Capitolo 2.

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L'indomani, alle 4.00 a.m sono già in piedi. Nonostante ieri sera alle 9.00 p.m fossi già sotto le coperte, non posso dire di aver dormito molto. Il mio sonno è stato scosso da continui incubi in cui perdevo l'aereo ed ero costretta a rimanere qui, in questa stanza spoglia, e più volte, questa notte, mi sono ritrovata a fissare il soffitto, sbarrando gli occhi all'improvviso, ansimante. Credo che sia stata la paura di non svegliarmi in tempo a giocarmi questo brutto scherzo. Tuttavia, sebbene le ore in cui io abbia effettivamente dormito siano state poche, in questo momento devo ringraziare la mia stessa ansia se sono così euforica e pimpante da non sentire il peso della stanchezza.
Mi precipito nell'armadio ed agguanto una canotta e un paio di pantaloni a caso. Non ho mai dato grande importanza al mio aspetto esteriore, e oggi sono particolarmente grata a me stessa di questo difetto, perché altrimenti, se a ciò aggiungessi anche le mie scarse capacità di organizzazione e la mia lentezza nello scegliere cosa indossare, di sicuro non uscirei da questa stanza neppure per le 10.
Raccolgo i capelli in una coda scomposta e prendo la mia borsa. Mia madre è in fondo alle scale ad aspettarmi, impeccabile nel suo vestito blu. Siamo proprio due poli opposti, e lei non perde mai l'occasione per farmelo presente, con un certo sdegno. Stamattina però è sull'orlo delle lacrime, quindi non riesce a richiamarmi per la mia sciattezza e nonostante il suo stato, non posso negare che questa cosa mi possa fare solo piacere. Non ho voglia salutarla furiosa dopo un'eventuale discussione con lei.
Per giungere dal centro di Londra all'aeroporto  di Heathrow decidiamo di servirci della metro. Sono le 5.12, e la Heathrow Express sarebbe completamente vuota se non fosse per noi e qualche studente universitario munito di valigetta e una tazza di caffè di troppo.
Osservo incantata le luci del tunnel scorrere dai finestrini e ,prima che me ne possa rendere conto, siamo giunte a destinazione. Inizio a sentirmi gli occhi pesanti e il bisogno di dormire mi assale, mentre mia madre passa in rassegna i monitor per assicurarsi che non vi siano state variazioni d'orario.
«Tre ore d'anticipo!» trilla soddisfatta. «Assolutamente perfetto!»
A volte penso che la sua esigenza di aver tutto sotto controllo sia un disturbo ossessivo-compulsivo.
Io inarco le sopracciglia e deglutisco. Il rumore delle ruote della mia valigia lungo il pavimento, mentre ci orientiamo facilmente all'interno del terminal solo grazie all'abbondante segnaletica, è l'unico rumore che riesco a sentire. Prenderò un aereo per la prima volta nella mia vita, e l'angoscia mi tappa le orecchie. Mia madre è troppo occupata a farneticare da sola ad alta voce per accorgersene, però quando passiamo accanto ad un bar i suoi piedi si piantano improvvisamente lì davanti.
«Un'ultima colazione insieme?» propone con le labbra arricciate, mentre trattiene le lacrime. Acconsento solo perché mi fa tenerezza, e non perché abbia realmente  fame, dato che l'ansia ha messo sotto sopra anche il mio stomaco. Comunque, decido di non sgranocchiare nulla, e dopo aver terminato di sorseggiare il suo cappuccino, mia madre capisce che è il momento di lasciarmi andare. Da quando mio padre l'ha lasciata ha sempre detenuto un controllo incredibile su di me. Forse aveva paura che me ne andassi anche io, proprio come ha fatto lui. Immagino sia un duro colpo per lei non avermi intorno per tre mesi, ma la vedo incassare mentre mi scocca un ultimo bacio sulla fronte e mi spiega come proseguire. Annuisco mentre cerco di tenere a mente i miei prossimi passi. Sembra tutto abbastanza complicato, ma se il mio volo non fosse stato diretto avrei incontrato sicuramente più difficoltà. Il check-in è la prima procedura per imbarcarmi, e ci vuole più tempo del previsto. A quanto pare, mia madre non è stata l'unica ad avere la pensata delle tre ore di anticipo. Quando arriva il mio turno, presento il passaporto e ricevo la carta d'imbarco, mentre guardo il mio bagaglio sparire lungo il nastro trasportatore. Dopo l'ennesimo controllo attraverso il metal detector, sono pronta per accedere all'area d'imbarco. Sono le 8.30 e non ho nessuno a cui raccontare  la mia prima faticosa esperienza in aeroporto. Vorrei scrivere a Ben o Stacy che sì, va tutto bene e tra un po' sarò già a bordo, poi mi ricordo che loro non hanno chiesto e sicuramente non sanno neppure della mia partenza. Tiro un sospiro e mi intrattengo sfogliando la mia galleria e ascoltando la musica ad un volume così alto che sento a malapena gli altoparlanti annunciare le indicazioni per salire a bordo del velivolo.
Così, alle 9.00 sono puntuale sul mio posto da passeggera a guardarmi intorno curiosa.
Il primo pensiero che mi balena per la mente quando l'aereo inizia a decollare, è quello di scendere. Sento un vuoto nello stomaco per pochi secondi, ma è abbastanza forte da spingermi a stringere forte la mano del mio vicino, che immagino mi stia rivolgendo uno sguardo mentre chiudo gli occhi per non vedere.
Toronto, per favore, arriva in fretta.

Summer love. ||Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora