Capitolo 21

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Non ci fu bisogno di puntare la sveglia. Marco era stato tutta la notte nella mia mente! Al di là di ogni mia reale aspettativa mi aveva baciata tra di noi era stato tutto facile, spontaneo, senza preoccupazioni. Non c'eravamo mai confessati la nostra predilezione ma ci comportavamo ugualmente come se questa fosse palese, chiara, evidente. Un paio di giorni prima speravo solamente di poterci scambiare qualche parola, adesso invece volevo che la

strana favola che aveva creato per me non svanisse come una bolla di sapone. In realtà eravamo ancora questo: fragili, non definiti, indistinti. Tutto questo mi turbava.

Misi da parte i miei dubbi e sfoderai il mio sorriso più bello quando alle sei schizzai fuori dalla stanza e lo vidi lì. Mi strinse subito le mani, ma alla luce di un nuovo giorno non riuscimmo a baciarci. Ci guardavamo indecisi e la tensione si sciolse in un semplice abbraccio. Mi chiesi se quello sarebbe rimasto il nostro unico, perfetto bacio. Poi scorsi un pacchettino a terra accanto alla sua porta " E quello cosa ci fa lì?", chiesi curiosa.

"Sono uscito ed ho comprato qualcosa, non faremo colazione al ristorante" esclamò soddisfatto.

"E dove andiamo?"

"Vieni!" disse col suo sorriso perfetto.

Mi accompagnò giù per le scale, uscimmo e proseguimmo fino al lungomare, la meta più lontana che i prof. ci avevano permesso di raggiungere. Il sole faceva timidamente capolino tra le nuvole, la spiaggia e la strada erano deserte e il mare ondeggiava pigramente. Tutto era silenzioso ed assopito, tranquillo... tranne il mio cuore che stava per esplodere. Era tutto diverso, sentivo che c'era di nuovo imbarazzo tra di noi, parlavamo appena ed evitavamo di guardarci negli occhi. Forse tutto si stava complicando. Mangiammo silenziosamente i pasticcini che aveva acquistato. Erano buonissimi ma non dissi nulla. Che stupida!

Finalmente ruppe l'imbarazzo e mi prese tra le sue braccia. La nostra vicinanza mi ridiede il buon'umore.

"Ti è piaciuta la mia sorpresina ieri?"

"Tantissimo" ero troppo emozionata per rispondere con una frase compiuta. Non si arrese e continuò:

"Oggi si torna a casa!"

"Si" esclamai, poco felice. Se ne accorse.

"Ti dispiace?"

"Si"

"Dimmi perché!".

Come poteva farmi questa domanda? Non era palese che il mio perché era lui? Ero decisa a non ammettere nulla, così lo guardai negli occhi imbronciata. Lui cominciò a ridere e disse: "Ok capito, non me lo vuoi dire. Io invece sono felice di tornare"

"Davvero?" chiesi senza guardarlo.

"Si certo" mi alzò la testa in modo che potessi guardarlo e disse: "Potremo vederci molto di più lì, senza i nostri compagni sempre intorno", mi sorrise e risi anch'io.

Come sempre aveva letto nei miei pensieri.

Alle otto dovemmo consegnare le valigie all'autista che lentamente le sistemò nel pullman. Ci fecero visitare Bologna, ma divisi in gruppi di trenta ragazzi e quindi non riuscì a vedere Marco. Mi mancava. Ne ero certa.

Tra Giorgia e Davide sembrava tutto intatto. Si amavano ancora, almeno questo era quello che facevano apparire. Ma non poteva essere così, non alla luce di quello che avevo visto. Non si può amare una persona e baciarne un'altra, no di certo. Comunque speravo che Davide non sarebbe mai venuto a conoscenza della verità. Lo avrebbe distrutto. Alle 18 ci trasferirono alla stazione e finalmente potei rivederlo. Ci guardavamo da lontano ed io mi sentivo sempre peggio. Senza motivo. Mi girava la testa e mi dovetti sedere su un grosso vaso di pietra per riprendermi. Forse era il caldo, la stanchezza di una notte insonne, la confusione creata sul binario da tutti i ragazzi della scuola. Forse. Oppure la realtà era un'altra. Avevo voglia di stare con lui, di abbracciarlo, quella lontananza forzata mi turbava; malgrado le sue rassicurazioni la nostra partenza era ai miei occhi un tornare indietro alla nostra situazione precedente.

La nostra professoressa continuava imperterrita a reguardirci per la festa della sera precedente, alla quale non avevo partecipato, che aveva disturbato non poco gli altri ospiti dell'albergo. Michele cercava di difenderci accampando le scuse più assurde che avessi mai

sentito. Era davvero buffo. Ilenia ed Eleonora si accomodarono accanto a me. Avrei voluto leggere nella mente di quest'ultima, sembrava così assente. Probabilmente anche Lorenzo avrebbe voluto avere questa capacità. La fissava, ma lei sembrava non accorgersene. Farfy poco distante da noi parlava al telefono ridacchiando, forse era il suo ragazzo. Adriana e Carmen si erano aggiunte al gruppo della 4°C, non parlavano con Marco ma io le invidiavo lo stesso. Gianni, Mirko, Davide, Giorgia, Barbara e Vincenzo aspettavano tranquilli accanto alle loro valigie. Dopo la serata in discoteca e il ballo fallito il mio instancabile corteggiatore non mi aveva più rivolto la parola ma sapevo benissimo che la sua ammirazione nei miei confronti non era per nulla diminuita.

Finalmente il treno col suo rumore fragoroso sfilò davanti a noi e scosse il nostro torpore. I ragazzi ci aiutarono con le valigie e poco dopo eravamo già nel nostro scompartimento.

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