Capitolo 23

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Venerdì 25 aprile – ore 9:00 del mattino, eravamo a casa! I miei genitori mi vennero a prendere alla stazione. Erano davvero felici di rivedermi. Mia mamma in particolare non la smetteva di sorridere e di raccontarmi duemila aneddoti sulla loro settimana senza di me. Mio fratello era molto meno entusiasta di vedermi, almeno in apparenza. Mi salutò con un indifferente "Ciao" e tornò a chiudersi nella sua stanza. Enrico era nato cinque anni prima di me, frequentava l'università ed era un ragazzone altissimo. Il mio opposto. Non dimostrava mai il suo affetto per me, anzi ostentava una certa non curanza. Ma il solo fatto che aveva rinunciato alla sua tradizionale scampagnata del 25 aprile perché tornava la sua sorellina mi diceva molto più di mille parole. Mia mamma preparò un pranzo faraonico mentre io e mio padre sonnecchiavamo davanti alla TV del salotto. C'era tutto quello che più amavo. La ringraziai con un abbraccio lunghissimo. Dopo pranzo mi toccò fare il classico giro dei parenti, portando regalini a tutti e raccontando mille volte cosa avevo fatto, visto e mangiato. Finalmente la sera cominciai a disfare la valigia insieme a mia mamma.

"Allora gioia ti sei divertita?"

"Tanto mamy, ma si mangia molto meglio qui da te!"

"Questo è certo" rispose ridendo.

Le raccontai di nuovo mille aneddoti spiritosi già accennati velocemente per telefono e ridemmo insieme. Sorvolai completamente sull'argomento Marco! Era ancora troppo presto!

Quella notte non fu facile prendere sonno, così mi alzai e passai un po' di tempo rannicchiata sul davanzale della mia solita finestra a pensare ed osservare la strada buia davanti casa mia dove ogni tanto passava qualche gatto o una macchina silenziosa e solitaria. Guardai l'orologio. La mezzanotte era passata, ormai era il 26 aprile, sabato. Non era più il suo onomastico. Ed io non avevo avuto modo di fargli gli auguri. L'ultima volta che l'avevo visto

eravamo ancora a Bologna, lontano, forse in un altro mondo. Ero tornata alla realtà, ma le parole della lettera giravano ancora nei miei pensieri. Ci teneva. Non dovevo dubitarne. Ciò che mi pesava molto era l'attesa che mi aspettava prima di poterlo rivedere. Era già sabato! Ma tutti eravamo d'accordo a rimanere a casa quel giorno. Sarei andata a scuola solo per vederlo, ma sicuramente anche lui si sarebbe assentato. Era inutile, bisognava aspettare il lunedì. Non c'era nulla da fare, non avevo neanche il suo numero. C'era solo l'attesa.

Il mio sabato e la mia domenica furono all'insegna della semplice ed apatica attesa, scandite da prolungate dormite, sms continui con Ily, qualche chiacchierata con mia madre, il ripasso delle ultime lezioni e la messa. Non ci fu nient'altro, non avevo voglia di altro. Man mano che la domenica volgeva al termine, mi sentivo sempre più ansiosa ed agitata. Quasi s'avvicinasse un esame.

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