Continuo a cercare l'accappatoio e il pigiama nella mia valigia, ignorando completamente Alison. Non ho voglia di esser presa in giro per l'ennesima volta da lei, in particolare ora che necessito di una doccia al più presto. Frugo con foga tra i miei vestiti, nella speranza di non averli dimenticati a Londra, come sottofondo la voce della ragazza affianco a me che continua a richiamarmi insistentemente.
Sposto una serie di t-shirt e canottiere bianche, ma no, non ci sono tracce del pigiama e dell'accappatoio.
Neppure qui.
Giuro che sto per avere un esaurimento nervoso.
Inspiro ed espiro, controllo la rabbia il più possibile perché non posso dare di matto proprio ora, a meno di 24 ore dal mio arrivo. Ho già combinato abbastanza guai non avvisando nessuno della mia scappatella in biblioteca e quindi scatenando l'ira di Ashley e mio padre; se continuo di questo passo il mio soggiorno in Canada durerà ben poco.
«Hayley, ascoltami!» strepita poi la mia "sorellastra" all'improvviso. Concentro la mia attenzione su di lei per la prima volta da quando ho fatto il mio ingresso. Solo ora noto che è esasperata e stanca; glielo si legge dalle piccole rughe che le solcano il volto. Sembra tanto un fiore sbattuto, in questo momento, che di giorno conserva la sua bellezza nonostante le intemperie a cui è sottoposto durante la notte. La cosa mi infastidisce parecchio; dovrebbe capire che se lei ne ha troppo ed è esausta, io lo sono molto di più. Non sono stata io ad imporle delle regole già al suo arrivo e a canzonarla per darle la benvenuta. Perciò, prima che squittisca un'altra delle sue stupide leggi come espediente per farsi ascoltare, decido di starla a sentire di mia spontanea volontà. Mi volto però per ammonirla «Sbrigati , o potrei non rispondere più delle mie azioni.» sibilo con sguardo truce, e stavolta è lei a farsi piccola piccola sotto i miei occhi. Si stringe nelle spalle e prende un sospiro.
«Voglio... Voglio scusarmi con te per come ti ho trattata prima. Io, io non avevo intenzione di comportarmi in quel modo.»
Levo gli occhi al cielo. Un classico.
Poi riprende a scusarsi, più agitata.
«Devi perdonarmi; non so cosa mi sia successo...è così strano, è...» la sua voce si spezza e lei si prende la testa tra le mani.
Non riesco a credere a quello che è appena successo.
Adesso, con qualche lacrima che inizia a rigarle il volto e i singhiozzi che le impediscono di parlare, non sembra quasi la dittatrice che stamattina elencava i suoi ordini senza far neppure una piega. Devo ammettere che mi strazia il cuore vederla in questo modo, e mi fa sentire terribilmente in colpa aver
dato così per scontata la sua sofferenza, sebbene sia stata davvero crudele con me in sole poche ore. Faccio per alzarmi ed avvicinarmi a lei, ma Alison forza un sorriso bagnato. «No, davvero, lascia che sia io a parlare. Devo scusarmi con te, per bene. Meriti delle spiegazioni.» sentenzia decisa, ma io mi siedo ugualmente affianco a lei e, accantonando tutti i sentimenti che ho provato finora, le stringo forte la mano. Ora ha bisogno di me, e non ho intenzione di negarle il mio aiuto.
«Alison, non preoccuparti di me; quanto accaduto non conta ora, io ho già dimenticato tutto, okay?» la mia voce è dolce e comprensiva; un invito a ricominciare da capo, un invito che vorrei che cogliesse subito, senza alcuna esitazione. Lei mi sorride grata, e mi piacerebbe interpretare il suo gesto come un segno d'accordo, ma non voglio che ora metta i suoi veri problemi in secondo piano e si tenga tutto dentro solo per non turbare me. A mie spese so fin troppo cosa significa porre il bene degli altri davanti al proprio, e non voglio che lei faccia come me; non voglio che accumuli dispiaceri e poi finisca ad arrivare ad un punto in cui non è più in grado di contenere tutto. Perciò, prima che possa cambiare completamente discorso o perdersi in inutili ringraziamenti, io l'interrompo nuovamente. «Piuttosto, ti va di dirmi perché stai piangendo?» chiedo cercando di incrociare il suo sguardo. Ha il mascara colato e gli occhi rossi, ma i capelli perfettamente in ordine nonostante tutto. È comunque bella, sebbene la tempesta che sembra le stia infuriando dentro, e vorrei avere un minimo del suo fascino, ora più che mai.
Lei alla mia domanda inizialmente risponde con uno sguardo vuoto gettato alla soglia della porta, una ciocca di capelli portata distrattamente dietro l'orecchio e qualche sospiro di troppo. Quando mi guarda negli occhi stavolta, decide di spiegare la ragione della sua tristezza con una voce più flebile di quella con cui stamani mi ha accolta. Stento ancora a credere che si tratti della stessa persona.
«Oggi sono tornata a casa prima del previsto perché ho discusso con il mio ragazzo. Non mi aspettavo di trovare nessuno, dato che di solito Samuel è a lavorare e mia madre a pranzo con qualche sua amica.» lo dice con tranquillità, come se fosse abituata alla continua assenza di Ashley. Il suo tono è così piatto che non saprei dire se questa cosa la faccia stare comunque male o meno.
«Non mi avevano detto che sarebbero stati qui oggi, perciò trovare la macchina di Samuel lì fuori ad attendermi proprio quando volevo rinchiudermi in stanza a piangere per tutta la giornata, non è stata di sicuro la migliore accoglienza che potessi desiderare. Poi ho trovato te.» prende una pausa dalla sua spiegazione e sulla faccia si fa spazio un sorrisetto amaro. «Non bastava il fatto che il mio fidanzato fosse stato uno stronzo, mia madre e Samuel avessero deciso di rompere le palle a casa inspiegabilmente proprio oggi...no, dovevi esserci anche tu.» sputa le parole con acidità, e mi sento persino in colpa in questo momento.
«La mia relazione si è chiusa così, all'improvviso dopo un anno, e allo stesso modo tu sei piombata in camera mia, a dividere con me la stanza che stamattina, in particolare, avrebbe dovuto essere il mio solo rifugio. E così, avendo perso l'unico luogo in cui poter gridare e fare ciò che mi pareva, ho deciso, spinta dalla rabbia, di fare di te la mia valvola di sfogo. Quindi ho iniziato a scagliarti contro quelle regole e tutta la mia frustrazione, senza...senza sapere neppure perché me la stessi prendendo con te. Scusami ancora.» mi guarda con occhi acquosi, e dopo tutto ciò non posso fare a meno di comprendere il suo comportamento. Chiunque, dopo una rottura importante, se la prenderebbe con il primo che capiti, in particolare se questi si appropria all'improvviso della propria stanza.
Mi dispiace. Mi dispiace per quello che le è successo, mi dispiace di essere giunta nel momento meno opportuno, mi dispiace di aver fatto emergere il lato peggiore di lei.
Mi dispiace e voglio rimediare.
Così mi avvicino ancora di più a lei e l'abbraccio. Alison si lascia andare ad lungo pianto, cullata dalle mie parole di consolazione e i miei «Tranquilla, tranquilla.»
«È uno stronzo!» sbotta di tanto in tanto, e io annuisco, le do ragione senza conoscere neppure il suo ragazzo.
O meglio, ex ragazzo.
Dopo diversi singhiozzi e gemiti spiega che lui le ha fatto una scenata di gelosia; «un'inutile scenata di gelosia.» precisa tirando su col naso, perché crede che lei provi «qualcosa per qualcuno a lui fin troppo vicino», conclude evasiva. La situazione non mi è per nulla chiara, ma avrò sicuramente tempo per comprendere le dinamiche di questo posto. Quindi capisco che ora è meglio non andare oltre, ma le faccio notare che non deve preoccuparsi di nulla se le cose stanno come dice lei; il suo fidanzato si renderà conto dell'errore e verrà a chiederle scusa strisciando. Lei dovrà farlo prima penare un po', e solo dopo scegliere cosa fare.
Alison ride fragorosamente, e non so se sia per i miei consigli o per il modo in cui parlo d'amore senza conoscerlo per nulla. E in realtà è in momenti come questi, in cui mi sento presa terribilmente in giro, che oltre a farmi pena, mi rendo conto di quanto effettivamente sia sola; quei momenti in cui mi sento un'esperta in materia d'altri, quando nella mia non ho mai provato neppure a dilettarmi.
«Come la fai facile, Hayley.» sogghigna Alison. «Il mondo non va così; non è un susseguirsi di azioni e rispettive conseguenze. È quello che vogliono farti credere, ma non é così.» mi guarda intensamente negli occhi, e sono sicura che non si stia riferendo solo a quel poco che mi ha appena raccontato. C'è molto altro dietro.
«La vita non è una favola, Hayley.»-
Alla fine sono riuscita a trovare l'occorrente per gettarmi sotto la doccia; avrei dovuto armarmi sin dall'inizio di calma e tranquillità per trovare quello che cercavo. Guardo con fierezza il pigiama verde che adesso indosso; il pigiama che sono riuscita a scovare nonostante tutto. Qualche goccia d'acqua ne sta bagnando la maglietta, ma in realtà mi sta bene così. Non ho voglia di asciugare i miei capelli con il phone, così lascio che l'aria notturna, ancora afosa, lo faccia per me. Dopo aver riposto la spazzola nella mia borsa, mi siedo per un attimo sul pavimento della camera di Alison e faccio vagare la mente altrove; oltre le mura di questa casa, oltre i confini temporali di questa ora. E così arrivo a lui, il ragazzo della biblioteca: Shawn.
Stento ancora a credere che mi abbia rivolto la parola; non sono mai stata abituata alle attenzioni dei ragazzi, avendo vissuto per tutta la mia vita nell'ombra di Stacy. Erano tutti attratti dalla mia ex migliore amica per poter notare la piccoletta che le stava sempre attaccata, e l'unico ad aver provato a mostrare un minimo di interesse nei miei confronti mi è stato ""rubato"" da lei, in ogni caso.
Perciò mi stupisce il fatto che Shawn non si sia limitato solo a guardarmi attonito per il mio libro, ma sia andato anche avanti. È strano. Strano ma bello...mi fa quasi sentire speciale.
«Hayley, ho una buona notizia.» esordisce Alison facendo il suo ingresso con un sorriso smagliante. Non c'è più alcuna traccia del pianto di oggi sul suo viso. A quest'ora io avrei già gli occhi talmente da gonfi da poter vedere solo sfocato. Diamine, quanto la invidio.
«Dimmi tutto.» ricambio il sorriso.
«Per farmi perdonare per tutto quello che ti ho fatto passare oggi, ho deciso di farti una piccola sorpresa!» annuncia battendo le mani e saltellando sul posto emozionata.
Le rivolgo l'ennesimo sguardo interrogativo, e dopo avermi tenuta sulle spine per un po' mi dice che la sua migliore amica Amanda è appena tornata dal viaggio a Barcellona con sua madre.
Okay, fin qui nulla di vitale importanza.
«Devi assolutamente conoscerla!» prosegue eccitata. «E lei deve assolutamente conoscere te!»
Mi piace tantissimo questa versione di Alison; l'Alison che da quando l'ho consolata oggi pomeriggio mi guarda con occhi diversi, l'Alison che mi ha aiutato a cercare il mio pigiama, l'Alison che mi ha prestato il suo shampoo convincendomi persino ad utilizzare il balsamo, l'Alison che ora mi sta pregando di accompagnarla al centro commerciale con Amanda, domani.
L'Alison che si comporta da amica, vera amica. Come Stacy non ha mai fatto.
«E va bene, va bene. Verrò con te.» cedo alla fine, alzando le mani in segno di resa. Lei mi piomba addosso e mi abbraccia, ringraziandomi infinitamente e promettendomi che non me ne pentirò.
Dopodiché saltiamo sul letto. Alison crolla dopo cinque minuti, ma io ho questo grandissimo difetto di non riuscire a prendere sonno, se non dopo due ore passate a pensare. Così passo il tempo facendo giri intorno al letto, afferrando di tanto in tanto il cellulare in cerca di notifiche che non ci sono. Poi decido di dirigermi alla scrivania di Alison, così, giusto perché sono un'impicciona che non riesce a fare a meno di ficcanasare.
Sin da piccola, una scrivania piena di cose, una stanza inesplorata, una libreria impolverata, hanno sempre esercitato un certo fascino su di me. Perciò mi ritrovavo sempre a mettere sottosopra i cassetti proibiti, in cerca di un modo per aprirli ed appagare così la mia curiosità. Pertanto, anche stavolta le mie mani si trovano a sfiorare collane di ogni genere, bandane e milioni di agende vuote. Il tutto è così schifosamente in ordine che un impulso nervoso mi suggerisce di porre ogni cosa sottosopra. Afferro così una delle agende apparentemente immacolate e la scuoto un po', solo per fargli perdere quell'odore di nuovo che caratterizza questa stanza del tutto anonima.
Resto un po' sorpresa quando da una delle pagine sbuca una fotografia leggermente stropicciata e rovinata. Aguzzo gli occhi alla fievole luce del mio cellulare per poter mettere meglio a fuoco il volto di un'Alison più piccola, con le gote più rosee, un paio di occhiali a incorniciarle lo sguardo e i capelli scompigliati. È così naturale che sembra persino più bella. Più reale, quasi raggiungibile. Accanto a lei, un ragazzo dalla stessa bellezza disarmante sorride alla fotocamera, mostrando un viso gioviale mentre stringe Alison. Quello di lei si va ad incastrare perfettamente nella spalla del suo vicino, di cui accarezza i capelli castani. Gli occhi di lui, color nocciola e ridenti, sembrano quasi fissare me, spettatrice che da fuori osserva questo magnifico quadretto. Due ragazzini, l'uno stretto all'altra, che si completano a vicenda, su uno sfondo di cui non sarò mai a conoscenza.
Come didascalia una frase breve e concisa, ma scritta in maniera accurata:
"Tanti auguri al mio grande ed unico amore.-Cam"
Spazio autrice:
Ragazzi, mi scusa ancora dell'attesa e soprattutto per questo capitolo che non è sicuramente dei migliori. Tuttavia, quelli che avete letto finora sono stati solo di passaggio...la vera storia comincerà tra un po'!
Vi prometto che in queste settimane aggiornerò molto più spesso.
Vi ringrazio ancora del sostegno che mi mostrate lasciando un semplice commento, un voto o anche solo leggendo questa mio piccolo racconto.
Grazie di tutto!❤️
STAI LEGGENDO
Summer love. ||Shawn Mendes
FanfictionLe canzoni che parlano di amori estivi, Hayley le ha sentite sempre e solo di sfuggita. Lei non ne ha mai vissuta una, nella sua monotona vita, scossa da così tante delusioni, negli ultimi mesi, che ha sentito il bisogno di scappare da quella città...