Capitolo 53

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Fui la prima a svegliarmi ma restai a letto con gli occhi chiusi sperando di passare più momenti possibili in quella tranquilla solitudine. Il mio sogno non durò molto; Luca bussò alla nostra porta: "Sveglia dormiglione!" e fummo costrette ad alzarci e metterci in movimento. Fui la prima ad essere pronta; per qualche dannato motivo quando vuoi fare qualcosa in modo più lento possibile sembra che in realtà tu vada più veloce di qualsiasi altra volta nella tua vita.

Aspettai Ilenia ed insieme a lei scesi al piano inferiore, i ragazzi erano tutti già presenti: Luca ed Enzo giocavano a carte, Danilo era seduto al tavolo da pranzo e Marco finiva di apparecchiare per la colazione. Avevano già comprato i cornetti e li avevano piazzati al centro della tavola. Che cari ragazzi!

Marco, appena mi vide, cominciò a fissarmi con uno dei suoi sguardi lunghi ed interrogativi. Era ancora più bello di sempre o forse io lo guardavo di nuovo con occhi diversi. Danilo invece balzò in piedi e venne ad abbracciarmi. Era di buonissimo umore. Marco fece finta di non curarsi del nostro gesto di affetto ma in realtà notai che continuò ad apparecchiare per tutto il tempo lo stesso posto, mettendo le posate e levandole di nuovo. Arrivarono anche le altre due ragazze, ma tra Marco ed Adele, come sempre, non ci fu nessun contatto, solo un saluto. Eravamo ormai abituati a quest'atteggiamento riservato ma, durante quel viaggio, ciò diventò fin troppo evidente ed indecifrabile. Anche quando, poco dopo, Luca ed Enzo appesero il vischio e tutti ci sottoposimo al gioco del tenero bacio portafortuna sotto la simpatica piantina, Marco ed Adele furono gli unici a fare storie ed alla fine il tutto si risolvette in un velocissimo ed imbarazzato bacio. Vederlo, mi fece lo stesso tanto male e Marco lo capì subito.

Un'altra cosa molto evidente, in quella mattinata dedicata alle pulizie ed alla cucina fu la profonda conoscenza tra loro due; Adele sapeva proprio tutto di lui: tutto quello che mangiava e che odiava, come cucinarglielo, dove teneva di solito la schiuma da barba e perfino che detersivo poteva fargli allergia. Più parlavo con lei e più mi accorgevo di quanto fosse ancora un estraneo per me, ma questo lo sapevo già. Quel ragazzo era tutto un mistero! A mala pena sapevo che si chiamava Marco, frequentava la 5C e guidava una Peugeot 105 rossa, anche se ancora non sapevo nemmeno perchè fosse già un diciannovenne e, a marzo, sarebbe diventato addirittura un ventenne.

Il nostro primo pranzo in montagna fu piuttosto tranquillo. La casa era finalmente in ordine ed, alla luce del sole, sembrava ancora più bella. Non aveva nevicato ma guardando verso l'alto, le cime dei monti erano imbiancate. Non c'era un piano definito per il pomeriggio e così

ognuno si organizzò per conto suo. Enzo andò a riposare, non aveva chiuso occhio tutta la notte parlando e non aveva fatto dormire neanche gli altri ragazzi. Adele si mise a leggere sul divano davanti al caminetto ed Adriana al computer. Ily, Danilo e Luca uscirono a fare una passeggiata, alla quale non volli assolutamente aderire; il mio umore era a terra. Marco fu il primo a scomparire, uscì da solo con la sua macchina, senza dare nessuna spiegazione. Io mi rifugiai nella solitudine della cucina che era sul retro della casa e dava sulla veranda posteriore attraverso una luminosa portafinestra. Come sempre, avevo vigliaccamente paura di restare da sola con i miei pensieri e così rovistai tra le provviste che avevamo portato da casa e riuscii a trovare gli ingredienti necessari per fare una torta e, per la presenza di alcune arance, come unica frutta, la scelta del gusto della torta fu obbligata. E così mi misi a trafficare con farina, uova, zucchero e tutto quello che poteva tenermi lontana da lui. Ma quando vuoi stare lontano da qualcosa è allora che, matematicamente, quella è sempre lì, il più vicino possibile a te. Impiegai tanto tempo per fare una cosa semplicissima perchè la mia mente era assolutamente altrove ed, alle volte, mi ritrovai anche come addormentata a fissare il vuoto col cucchiaio in mano.

Il rumore di una porta che si apriva alle mie spalle mi fece sobbalzare e prima ancora che mi dicesse "Ciao" avevo già immaginato che fosse lui. Poco pronta ad affrontare una conversazione, risposi solo con un cenno. Dopo pochi secondi era già accanto a me, appoggiato al piano della cucina dove stavo cercando di impastare la torta, sperando magari che si preparasse da sola visto che io continuavo a sbagliare tutto. Mi fissava ma neanche lui sapeva cosa dire, probabilmente lesse sul mio volto la domanda che mi passava in testa.

"Sono andato a fare la spesa" ed indicò delle buste che aveva lasciato sul tavolo.

Io non risposi.

"Fai una torta?" chiese dopo un attimo di silenzio.

"Ci provo" risposi senza guardarlo.

"A che gusto?"

"Arancia"

"E' la mia preferita!" disse con un sorriso.

"Lo so!" risposi di getto e ci fermammo un attimo entrambi fuori dal momento ed immersi nel ricordo di quella colazione insieme in Emilia-Romagna. Poi riabbassai lo sguardo e tornai al mio lavoro. Lui mi sfiorò delicatamente il braccio e disse: "Non hai voglia di parlarmi vero?"

"Non è questo" risposi confusa.

Si alzò e venne ad abbracciarmi forte posando delicatamente la sua testa sulla mia spalla. Mi sentii bruciare all'istante ma ero anche così felice.

"Ti ha dato fastidio il bacio oggi?"sussurrò.

"No" risposi mentendo. Lui rimase un secondo zitto, poi continuò: "Io non riesco a vederti con Danilo, probabilmente un giorno di questi perderò il controllo e farò capire a tutti cosa provo davvero"

"Marco per favore, credo che tocchi a me decidere se Danilo debba sapere cosa è successo... l'anno scorso".

Forse la mia precisazione temporale lo fece arrabbiare perchè sciolse subito il nostro abbraccio e con troppa tranquillità lasciò la stanza dicendomi: "Ok, stanne certa".

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