non vedevamo l'ora di consegnarle. Avevamo sì deciso di non fare le cose in grande e per avvisare 20 persone sarebbe bastato dirlo, ma ci piaceva che gli rimanesse anche a loro un ricordo di quella giornata, e poi vedere la scritta "Ziva e Anthony sono lieti di invitarvi al loro Matrimonio" mi emozionava ed emozionava anche Tony, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Usciti dall'ascensore ci trovammo Vance davanti. Approfittai per dargli subito la busta con l'invito. Lui aprì, lesse e sorrise prima che il volto diventasse di nuovo serio. Lasciai cadere lo sguardo oltre la sua figura e la vidi.
Orli Elbaz era appoggiata alla scrivania di Tony e da dove poggiava lo sguardo sapevo benissimo cosa stava guardando: la foto mia e di Nathan. Non mi accorsi nemmeno che partii come una furia nella sua direzione e le braccia di Vance mi fermarono con forza e non avrei mai pensato che potesse avere una stretta così decisa.
- Andiamo su, nel mio ufficio.
Mi fece cenno di seguirlo e a Tony di rimanere lì, provai ad obiettare, ma non ottenni considerazione.
Quando entrai anche Gibbs era lì dentro che osservava fuori dalla finestra. Sapevo che la presenza di Orli Elbaz dava fastidio anche a lui, e mi preoccupai per Tony lì sotto con lei e glielo dissi.
- Non credo sia il caso che Orli rimanga lì con Tony.
Vance annuì, chiamò un agente e gli disse di far aspettare il direttore del Mossad in sala conferenze.

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