Suspicious Minds

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... We can't go on together
With suspicious minds
And we can't build our dreams
On suspicious minds
Oh, let our love survive
Or dry the tears from your eyes
Let's don't let a good thing died ...

Erano passati tre giorni e non ci eravamo più parlati. Ma io non avevo smesso un attimo di pensare a lei, a noi, a nostro figlio.

Mi resi conto che il pensiero di Nathan stava diventando nella mia mente una costante come quello di sua madre, anche se mi provocavano sentimenti opposti. Passavo il tempo ad immaginarmi come fosse, ero convinto che Ziva da qualche parte avesse qualche sua foto, ma non ebbi nè il coraggio nè la voglia di cercarle. Nè, tantomeno, di chiederglielo. Nathan era la mia speranza, per il futuro, per il presente ed anche per il passato: era il segno che qualcosa di buono lo avevamo comunque fatto, perché io quel bambino non lo conoscevo, non sapevo nulla di lui, ma ero sicuro che fosse qualcosa di buono, non poteva essere altrimenti. Era la mia speranza per il presente, perché in quel momento a qualcosa dovevo aggrapparmi e non c'era nessun appiglio più forte e sicuro della volontà di conoscerlo, di fargli da padre. Non avevo mai avuto il minimo dubbio di questo, da prima che realizzassi completamente le parole di Ziva, io volevo essere suo padre. Faticavo ad ammetterlo anche con me stesso, ma era la mia speranza anche per il futuro, per riuscire a cicatrizzare le ferite, ricucire uno strappo forse impossibile, perché potessimo essere quello che saremmo dovuti essere da subito, la sua famiglia. Mi ritrovavo a pensare a me e Ziva genitori di quel bambino senza volto, ma che immaginavo uguale a lei: pensavo a noi a fare le stesse cose semplici di tutte le famiglie i pic nic al parco, le giornate al mare, le coccole sul divano, il cinema... Pensavo a lui, pensavo a noi e forse sognavo.

Poi la realtà tornava prepotentemente nella mia mente, scalzando i sogni e facendomi ripiombare nel dolore. Potevo perdonarla? Potevo veramente pensare a noi insieme dopo quello che mi aveva fatto? Potevo credere di avere un futuro con una persona che mi aveva nascosto di avere un figlio, mio figlio? Come avrei potuto fidarmi ancora di lei per qualsiasi cosa in futuro? Era possibile passare sopra ad una cosa così grande? Dove avrei trovato la forza di farlo, se adesso non avevo nemmeno quella di vederla, o peggio, di parlarle?

Non era mai stato facile stare vicino a lei e solo adesso che ci eravamo ritrovati aveva cominciato a mostrare lati del suo carattere che erano completamente sepolti dalle sue sovrastrutture; con lei era sempre una guerra di emozioni continua, tra quella che era e quella che era stata, tra quella che era e quella che voleva essere o fingeva di essere. Prima ero convinto di conoscere quale fosse la vera Ziva, quella che conoscevo solo io, quella che solo a me mostrava i suoi sentimenti, quella che ho sempre saputo che c'era, dietro la sua maschera. Ora però avevo mille dubbi, mille paure. Mi aveva mentito su mio figlio, poteva mentirmi anche sul resto? Poteva mentirmi su chi era veramente, su quello che provava per me? Poteva essere che mi ero sempre illuso di sentirla così mia? Mi ripetevo che no, non poteva essere, non poteva essere così brava a farmi credere di provare certe cose, di trasmettermi certe emozioni se fossero state finte. Non potevo credere che per anni mi ero illuso di aver conosciuto, inseguito ed amato una persona che non esisteva se non nella mia mente, che era tutta una mia proiezione mentale. Ripensavo alle sue tenere carezze, alle sue mani che stringevano le mie, ai suoi abbracci disperati in cerca di protezione, ai suoi occhi che brillavano emozionati quando diceva di amarmi, a come facevamo l'amore con ogni parte del nostro corpo e della nostra anima. Non poteva essere finto tutto questo.

Però in un angolo della mia mente, un punto nero era sempre presente. Un dubbio che in alcuni momenti si espandeva fino a includere tutto, a farmi dubitare di qualsiasi cosa, anche di me.

La mia mente era affollata da tutti questi pensieri e non l'avevo nemmeno più sentita, ma in realtà non avevo più parlato con nessuno e non avevo più visto nessuno. Avevo paura di vedere chiunque, di sentire chiunque. Non volevo sentire prediche, frasi fatte, ricevere consigli. Mi veniva la nausea a pensare che qualcuno potesse dirmi "vedrai, la supererete" o che mi spiegasse quanto lei mi amasse o volesse ricordarmi quanto io amavo lei. Lo sapevo, purtroppo, quello che provavo per lei. Tutto quello che provavo per lei, tutto insieme, mischiato in maniera così confusa che non capivo dove finiva un sentimento e dove cominciava un altro.

The Memory RemainsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora