Capitolo 15

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La sala adesso non era più così vuota: un nutrito gruppo di ospiti piuttosto mattiniero era già alle prese con i dolci e le fumose bevande. Tra di loro non vi era nessuno dei ragazzi che frequentavano la nostra scuola. Era ancora fin troppo presto. C'era solo una persona a noi nota; il vicepreside e prof. di Mate di Marco era già lì da un po' e ci osservava curioso. Si avvicinò ed io mi sentii in imbarazzo.

"Buongiorno ragazzi"

Marco mi guardò prima di rispondere, come per attirare la mia attenzione.

"Buongiorno prof., come va? Le è piaciuta la festa ieri?"

"Si davvero, grazie siete dei cari ragazzi... non dovevate... la torta... pure il regalo... e tu che non ci volevi venire..." e si perse in mille elucubrazioni ed elogi sull'evento della sera prima. Marco stava a guardarmi. Il suo intento era dimostrarmi di non aver mentito. Non ce n'era affatto bisogno ma in questi minuti il mio affetto per lui cresceva sempre più. Finalmente il prof. cambiò argomento.

"Oggi si va ad Urbino ragazzi. Siccome dobbiamo cambiare regione l'agenzia ci manda dei pullman più piccoli da trenta persone. La consueta divisione tra terze le quarte classi salta ed andremo a prenotazione. Chi scende prima a colazione parte prima. Vi metto in lista?"

"Certo" Marco rispose all'istante "tra quanto si parte?"

"Appena è pieno, credo per le 7 e 20. Ecco gli altri vado a parlare anche con loro" guardammo entrambi i nuovi arrivati, erano una decina di ragazzi di quarta ma neanche Marco sembrava conoscerli.

"Salve" rispose Marco cortese al prof. e poi si rivolse a me "Se siamo fortunati e se i nostri compagni sono abbastanza dormiglioni questa giornata la passeremo insieme. Vieni, andiamo su, prepariamoci per la partenza e mi raccomando non svegliare nessuno in stanza". Riprese la mia mano e la lasciò solo quando fummo sulla porta della mia stanza.

Ero di nuovo sola, tutto intorno a me era silente. Le mie compagne dormivano e non partecipavano alle mie riflessioni. Era stato tutto cosi perfetto ed incredibile: le scuse, l'abbraccio, le nostre mani. Non era possibile definire la nostra relazione, questo di certo, lui stesso si era definito mio corteggiatore, ma ciò era solo una parte di quello che desideravo per noi. Che sognatrice! Eravamo nulla ma già tutto. Mi sentivo in paradiso, anzi di più. Mi svegliai dai miei dolci sogni appena la sveglia di Ele suonò. Si stavano alzando ed erano già le 7 e 10, dovevo scappare di sotto. Presi la mia borsa. "Ragazze io scappo, oggi mi sono svegliata presto, i prof. hanno preso delle prenotazioni per i pullman io sono nel primo, stiamo partendo. Ci vediamo... dopo". Risi alle loro facce attonite e, non vista, strizzai l'occhio ad Ilenia. Lei capì e sussurrò: "Brava". Scappai giù dalle scale, ora la hall era piena di giovani e, tra tutti, lui; m'avvicinai e mi riprese per mano, ci sistemammo vicini nel pullman, nel quale non conoscevamo proprio nessuno. Che fortuna!

"Allora, spiegami che avevi l'altra sera". "Una mia compagna è stata lasciata dal suo ragazzo,inaspettatamente e per sms. Ne sono rimasta colpita. Sembravano molto innamorati... io non capisco".

"L'amore è... difficile direi, non è mai una linea dritta, ci sono curve, spigoli e perfino fratture... non credi?"

"Io credo che se ami qualcuno lo ami e basta, senza se e senza ma"

"Ci sono in gioco talmente tante cose..." si fermò "E' una nebbia fitta e confusa".

Sembrava assorto nei suoi pensieri aveva un'espressione contratta e cupa. Non lo volli disturbare. Il sole che filtrava dalla tendina mi rilassò e cosi m'assopì sul suo braccio.

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