Capitolo 36

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18 giugno: la scuola era finalmente finita e aveva portato via con sé Marco. L'ultima volta che l'avevo visto ero sul motorino con Vincenzo. Gli eravamo sfilati davanti agli occhi. Non volevo incontrarlo all'uscita e così chiesi al mio compagno un passaggio. Finalmente era il giorno dei quadri; l'ultimo atto del mio terzo anno di liceo stava per compiersi. Il padre di Ily ci accompagnò a scuola entrambe. Lei lesse i miei voti e io i suoi.

"Ily media del sei, devi fare di meglio" la rimproverai.

"Ma non ho debiti no?"

"No" risposi.

"Mi accontento" sentenziò felice. "Tu stai sul sette e mezzo. Brava Carly stai diventando un

genio"

"7 e mezzo non vuol dire proprio essere un genio" "Oh smettila di lamentarti musona!"

"Ragazze granita premio vi va?"

"Certo" rispondemmo in coro alla proposta del padre di Ily.

"Andate in macchina, io saluto un mio amico e andiamo al bar"

"Ok papà" rispose Ily.

"Ci sedemmo in macchina ad ascoltare un po' di musica.

"Carly lo sai che tra poco dovrò partire come ogni anno?"

"Si certo" risposi dispiaciuta.

"Mi dispiace lasciarti adesso. Stai ancora male per Marco vero?"

"Hai indovinato"

"Dovevi parlargli!"

"Ormai è tardi. Quest'estate da sola mi servirà a riflettere. Tu quando parti?" "L'uno luglio"

"Come sempre ci scambiamo il quadernino?" "Certo"

Ogni estate la mia dolce amica si trasferiva a Trapani dai suoi nonni materni. Non potendo condividere ogni nostra emozione, scrivevamo tutto quello che ci passava per la testa su un quadernino che ci scambiavamo ad inizio settembre al suo ritorno. In realtà ne completavamo sempre almeno quattro. Ma quell'estate sarebbe stata davvero vuota. Ily a Trapani, Gianni nella casa al mare, Marco chissà dove e chissà con chi ed io... persa nei miei pensieri.

"Guarda un po' chi c'è!" Ily guardava nello specchietto retrovisore. Lo feci anch'io. Da una familiare Peugeot rossa scesero Marco e Adele. Mi ricordai della mattina in cui era arrivato in ritardo. In macchina con lui c'era lei, anche quella volta.

"Non ne posso più di quei due". Sbottai.

"Carly, lui non sa che sei qui. Tranquilla"

"Non riesco a vederli insieme"

"È un'occasione per vedere come si comportano quando non ci sei".

Ily aveva ragione. Cominciai ad osservarli. Certamente c'era un'estrema confidenza tra loro. Ma questo, Marco non aveva mai cercato di negarlo. Camminavano uno accanto all'altra ma non si presero mai per mano né si abbracciarono. Raggiunsero i loro compagni e Marco si appoggiò al muro poco distante da loro. Lei subito si mise accanto, attaccata certo, ma non ci fu nessun contatto voluto da lui. Parlavano fittamente. Chissà di cosa.

Arrivò il padre di Ily. Mentre uscivamo dal parcheggio fissai Marco che s'accorse della mia presenza e ricambiò il mio sguardo. Eravamo di nuovo vicini, collegati. Lo amavo ancora.

Si lo amavo, lo dovevo ammettere ma non poteva esserci più nulla tra noi. Troppe bugie, incertezze. Non era quello che volevo. Forse non era stato un gioco neanche per lui ma non era stato leale, sincero. Forse l'aveva lasciata ma il suo bacio, il suo imbarazzo quando lei ci aveva visti insieme parlavano d'altro. D'altronde tutti li giudicavano fidanzati e loro non facevano nulla per smentirlo. Erano sempre insieme. La segretezza del nostro rapporto, il non scambiarci il numero di cellulare ora potevano essere letti in modo diverso. Era un traditore. Lo odiavo. Si lo odiavo.

Suonò il citofono e mia madre corse a rispondere: "Cerchi Carly? Si è in casa! Ma tu chi sei? Ah capito. Ora glielo dico." Riattaccò. "Carly c'è Marco, chiede di te".

Era venuto a casa mia? Non potevo credere che fosse stato capace di arrivare a tanto. Uscii in fretta e sbattendo la porta. Ero arrabbiata. Lui era bellissimo, come sempre. Non gli diedi il tempo di proferire parola perché scappai verso la piazzetta. Non potevamo litigare davanti ai miei. Lui mi seguì.

"Che vuoi?"

"Parlare"

"Dimmi allora"

"Ti amo"

Non riuscii a rispondere e lui continuò: "Mi dispiace per tutto, mi dispiace non vedere più il cuoricino sul tuo braccio, mi dispiace che tu non voglia credermi. Mi manchi lo sai"

"È vero che vi siete baciati?" chiesi brusca.

"Si" ammise.

Stavo per piangere.

"È la tua fidanzata?"

"Non più"

"Lei è d'accordo?"

"No. Ma questo non m'interessa"

"A me si"

"Tutti pensano che siete ancora fidanzati"

"Lo so"

"Per questo hai tenuto tutto segreto?"

"Si"

"Ah bene". Feci per andarmene, ma poi continuai "Lei non sospetta nulla vero?"

"Nulla".

Non guardandomi negli occhi, continuava ad ammettere tutto con molta sincerità, finalmente, ma l'evidenza mi faceva troppo male.

Fu lui a continuare: "Capisco che possa sembrare un bugiardo e, forse, lo sono stato va bene, ma era troppo presto per dirle di noi. L'ho lasciata da pochissimo e lei si sente ancora la mia fidanzata. Dopo 7 anni non posso ferirla"

"Ne dovevi parlare con me"

"Non puoi capire il nostro rapporto"

"Di certo non capisco te. Che cosa rappresento per te? La crisi dei sette anni? Una piccola macchia nella vostra storia bellissima?"

"Sei importante. Tu lo sai. Non puoi fare finta di nulla"

"Dimmi una cosa? Da quando stavi con me, quello alla festa era stato il vostro unico bacio?"

"No" rispose dopo un po' abbassando lo sguardo.

"Bene, addio!" cominciai a tornare verso casa ma lui continuava a dirmi di fermarmi.

"Carly aspetta per favore". Mi aveva raggiunta.

"Quindi non c'è più possibilità per noi?É finita per sempre? Non puoi perdonare i miei sbagli?"

Di nuovo quella voglia di lasciar perdere tutto e stringerlo. Girai lo sguardo altrove e dissi: "Si mi dispiace non c'è più fiducia!".

Non tentò più di fermarmi e tornai a casa in lacrime. La stima dei miei genitori nei suoi confronti scese ulteriormente.

Fu l'ultima volta che lo vidi. Passai tutto il mese di luglio e l'inizio di agosto pressoché da sola. Non avevo sue notizie. Aveva capito che era finita. Solo il 28 luglio, giorno del mio diciassettesimo compleanno, fece sentire la sua presenza, lasciando un regalo dietro la porta di casa mia. Mia mamma me lo portò incredula ed io capii subito che era suo. Dentro il pacchetto trovai i sandali gialli che avevamo visto insieme in una vetrina e mi erano piaciuti tanto. La mente tornò ai momenti nostri. Non c'era biglietto, non c'era più nulla da dire.

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