Capitolo 25

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Il giorno dopo mancò la prof. d'inglese e quindi ci fu supplenza a seconda ora. Ne approfittai per raccontare tutto ad Ilenia e Gianni.

"Così ora la mia migliore amica è impegnata! Forse si scorderà di me adesso".

Ily aveva voglia di fare la spiritosa.

"Non è vero lo sai, ma che dici!"

"Eh si, è un classico, gli amici appena si fidanzano scompaiono!" continuò Gianni. Mi stavano prendendo in giro e ridevano delle mie espressioni stupite. Lanciai la mia gomma a Ily ed il portacolori a Gianni che lo prese al volo.

"Siete cattivi a dirmi queste cose. Io vi voglio benissimo lo sapete" dissi piagnucolosa.

"Si Carly scherzavamo", Ily mi abbracciò e Gianni mi sorrise.

S'aprì la porta. Era Giorgia. Mancava da mezz'ora con la scusa d'essere andata in bagno e la prof. che ci doveva sorvegliare la rimproverò. Davide invece cercò di non farle pesare la predica con un abbraccio e dei baci che ella però cercò di schivare con gentilezza. Forse mi sbagliavo ma fui improvvisamente convinta del fatto che Giorgia frequentasse ancora Daniele ed io col mio silenzio e col mio tenermi fuori stavo danneggiando Davide. Appena suonò la campana del cambio d'ora scattammo tutti fuori. Avevamo educazione fisica e dovevamo recarci in palestra.

Un'ora di svago era proprio necessaria.

I ragazzi accettarono di giocare con noi a pallavolo e così facemmo una classica partita maschi contro femmine. Noi eravamo in superiorità numerica ed anche meglio organizzate, vincemmo di misura e continuammo a prenderli in giro per tutto il tragitto verso la classe. Forse anche dopo ma io mi isolai dalla realtà perché sotto il banco trovai un bigliettino. Era Marco.

"Carly ho visto che eravate fuori e ne ho approfittato per scriverti. Volevo farti una proposta: passiamo la ricreazione insieme? Ci vediamo alle scalette che ci sono dietro la scuola, accanto alla palestra. Lì si sta tranquilli. Io ti aspetto".

Capii subito a che scalette si riferiva e non vedevo l'ora di raggiungerlo, me l'immaginavo già lì ad aspettarmi col suo sorriso bellissimo. Incominciai ad immaginare come sarebbe stato vestito e di cosa avremmo parlato. Le mie capacità intellettive mi stavano abbandonando. Mi perdevo sempre nel mio mondo rosa, abitato solo da me e lui. La realtà mi era indifferente. Più volte Ily mi diede una gomitata per farmi seguire la lezione, ma non ebbe nessun risultato. Finalmente la campanella suonò ed io corsi verso di lui. Mi sedetti ad aspettarlo sulle scalette che mi aveva indicato. Arrivò poco dopo e prima che potessi vederlo mi coprì gli occhi con le mani.

"Marco so benissimo che sei tu"

"Mi hai scoperto ma non era questa la sorpresa" posò sulle mie gambe qualcosa e poi disse "ora puoi guardare", levò le sue mani dai miei occhi e si sedette accanto a me cingendomi il fianco col suo braccio. Guardai subito cosa mi aveva portato. Eravamo io e lui. La nostra foto insieme scattata in balcone a Rimini, dopo il nostro ballo, dopo il nostro bacio. Un'onda calda mi attraversò e mille emozioni riaffiorarono. M'imbambolai a guardarla, non sapevo cosa dire. Eravamo bellissimi, un sogno.

Marco mi guardava soddisfatto.

"Pensavo ti avrebbe fatto piacere averla" esclamò.

"Si tantissimo. Grazie!" e mi buttai tra le sue braccia. Stavo benissimo così, scompariva tutto intorno e c'eravamo solo noi.

Quel giorno gli consentì di accompagnarmi fino a casa. Ormai era il mio ragazzo, lo sentivo mio.

Casa mia faceva parte di un complesso di villette bifamiliari. Noi stavamo a piano terra ed usufruivamo di un piccolo giardinetto recintato sul quale si affacciavano sia la mia stanza che la cucina. Il parcheggio era proprio di fronte. Di certo i miei ci avevano visti. Così salutai nervosamente Marco e mi preparai a ricevere un interrogatorio dettagliato.

Mi aprì la porta mio fratello. Rideva.

"Carly ora torni a casa in macchina coi ragazzi?"

"Sta zitto Enrico!"

"Tanto ti hanno visto anche loro e ti aspettano in cucina."

Era visibilmente soddisfatto. Lo spinsi via e proseguii incerta verso la cucina.

"Carly chi era quel ragazzo?" mi chiese mia mamma piuttosto tranquilla mentre apparecchiava la tavola. Mio padre, già pronto a mangiare, mi guardava silenzioso. Ormai dovevo confessare.

"È il mio ragazzo". Pronunciare queste parole mi fece sorridere e mi emozionò.

"E da quando?" continuò mia mamma sorpresa.

"Da pochissimo"

"È un tuo compagno di classe?"

"No. Però è nella mia stessa scuola"

Mia mamma annuì silenziosa. Non sembrava per nulla scossa. Ne fui felice.

Mio fratello continuò la discussione: "È più grande di te?"

"È solo in quarto" risposi con una smorfia.

Finalmente parlò mio padre: "Va bene Carly, per me sei sempre piccola ma mi rendo conto che alla tua età si può avere un ragazzo. Attenzione però!"

"Certo papino" e lo abbracciai forte. Mia mamma sorrise, mio fratello invece era rimasto deluso.

Dopo pranzo corsi nella mia stanza, scansionai la foto che mi aveva dato Marco, la ingrandii e la appesi sul mio letto. Passai tantissimo tempo ad osservarla. Ero davvero felice.

Ormai la scuola non mi pesava più, anzi le ore che passavo lì erano le più belle delle mie giornate e le più attese. Da ritardataria cronica diventai puntualissima, anzi cominciai ad essere anche in anticipo. Quel mercoledì arrivai a scuola addirittura alle 7:30. Mezz'ora prima! Era tutto ancora deserto. Entrai nell'androne rassegnata a passare un po' di tempo in solitudine ad osservare il corridoio vuoto ma mi sbagliavo. la scuola non era per nulla deserta, anzi l'androne era piuttosto affollato: c'erano i ragazzi della squadra di calcio con i loro borsoni e la loro confusione. L'allenatore stava dando le ultime istruzioni per la partita e anche se quasi gridava, le loro chiacchiere coprivano quasi del tutto la sua voce. Marco mi notò subito e si girò a guardarmi, io feci lo stesso mentre mi avvicinavo alle scale per andare nella mia classe. Marco mi aveva lasciato di nuovo un bigliettino. Lo lessi velocissima. M'informava che quel giorno sarebbe stato fuori tutta la mattina con la squadra e che quindi non ci saremmo visti.

Improvvisamente la mia gioia nell'andare a scuola svanì e le ore che mi aspettavano sembrarono noiose, buie e senza senso. Il tutto peggiorò quando mi venne in mente che l'indomani era il primo maggio e la scuola sarebbe stata chiusa.

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