One Blood

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There was peace in the twilight
And for a moment or more
There was a world without danger
A world without war
And I would take all your suffering
If it would do any good
'cause we are one flesh, one breath, one life, one blood

GIBBS POV

Ero sdraiato sul tetto. L'obiettivo a circa 600 metri, visuale ottima, vento assente. La giornata perfetta per ogni cecchino. Mi avevano spesso chiesto a cosa pensavo mentre stavo sdraiato a terra, anche delle ore, in attesa del colpo perfetto. In realtà a niente o forse a tutto. Principalmente in guerra però pensi a sopravvivere. Qui era diverso, non c'era in gioco la mia vita, nemmeno quella del mio paese. Non stavo effettuando un'azione militare, stavo solo chiudendo un cerchio aperto da troppo tempo. Non lo stavo facendo per la patria o la bandiera, non stavo liberando uno stato oppresso, ero lì solo per i miei ragazzi.

Tra le armi prese in Israele ce n'erano due che facevano al caso mio: un Galil Sniper calibro 7,62 e un Negev calibro 5,56. Li studiai per un po' prima di decidere che avrei usato il primo. Avevo già predisposto tutto, calcolato il tempo necessario per andarmene, le armi le avrei lasciate lì, non sarebbe stato un problema, anzi se le avessero trovate sarebbe stato ancora meglio. Avevo studiato le telecamere, in modo di passare senza essere ripreso da nessuno. Quel vecchio bidone metallico abbandonato sul tetto avrebbe fatto proprio al caso mio, per bruciare i guanti, non appena l'operazione fosse conclusa. Avevo indossato il passamontagna per non lasciare nessuna traccia del mio passaggio, nessuna traccia, niente dna: non ero più abituato a portarlo ed era la cosa che mi dava più fastidio.
Nessuno sapeva che avevo preso queste armi. Erano totalmente pulite, erano armi israeliane. Non c'era nulla di cui preoccuparsi ed anche se ci fosse stato qualcosa, non me ne importava nulla.
Quando nella vita hai già perso tutto quello per cui volevi vivere, fai sempre meno caso alle conseguenze delle tue azioni. Avevo messo in bilico la mia carriera e la mia vita troppe volte per potermi pentire di quello che stavo per fare. Quando ti vengono strappate via le persone più care al mondo pensi "Ok vita, fai di me ciò che vuoi". Ma poi è sempre un dolore quando nel corso degli anni vedi andarsene colleghi e amici, quando li vedi lì, nella sala autopsie e ti senti in colpa per non aver fatto di più per poterli aiutare. Kate, Jenny, Mike, Diane...ra i miei due ragazzi avevano bisogno di me. Ne avevano passate tante, meritavano un po' di tranquillità e questo era uno degli ultimi passi da fare.

Voglio bene a tutti i membri della mia squadra, siamo un po' come una famiglia. Siamo diversi tra noi, ognuno con la sua personalità e la sua storia, ognuno con le sue abilità e messi tutti insieme siamo un bel team. Senza voler togliere nulla a nessuno, soprattutto alla mia Abby, loro due però sono quelli ai quali mi sono affezionato di più. Forse perché la vita ha fatto incrociare le nostre strade più volte in modi improbabili ed alcune volte più che incroci sono stati scontri. Così diversi eppure in fondo così uguali, loro due. Lei reagiva alla vita a schiaffi, lui a baci. Lei rifiutava chiunque, lui si concedeva senza riserve. Li ho presi ragazzi con me, adesso sono un uomo ed una donna che il tempo ha segnato con varie prove, ma finalmente consapevoli di quello che sono e di quello che possono essere insieme. Forse l'ho sempre saputo che la regola numero 12 sarebbero stati loro ad infrangerla, che avrebbero fatto quello che io e Jenny non avemmo il coraggio di fare, il passo in più, per essere felici insieme.

E' strano avere istintivamente senso di protezione per chi ti ha salvato la vita uccidendo il fratello. Eppure è quello che ho sempre provato per lei. E' la cosa più vicina ad una figlia che ho avuto, la mia Kelly aveva la sua età. Nessuno può sostituire un figlio, non esistono surrogati, però quello che hai dentro, devi trovare il modo di darlo a qualcuno, per non morire dentro prima del tempo, ed io ho sempre cercato di comportarmi oltre che come un capo, come un padre per loro, cercando di metterli sulla giusta strada, senza ostacolare i loro passi, lasciandoli cadere ed aiutandoli a rialzarsi, senza interferire, dovevano camminare da soli per capire chi erano e dove volevano andare. L'unica volta che l'ho accompagnata tenendola per mano è stata per portarla all'altare dove lui l'aspettava ed è stata una delle emozioni più grandi.

Non credo che sarei mai stato capace di comportarmi come Eli con sua figlia. Avrei voluto spiegargli la fortuna che aveva ad avere la sua bambina con se, ma lui era sempre stato troppo preso da tutto il resto per capire chi fosse realmente sua figlia, non una medaglia da appuntarsi facendo di lei il miglior elemento, nemmeno un letale strumento di morte ai suoi ordini. Una ragazza che avrebbe solo voluto più considerazione da parte del padre, che si era annientata pur di renderlo orgoglioso e che nonostante tutto quello che lui le aveva fatto lei lo ha amato fino alla fine, e lo ama ancora, anche se lo vuole nascondere anche a se stessa, per non soffrire, per non essersi sentita mai veramente accettata e riconosciuta solo come figlia da lui.

Dall'altra parte invece c'era Senior, troppo preso da se stesso dai suoi presunti affari e dalle sue presunte donne per accorgersi di quanto un bambino poteva soffrire la perdita della madre. Non si può spiegare ad un uomo adulto che avrebbe dovuto passare più tempo con suo figlio di 8 anni invece di correre dietro alla fiamma di turno o all'ipotetico socio d'affari miliardario, che lasciarlo tra baby sitter, hotel, campus e college non era il modo migliore per aiutarlo. Forse lui avrà pensato che suo padre faceva così per non soffrire e poi da adulto ha fatto esattamente la stessa cosa, passare da una donna all'altra senza mettersi mai in gioco, fino a quando il richiamo dell'amore non è stato troppo forte anche per lui.

Ho pensato spesso alla telefonata che Ziva mi ha fatto il giorno che Tony è ripartito da Israele, quando mi comunicò che non sarebbe tornata, che sarebbe rimasta lì, per cambiare vita per rendermi orgoglioso di lei. Avevo sempre immaginato che il suo animo inquieto l'avrebbe allontanata dalle persone che l'amavano, in modi diversi certo, da chi era diventato per lei una famiglia. Perchè aveva paura dei suoi sentimenti e di legarsi a qualcuno, perchè temeva che le venisse portato via. Mi disse che doveva cambiare tutto nella sua vita, perchè aveva fatto del male a troppe persone. Le avrei voluto dire che così stava ancora facendo male a delle persone, ma in modo diverso: ai suoi amici che le volevano bene e soprattutto a Tony. Le avrei voluto dire che non doveva fare nulla per rendermi orgoglioso, che non c'era bisogno, perchè già lo ero. Le avrei voluto dire che le volevo bene e che avrei voluto che tornasse a casa, a Washington, perchè la casa è dove ci sono le persone che ti aspettano. Non le dissi nulla, solo di fare quello che si sentiva di fare e che avrei rispettato ogni sua decisione. Mi sono chiesto spesso se le avessi detto quello che pensavo se avrebbe deciso diversamente e magari dopo qualche giorno sarebbe tornata, senza far passare 3 anni. Invece non le dissi nulla, i giorni passarono e passarono anche i mesi e vedevo il mio miglior agente entrare sempre più in uno stato di apatia che non era da lui.
Alcune volte per il bene delle persone bisogna fare anche la parte del cattivo, soprattutto se si è anche il capo di una squadra, con decisioni difficili da accettare e so che Tony non mi aveva mai perdonato di aver dato via così velocemente la sua scrivania, anche non era stata nè una decisione veloce nè a cuor leggero. Ero veramente convinto che Ziva non sarebbe più tornata e probabilmente così sarebbe stato se qualcuno non avesse forzato gli eventi che poi si gli sono interamente rivolti contro, fino all'atto finale che tra poco andrà in scena.
Ma, soprattutto, nessuno aveva considerato l'imponderabile, che ci sarebbe stato un altro piccolo uomo capace di cambiare Ziva come nessuno aveva fatto fino ad ora. Quel bambino identico a lei ma con gli occhi di Tony che era riuscito a far cadere la maschera che la sua mamma portava anche con le persone che le erano più vicine e se è vero che l'amore fa miracoli, il miracolo in questione era proprio lui, Nathan, un piccolo tornado che aveva sconvolto le vite di tutti, anche all'NCIS, da prima che arrivasse ma soprattutto dopo, soprattutto la mia. In lui rivedevo una speranza per il futuro ed il suo affetto era una piccola luce in una notte infinita.

Da questa distanza il tempo che passa da quando premi il grilletto a quando il proiettile arriva a destinazione è di circa due secondi. Li scandii mentalmente.
Cadde a terra. Addio Orli Elbaz, salutami all'inferno tutti i tuoi demoni.

Tony e Ziva, i miei ragazzi ora sono una famiglia. Questo è stato il mio regalo per loro.

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