Capitolo 16.

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Quando ero piccola, nel pieno delle mie convinzioni e logiche narcisiste e infantili, credevo che il clima atmosferico dipendesse dal mio umore.  Lo so; può sembrare stupido ma, in qualche modo, all'epoca sembrava avere senso. Infatti, ogni volta che ero giù di morale, dalla finestra della mia casa a Londra intravedevo grandi nuvoloni addensarsi nel cielo, e invece, quando ero felice, faceva così caldo che il sole schioccava con insistenza sulla mia pelle, quasi a non volersene più andare. Così mi ero convinta che il tempo venisse influenzato proprio da me, Hayley Mitchell, l'allora bambina di 5 anni con fin troppa immaginazione.
Solo col passare degli anni ho realizzato quanto fosse sbagliata la mia teoria e mi sono resa conto dell'effettiva questione; non sono le condizioni climatiche a dipendere da come io mi senta, bensì il contrario.

È sempre stato un fatto psicologico; le giornate che iniziano con quei gran cumuli di nebbia non si presentano mai come le migliori, e quindi il mio morale, come se avvolto da una specie di cappa di negatività, assume quasi il colore del manto Londinese. Tuttavia, oggi il tempo sembra prendersi gioco di me e delle mie "teorie", perché, mentre il sole pare voler tingere ogni cosa con una luce diversa là fuori, dentro io mi sento morire.

Esamino con meticolosità i dettagli della porta in mogano all'ingresso, come se l'invogliassi ad aprirsi e a portare notizie diverse, nuovi annunci e inizi. Un invito a staccarmi da questa parete a cui attualmente sembra essersi ridotto tutto il mio mondo. Fisso ancora la porta, e quasi ci rivedo Alison, ieri, che nella mia stessa posizione si tastava le labbra con aria sognante, dopo aver baciato il suo ex ragazzo. Anzi, il suo non più ex ragazzo, ma ex-unica cosa positiva nei miei circa 10 giorni qui in Canada.

Appena sento il lucchetto scattare, mi scosto velocemente dal muro lasciando su esso anche i miei pensieri e preoccupazioni riguardo Alison e Shawn, convincendomi che di loro non m'importa poi tanto, dato che il mio obiettivo ora è un altro.

«Papà,» esordisco quando Samuel Mitchell, carico di documenti e progetti in attesa di essere completati o approvati, mette piede in casa. «devo parlarti.»

Lui mi fa appena un cenno col capo. «Dimmi.» grugnisce quasi, depositando tutte le scartoffie sul tavolo della cucina. Sono costretta a rincorrerlo per fare in modo che mi ascolti e non scappi dalla mia richiesta.

«Voglio trovarmi un lavoro.» annuncio risoluta.

Mio padre alza lo sguardo dai fogli che sta compilando e lascia che gli occhiali che utilizza solo per leggere gli ricadano sulla punta del naso. «Cosa? » strabuzza gli occhi, confuso. «Non hai bisogno di lavorare; se vuoi dei soldi basta chiederli. »

«Non è per i soldi.» spiego con pazienza. «È per impegnare le giornate. Non so che fare qui...»

«Be', allora esci con Alison.» suggerisce continuando a spulciare fra le carte.

«Papà, sai che non andiamo d'accordo.» gli ricordo con sguardo serio.

«Invece dovreste.» agguanta soddisfatto uno dei tanti fascicoli e l'esamina con attenzione.

«Potresti mettere da parte questa roba?» sbotto, privandolo della cartella sotto il suo sguardo incredulo. «Voglio trovarmi un lavoro, e oggi andrò a cercarmelo, indipendentemente dalla mia punizione.» ribadisco. «Volevo solo che lo sapessi; ora puoi continuare a leggere.» lascio che l'insieme di fogli finisca con un tonfo sul tavolo, e salgo nervosa al piano superiore.

Lungo le scale, i miei passi pesanti rimbombano in tutta la loro rabbia, ma a quanto pare non sono abbastanza forti da coprire il suono della voce di Alison che proviene dalla sua stanza.

«Ehi, come stai?» chiede, ed immagino stia parlando al cellulare. In quel tono apprensivo e dolce riconosco, con un po' di rammarico, quasi la stessa ragazza che mi propose di accompagnarla al centro commerciale e mi consigliò il suo shampoo, e la cosa, inspiegabilmente, mi stizzisce.
La sento sorridere. «Dai, non fare lo stupido, dimmi la verità.» miagola, ed è allora che ho la conferma che la persona dall'altra parte del telefono è Shawn.
Ancora una volta, un'immagine di lui che la bacia con foga, affondando le mani in quella chioma scura, mi balena per la mente, e il mio sguardo cade inevitabilmente sul cellulare che stringo tra le mani. È passata una giornata da quando lui e Alison si sono riappacificati, e da allora non fa altro che tempestarmi di messaggi che non ho neppure aperto.
Non voglio nemmeno leggerli.

Summer love. ||Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora