Capitolo 7.

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Stanotte non ho chiuso occhio, avendo esaurito completamente il sonno durante il viaggio di otto ore in aereo.
Ho passato un bel po' di tempo a divincolarmi e ad agitarmi tra le lenzuola, e ciò non mi ha portata ad ottenere nulla, se non i grugniti di una Alison dormiente come risposta. Così, una volta messa da parte la speranza in un improvviso colpo di stanchezza, ho deciso di sgattaiolare nel piccolo cortile di casa Mitchell, che affaccia direttamente sulla strada; giusto per impegnare il tempo. Con passo felpato ho eluso ogni traccia della mia evasione dalla camera di Alison e mi sono diretta giù, con la stessa misurata e controllata prudenza.
Ora sono qui, seduta su uno dei gradini del porticato, con le ginocchia al petto e il mio pigiama sformato come unica difesa dall'umidità mattutina e dal venticello fresco che smuove le foglie dell'albero affianco a me. Non so neppure cosa stia aspettando mentre mi guardo freneticamente intorno, con addosso l'ansia che qualcuno possa passare e beccarmi in queste condizioni; perciò mi convinco che sono qui, a quest'ora, per vedere l'alba.
Il solo pensiero mi fa ridere, perché il mio gruppo di amici sfruttava al massimo la scusa dell'alba; ogni nottata passata fuori fino al giorno seguente unicamente per scolarsi qualche birra in più, era giustificata dalla vena poetica che li portava ad accamparsi lungo le vie londinesi solo per osservare il panorama pittoresco. Che poi, di quel rinomato panorama pittoresco a nessuno fregava nulla; in inverno, quando la città era ancora sul punto di svegliarsi, Stacy e il resto dei ragazzi rimanevano stravaccati su quelle panchine consunte fino all'orlo dalle loro pomiciate, e facevano di tutto, t-u-t-t-o tranne che prestare attenzione a quel breve momento da cui ha inizio la giornata.
Un sapore d'amaro s'impadronisce della mia bocca quando mi sembra di risentire alle mie spalle le risa dei miei "amici", che mi indicavano sghignazzanti perché più interessata allo spettacolo che mi si presentava dinanzi, anziché ai ragazzi barcollanti i quali erano solo in grado di offrirmi un sorso di birra in più.
Intravedo il sole sbucare dietro l'orizzonte, e a primo impatto, dopo tante ore di buio, tutti quei colori che caratterizzano questo splendido paesaggio mi feriscono gli occhi. Il violetto che ha occupato per tanto tempo il cielo va sfumando in un giallo splendente, a cui seguono una serie di tonalità calde, il tutto accompagnato dal profumo della rugiada mattutina.
La bellezza di questi momenti è indescrivibile, e neppure il migliore tra i poeti riuscirebbe a riportare per iscritto e a trasmettere la pienezza di istanti come questi.
Istanti che, con la loro naturalezza, per un attimo ti fanno dimenticare di questa pragmatica realtà fatta di tecnologia, smartphone e social network, ma ti ricordano che c'è un mondo al di fuori di essi.
Istanti che, in questa società di apparenze e finzioni, ti fanno sentire vero.
Vivo.

Quando la stanchezza inizia a sopraggiungere, sento arrivare con essa Alison, che varca l'ingresso con il suo passo delicato e ancheggiante, completamente diverso dal mio.
Complimenti, Sonno, tempismo perfetto.
«Ehi, già sveglia?» mi domanda accovacciandosi vicino a me, con la voce ancora impastata dal torpore mattutino.
«Diciamo che lo sono stata per tutta la notte.» abbozzo un sorriso incrociando il suo sguardo, e lei ricambia. Poi annuncia di dover andare a fare colazione, e io decido di non seguirla, ma di andare a cambiarmi, poiché il mio stomaco non è abituato al cibo a tale orario. Finirei per sentirmi male.
Dopodiché Alison mi ricorda dell'appuntamento che abbiamo con la sua amica Amanda, e si raccomanda affinché mi vesta bene, perché la sua amica è molto, molto, ma molto selettiva.
«Indosserò ciò che voglio.» ribatto facendo spallucce dall'alto delle scale. Non ho intenzione di sottostare ad un "codice di abbigliamento", dettato da una che tra l'altro neppure conosco!
Sono stanca delle etichette, dei "devo" e "non posso", della superficialità della gente. Voglio che le persone mi giudichino in base al mio carattere e al mio modo di fare, e non secondo la marca stampata sul fronte della mia t-shirt. Perciò sono determinata a non piegarmi alle regole di questa Amanda, e quando scendo giù con indosso una semplice canotta  arancio e un paio di shorts, Alison mi scruta contrariata.
«Non le piacerai.» sentenzia scuotendo il capo.
«Allora la cosa sarà reciproca.» stabilisco  io con un sorrisetto beffardo in viso.
Mio padre non si fa problemi ad accompagnarci al Toronto Eaton Centre, e noto che quando la mia sorellastra sale a bordo della Jeep, indossa un bellissimo vestito bianco decorato con motivi neri sulla scollatura poco accentuata e lungo i fianchi. Oltre ad essere bello, sembra essere anche molto costoso, e sicuramente esagerato per una semplice uscita al centro commerciale con la propria migliore amica. Le sottolineo lo spreco di un outfit come quello per un'occasione simile, e lei mi risponde che con Amanda sono
tutte occasioni importanti.
«E poi, se ne incontrano di ragazzi carini, lì.» ammicca guardandomi.
Uhm, capirai. Carini e senza cervello, un po' come Ben.
Al nostro arrivo, mio padre mi posa delle banconote da 100 in mano. Mi fa l'occhiolino, e mi prega di fare diversi acquisiti, dato che "il mio guardaroba ne ha bisogno".
«Be', allora grazie mille papà.» mugugno uscendo dall'auto.
Bah; non sapevo che avrei vissuto in una casa di fashion blogger, qui in Canada!
Superato l'ingresso, Alison si avvia, con fare esperto, dinanzi all'H&M informandomi che quello è il solito punto d'incontro con Amanda. Sono contenta che abbiano scelto questo negozio, perché ho la sicurezza che, almeno qui, tra gli scaffali pieni zeppi di magliette di ogni tipo, riuscirò sicuramente a trovare qualcosa che vada bene anche a me.
Mentre mi guardo intorno, incantata dalla struttura di questo centro commerciale, Alison mi spiega che è la maggiore attrazione turistica di Toronto, e allora mi viene da chiedermi come faccia la gente a preferire un insieme di negozi come tanti, alle milioni di bellezze di cui la città è sommersa.
«In inverno ci rifugiamo tutti qui; girare per i negozietti diventa il nostro passatempo preferito. Non ce ne stanchiamo mai. Ah, e poi a Natale...» prosegue con aria sognante, «è un po' come stare nel paese dei balocchi, ci trovi di tutto!»
Okay, Alison ne è proprio innamorata, ma, da come parla, mi piace pensare che lo sia per i ricordi legati allo stesso centro commerciale, piuttosto che per la merce messa in saldo.
Mentre continua a descrivermi affascinata le meraviglie di questo luogo, un urlo stridulo scavalca le voci dei passanti.
«Alisooooooon» grida una ragazza bionda in lontananza, dirigendosi verso di noi su dei vertiginosi tacchi a spillo.
La mia sorellastra corre spedita contro di lei, e quando finalmente s'incontrano, i loro corpi si uniscono in un solo, tenero abbraccio.
Okay, tenero fino ad un certo punto, perché dopo tre minuti di stritolamento, la cosa inizia a dare il voltastomaco persino a me.
«Aliiii» cinguetta l'amica quando finalmente si staccano. «Non puoi capire quante devo raccontartene!»
«Neppure tu!» trilla di tutta risposta l'altra.
«Già. Come va co..?»
«No.» l'interrompe Alison, rabbuiandosi d'improvviso. «Non oggi. Non parleremo di lui, o altri coglioni che non fanno altro che complicarci la vita. Piuttosto...non ti ho ancora presentato Hayley!»
Mi avvicino ad Amanda, e solo a adesso mi rendo conto di quanto siano diverse lei e Alison, esteticamente. Se la carnagione di Ali è tendente all'olivastro, quella di Amanda è pallidissima, se gli occhi di una sono scuri e quasi neri, quelli dell'altra sono color ghiaccio, se la mia sorellastra ha i capelli corvini, la sua migliore amica li ha talmente chiari da sembrare bianchi.
Sono i due opposti; la mora e la bionda. Due bellezze talmente diverse da completarsi a vicenda.
«Ehiii, sono Amanda!» mi abbraccia e io ricambio squittendo un piccolo «Piacere, Hayley.»
«Allora, Hayley, come mai qui?»
Le spiego che sentivo la necessità di rivedere mio padre, dopo due anni senza di lui. Alison interviene dando una quadro di tutta la nostra situazione familiare, mentre ci dirigiamo verso un piccolo bar. Ci accomodiamo sugli sgabelli, e prima di darci allo shopping più sfrenato, decidiamo di fare un po' di chiacchiere. Davanti alla sua lattina di coca-cola light, Amanda ci racconta dell'avventura che ha avuto con uno spagnolo, a Barcellona. L'ha conosciuto in un locale, e da lì sono finiti subito in camera sua, fino a quando non si sono lasciati la mattina successiva, senza salutarsi né vedersi mai più.
«Aah, quei muscoli...facevano invidia a quelli di Cam!» commenta alla fine Amanda, guadagnandosi uno sguardo truce da parte di Alison.
«Amanda...», la rimbecca stizzita.
«Scusami, scusami...niente ragazzi, hai ragione! Stavo dicendo; è stata una cosa da una notte e via, proprio come piace a me.» conclude soddisfatta.
«Perché? Non hai intenzione di legarti seriamente a qualcuno?» le chiedo accigliata.
«Certo che no! Le storie d'amore sono per bambini...dico bene, Alison?» la punzecchia prendendo un ultimo sorso dalla sua cola.
Ali sembra visibilmente a disagio; così si schiarisce la voce, getta un'occhiataccia alla migliore amica e poi si alza, esausta. «Andiamo a fare compere, che è meglio.»
Amanda la segue con lo sguardo, fa spallucce e poi aggiunge, prendendomi sottobraccio, «Io e te parleremo meglio dopo.»
Non so se preoccuparmi o meno.

Queste due ore trascorse con loro da H&M, finora, sono state una vera tortura. Amanda non ha fatto altro che criticare ogni abito che ho scelto; «Devi imparare a vestirti!» mi ha ripetuto di tanto in tanto, incitandomi a prendere quei top corti per cui le ragazze impazziscono tanto e che io odio.
«Non mi sento a mio agio, indossandoli.» le ho spiegato più volte, ma lei non ha fatto altro che ignorandomi con un gesto della mano, e mostrarmi altri di quegli stupidi top. Gli stessi che Alison mi ha chiesto di passarle per tutto il tempo, dandomi ordini dal suo camerino. Mi sembra davvero di esser sul punto di impazzire, sbattuta da una parte all'altra del negozio, trattata con una serva.
Non ho ancora trovato nulla per me, così approfitto di un attimo di distrazione delle due mie accompagnatrici per adocchiare qualche indumento da portare a casa.
«Non avrai mica intenzione di uscire con quello?» mi domanda la bionda, disgustata, vedendomi uscire dal camerino con un vestitino di jeans addosso.
Adesso basta. Non ne posso davvero più. Non posso provare nulla, senza sentire una dei suoi ""consigli"" sputati con acidità.
Rientro furiosa nel camerino, mi sfilo l'abito di dosso, e armata della mia borsa, supero Amanda con passo pesante.
«No, hai ragione; ho intenzione di uscire e basta!» sbotto, e la mia voce è così alterata che gran parte delle persone presenti mi osservano sbigottite, mentre un «Vaffanculo.» esce troppo forte dalla mia bocca.

Non so neppure dove mi stia dirigendo, so solo che sono furiosa. Sono stanca che tutti mi trattino con la stessa superiorità che mi riservavano a Londra. Credevo che almeno qui sarebbe stato diverso; e invece no. Sono rimasta la solita, brutta e sfigata Hayley. Quella debole,senza palle, quella da sfruttare e criticare senza aver alcun rimorso.
Pensavo sarebbe stato diverso.
Doveva essere diverso.
Mi scappa un singhiozzo mentre supero una parete rossa, su cui vi è incisa una scritta a caratteri bianchi, che nella fretta e con gli occhi offuscati dalle lacrime, non leggo neppure.
Non piangere Hayley, dannazione.
Non piangere.
Cammino, cammino dando spallate al primo che mi capita davanti. Sgomito tra la folla, mi perdo tra le persone, perché sono incazzata. Incazzata per Stacy e Ben, per mio padre e Ashely, per Alison e Stacy 2.0.
Li odio, e per la prima volta dopo mesi,  voglio sfogarmi.
Il negozietto di musica in cui m'imbatto all'improvviso, in questo momento sembra essere davvero una benedizione divina; proprio quello di cui ho bisogno.
Mi ci immergo subito dentro, aspiro quel profumo di nuovo che hanno i cd disposti in ordine di genere, artista ed epoca. Sono davvero tanti e affascinanti, e non so dove voltarmi prima; se verso i dischi di un tempo, tenuti con cura all'interno delle loro custodie in cartone, se verso le chitarre elettriche e i bassi che si ergono lungo le parti, se verso i tamburi e le percussioni che....
«Di nuovo tu?», una voce maschile mi fa coglie alle spalle, facendomi sussultare.
«Shawn?»

Summer love. ||Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora