Epilogo 3

42 3 0
                                    

Dopo 4 mesi...

La sveglia del cellulare cominciò a suonare...
Mi girai nel letto e mi resi conto che dovevo alzarmi,le bambine mi aspettavano...
Mi ricordai,di mettere in borsa il giocattolo nuovo che gli avevo comprato,mi ero alzata e avevo messo apposto il letto della mia piccola stanza cercai di farlo più perfetto possibile perché odiavo il disordine.
Avevo aperto la finestra e notai che il cielo era molto grigio e cupo.
Indossare qualcosa di pesante,mi dava l'idea di sentirmi più al sicuro, avevo preso il beauty e avevo cominciato a truccare le mie guance pallide...
A volte da bambina desideravo essere come le attrici americane: belle, famose e brave nel loro lavoro,
non mi colpiva molto il fatto che avevano un trucco impeccabile o un viso e un corpo statuario, ma mi affascinava ciò che dovevano fare.
Fingere di essere chi non si è.
Essere cento persone in una, come Pirandello e le sue maschere.
Immedesimarsi in mille ruoli diversi.
Indossare le storie di persone di tutti i rami.

Ora che sono grande invece se c'è una cosa di cui sono certa è che gli attori e le attrici non mi affascinano più.
Non si sa mai quando fuori dal set sono sincere.
Quel giorno mi ero chiesta il perché nessuno va oltre l'apparenza.
Immergendo il rimmel nel tubetto nero mi ero risposta che in fondo la vita delle attrici e degli attori americani che sognavo da bambina era molto simile alla vita di tutti i giorni.
Bei visi e trucchi impeccabili.
Quando mettevo i piedi fuori casa, gli sguardi dei passanti sul mio corpo li odiavo.
Guardavano altrove per mia fortuna dopo che il mio odio palese era più che evidente.

Vivevo ogni giorno con questa consapevolezza:non avevo bisogno di nessun occhio invadente su di me.
Nessuno faceva per me.
Loro erano troppo io non volevo essere nessuno.

Mi ero svegliata dopo un po' dai miei controproducenti pensieri e avevo continuato a sistemare la matita nera dentro la parte inferiore dell'occhio.

Quando vedevo che il mio volto era con cura imprigionato in ciò che rappresentava un'apparenza perfetta mi sentivo più sicura di me stessa.

Pettinati i miei lunghi capelli biondi, passai a pensare cosa indossare, nascondevo la mia parte più fragile con indumenti più eccentrici, dando l'idea di sembrare più grande, più consapevole,ed era quello che mi faceva sentire a mio agio, era l'unica cosa semplice da fare senza problemi, ma tutto ciò che avrei voluto, era un'isola in cui ci fosse bisogno solo di sentimenti, affetto,amore e nient'altro.

Pur avendo tante cose carine pensai quella volta che guardando le bambine avrei avuto la buffa opportunità di comprare qualcosa extra e questo mi faceva tanto sorridere,in maniera sciocca e infantile.

Mi misi un Jens nero,a vita alta con un maglione a collo a v rosso.

Avevo bevuto al volo un sorso di the, presi la borsa e le chiavi e chiusi la porta.

Camminai lungo il solito marciapiede colorato.
I miei tacchi alti facevano rumore.
Il mio rumore preferito.

"Clarissa... Frida".
Solo a pensare i loro baci il mio sorriso cresceva, dal nulla di fronte a sconosciuti e semafori ininterrotti.

Stavo cercando disperatamente un lavoro quando entrarono nella mia vita per caso e proprio quando avevo perso la speranza, vidi una signora anziana vicino il passaggio a livello, con in braccio una bimba che si dimenava e un'altra più grande di pochi anni che la teneva a stento nell'altro braccio,mi ero avvicinata a quella che sembrava una povera nonna in difficoltà e gli diedi una mano,d'allora non si erano più staccate da me...

Quella mattina il campanello vecchio e stanco faceva eco nella casa davanti a me e di colpo la porta si era aperta.

"Buon giorno... "avevo detto sorridente.

Avevo aperto le braccia e in un batter d'occhio avevo due furie addosso al mio petto.

"Ei...ho qualcosa da darvi venite qui piccoline".
Gli avevo detto.

I tre anni di Frida erano spensierati e pieni di vita, invece l'anno e mezzo di Clarissa era più pigro e annoiato.
Vivevano con la nonna da quasi sempre.

Il padre delle bambine perse la vita in un incidente, era una sera come tante quando l'avevo scoperto, non era stato uno di quei giorni facili da mandare giù.

Anche se facevano e fanno di tutto per nascondere il loro dolore,accomunano questa menzogna a quello che provai anch'io della mia vita.
Alcune cadute non si possono dimenticare.
Ti alzi e cerchi di mostrare a te stesso che sei forte.
Era tutto come il mare: mai avrei saputo decifrare quanta pienezza aveva... la sofferenza! non sapevo ne contarla ne vedere un limite se mai esistesse.
Chi poteva colmarla non avrei mai saputo dire chi era.
Forse, pensai erano così le guance di mia madre... quella volta... Quando, perse mio padre
come il mare.
Quelle giornate non erano frastuono di bimbi felici nel correre in riva al bagnasciuga.

Ritorno ora ai ricordi di questa vita e non di quella passata e un giorno mentre andavo in cucina per prendere il latte e metterlo nel pendolino singhiozzi facevano tremare il mio cuore. Una piccola candela illuminata brillava nella stanza di Leandra.

Una stretta mi percorse dai piedi fino a salire nello stomaco.
Dentro di me avrei voluto stringerla abbracciarla,tenerci le mani unite al mio petto.

In quel momento non sono riuscita a fare altro che andare in bagno e lavare il mio viso.

Improvvisamente nel momento che chiusi gli occhi sotto il getto
dell'acqua vidi mia madre.

Ecco...di nuovo!
pensai.

Il passato!
entra senza bussare ogni volta e quella volta il mio affanno non era regolare.

Mia madre nella mia mente da giovane era lì...
I capelli dorati erano un po sfatti, appoggiati sulle mani odoranti di pasta fresca appena impastata ,la stessa che forse faceva per mio padre al quale solo nei suoi sogni e nella mia immaginazione esisteva.

Però c'erano i suoi ricordi che li poteva aprire ogni volta che avrebbe voluto e ricordare le sue critiche per il poco sale mancato in un pranzo fatto di domenica mattina.

Aprì i miei occhi e quel rammento di vita passata svanì come una piccola scritta sulla sabbia.

Il lavoro a Leonora e Landra li faceva andare avanti ,potevano all'inizio del mese comprare quella casetta giocattolo o quella pizza il sabato sera per poi avere il fiato sul collo ogni volta che arrivava fine mese.

Sembrava di essere stata un angelo per loro, così dicono... ma in realtà gli angeli per me sono stati loro...mi avevano salvato la vita, ma non per il piccolo stipendio che prendo ogni mese,ma per la tranquillità interiore e per i piccoli castelli di pace che,avevo costruito piano,piano.

"Ecco questo è per voi".gli
avevo detto

"Cos'è' zia luce?"

Il loro zia l'avevo conquistato una sera per aver convinto la loro mamma a non farle andare a letto presto.

Con la dolcezza che solo loro potevano avere aspettarono con pazienza che chiusi la porta,avevo poggiato la scatola sul tavolo e mi ero tolta la giacca.
Mi guardai intorno e mi ero resa conto che pian piano la mia vita non era più così grigia e scura.

Uno spiraglio di luce era passato sotto i miei occhi.

Tho Hope Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora