Capitolo 14

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Mi svegliai molto presto e disattivai la sveglia prima che suonasse. In 10 minuti ero pronta; stavolta avevo adattato al mio jeans nuovo una felpa rosa. I capelli erano raccolti in una coda. Non svegliai nessuna delle mie compagne di stanza. Non sapevo che ora fosse. Volevo solo uscire da lì, andare a cercarlo, aspettarlo finché non l'avrei visto. Mi mancava, era proprio così. Questo mi spaventava. Aprìi la porta e corsi fuori come se avessi un appuntamento urgente e fossi già in ritardo. All'istante si aprì anche la porta accanto a me e lui, la persona che stavo cercando, saltò fuori dalla stanza e chiuse rapidamente sia la mia che la sua porta. "Speravo fossi tu" mi sussurrò con un tono dolce, felice. Era bellissimo. Perfetto nella sua felpa nera e i suoi jeans. I capelli erano al naturale, non li avevo mai visti così ricci. I suoi occhi sempre più profondi, incontrarono i miei ripetutamente. C'era qualcosa nell'aria, lo sentivo. Non era più la stessa storia tra di noi. C'era un'aria elettrica, una spinta ad avvicinarsi, facevamo fatica a starci lontani. Tutto di noi protendeva verso l'altro. Per la prima volta sentii voglia di baciarlo.

"Scusa se ieri sono scomparso." Era imbarazzato. "Non vorrei che pensassi che anch'io sia uscito a cercare compagnia femminile. Il prof di Mate faceva il compleanno ed ha voluto festeggiare con tutti noi. Ho tentato di trovare scuse e di cercarti prima di uscire, ma non eri rientrata ancora. Cos'hai pensato?" Tardai a rispondere e lui interpretò male quel silenzio. "Forse non l'hai notato". "No, ho capito che eri fuori perché la luce della tua stanza era spenta. Ti ho cercato al ristorante e... nelle scale ma non c'eri". Si aprì in un profondo sorriso. "Grazie per la sorpresa. So che sei stato tu" "Hai altri corteggiatori in giro? perché se si dammi la lista che li devo eliminare" Ridemmo. La risata si spense in un sorriso, uno sguardo il nostro e poi in imbarazzo ed incertezza. Ecco tornare l'atmosfera elettrica. Si avvicinò lentamente fino ad arrivare così vicini da poter sussurrare nel mio orecchio.

"Mi devi qualcosa ricordi?" Annuii, non riuscivo a parlare. "Abbracciami".

La mia reazione mi sorprese. Non me lo feci ripetere due volte e dopo un attimo già lo stringevo forte a me. Sicuramente se avessi riflettuto anche solo un attimo sarebbe arrivata la timidezza a frenarmi. Invece era stato tutto cosi facile. Marco mi rendeva tutto facile. Ricambiò subito il mio abbraccio e mi strinse stretta a se coi suoi forti muscoli fino a sollevarmi da terra. Mi sentivo a casa. Quella era la mia concezione di felicità.

"Ti ho pensato tanto". Le sue parole mi toccavano nel profondo. Lo sentivo. "E cos'hai pensato?" "Sei una curiosona". La sua risata mi dava i brividi, ora che eravamo cosi vicini. "Dai" "Posso solo dirti a cosa sto pensando adesso" e sciolse il nostro abbraccio. "Che ne dici andiamo a fare colazione?". Restai confusa, un po' per l'improvvisa separazione, un po' per l'insolita richiesta. "Ehm, sei sicuro che sia già aperto? Che ora è?" "Solo le sei e mezza, ma il ristorante apre alle sei, saremo solo noi di certo, cosi possiamo metterci allo stesso tavolo"

"Andiamo!" Mi girai per cominciare a scendere le scale che ci separavano dalla nostra meta, e lui fu prontamente al mio fianco e fece il gesto più dolce che potessi desiderare ... mi prese per mano.

"A questo stavo pensando adesso". Ero completamente frastornata e forse lui lo capì, non aspettò nessuna risposta e mano nella mano, silenziosi ma uniti, raggiungemmo un tavolino per due che si trovava in fondo al ristorante , proprio accanto alla grande vetrata che dava direttamente sul mare. La stanza era ammobiliata in stile ottocentesco, il colore predominante era il bianco. Il sole era già alto e forte ed inondava prepotentemente la stanza esplodendo dai vetri accanto a noi; avvolgeva tutto e sfumava i contorni, dandoci l'impressione che fossimo circondati solo da luce. La nostra luce che sentivo già dentro di me; il calore che si trasmetteva tra le nostre mani, mai disgiunte e il forte, dolcissimo profumo di ogni genere di bontà già pronta sul tavolo del buffet, che m'annebbiava la mente e mi svuotava lo stomaco come l'emozione nel vedere Marco sorridere, felice, lì e con me. "Aspetta qui!" Lo seguii con gli occhi a fatica mentre raggiungeva le pile di dolci, pronti ad essere gustati da decine di ospiti affamati. Il sole mi abbagliava. Non era il mio sole quello, non era il sole che ti scalda ma non ti brucia che tanto amavo, era fuoco puro. Tornò poco dopo e adagiò davanti a me una tazza di cioccolato caldo e un piatto pieno di pasticcini e pezzi di torta di mille gusti e colori diversi. Li aveva presi tutti, ne ero certa! Per lui solo un cioccolatino e un qualcosa di poco definito che classificai come torta all'arancia. "Non credi di aver esagerato? Non posso mangiare tutta questa roba" "La mangerai" di nuovo la risatina spavalda. "No, non lo farò" ribattei. "Ne sono certo ti dico, intanto goditi la cioccolata calda!" "Scusa e tu non bevi nulla?" "No, non mi piace nulla in particolare!" "Eh no, aspetta qui tu adesso" e corsi via veloce. Cominciai ad armeggiare nel tavolo delle bevande mentre di sottecchi spiavo lo sguardo incerto di Marco. Tornai da lui trionfante con in mano il mio gustoso ed indecifrabile intruglio. "Tieni, prova" "Io dovrei bere questa cosa?" "Si, non fare storie" dissi in tono perentorio. E lui rise. "Ma cos'è? non mi piace il thé!" "Non è thé, bevi ti ho detto!" " Ok, ok!" bevve dapprima un po' incerto, ma poi lo finì tutto "buono!" "L'avevo detto" "Ora mi dici che cos'è?" "No!" "Ehm..." si avvicinò al mio viso ridendo e continuò "Non è che era una specie di filtro magico, una pozione d'amore da perfetta streghetta?" Ridemmo. "Beh forse! Lo vedremo dal risultato" "Allora ha già fatto effetto" Risi nervosa e cominciò il nostro silenzio, decisi di romperlo. "A parte gli scherzi era thé alla vaniglia..." "Lo sapevo!" Mi interruppe. "Fammi continuare, thè alla vaniglia mischiato a camomilla e... Ad un ingrediente segreto" "Ok, preferisco non indagare" rise "allora mangia i pasticcini" "Perché dovrei?" lo sfidavi. "Avrei un metodo per convincerti, ma so che ti turberei, quindi ne userò un altro. Posso dirti

perché li ho scelti". Lo lasciai proseguire. "Questa torta con gli zuccherini colorati l'ho presa perché mi ricordavano le tue battutine allegre e le risate che mi fai fare, la torta alla vaniglia per la tua semplicità e... timidezza" arrossii, mi aveva proprio capito. "Questo cioccolatino perché è dolcissimo ma non soffice, è duro, mi fa pensare alla tua testardaggine" "E cosa ti fa pensare che io sia testarda?" "Ti ho tenuto d'occhio". Feci una finta smorfia di disapprovazione ma sapevo che era tutto vero. "E la torta alle fragole?" L'ultimo pezzettino rimasto era del tutto rosa ed una fragolina campeggiava in superficie. "Quello... sono io" si fermò "nella tua vita" si imbarazzò e girò il volto altrove. Io finii tutto in pochi minuti. Anche questa volta aveva vinto lui.

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