Per la prima volta da quando mi sono imbattuta in lui, noto che anche Shawn stringe un libro tra le mani, che tiene un po' come se custodisse un piccolo tesoro.
Lo indico incuriosita.
«Allora leggi anche tu!» esclamo sorpresa.
Lui si acciglia per un attimo.
«Altrimenti non sarei qui in biblioteca...» mi fa notare con un occhiolino, ridacchiando.
Aguzzo gli occhi per un attimo, pensierosa, e quando finalmente mi rendo conto dell'assurdità che è appena uscita dalla mia bocca, decido di sfruttare l'acidità per rimediare alla mia figuraccia.
«Ma quanto sei divertente!» lo scimmiotto mentre lo vedo soffocare l'ennesima risata, cercando di sembrare il più seria possibile, anche se un'evidente nota di divertimento traspare dalla mia voce.
Lui se ne sta lì impalato, appoggiato contro lo scaffale e con quel bellissimo sorriso piazzato sul volto a fissarmi. E rimane così, a guardarmi come se stesse tessendo chissà quale tela, quale groviglio di idee esattamente sopra la mia testa.
Poi si riscuote dai suoi pensieri, e in questo momento mi ricorda tanto me. Me che viaggio continuamente con la mente, che mi faccio trasportare in mondi impensabili da una frase detta, non detta o lasciata a metà. Me che ogni tanto mi sento soffocare in un luogo di cui ho paura e mi armo di tutta la mia codardia per scappare dal posto in cui ho appena iniziato a mettere le radici. Me che "sogno troppo in grande" ma faccio "troppo poco". Me che sono troppo e mai abbastanza.
«Prima hai dato prova del tuo intuito con una cosa persino più stupida della mia,non puoi pretendere che non ti prenda in giro!» la voce di Shawn mi riporta alla realtà. Ecco, mi è ricapitato di nuovo. Mi sono persa nei miei assurdi film mentali. Devo evitarlo il più possibile, in particolare quando sono in compagnia di altri.
«Hai ragione.» ammetto con un sorrisetto mesto, avanzando verso i tavolini moderni, "Orgoglio e Pregiudizio" stretto contro il petto e il ragazzo che ho appena conosciuto che procede al mio fianco.
Approfitto del suo attimo di distrazione per rubargli il libro dalle mani, e nonostante il mio gesto improvviso, lui non si mostra per niente geloso del suo testo, ma al contrario, lascia che me lo rigiri tra le mani.
« "Imparare a suonare la chitarra"» leggo il titolo con aria solenne. «Oddio, vuoi imparare a suonare?» domando sempre più sorpresa da questo ragazzo.
«Be', in realtà so già farlo...o almeno, sapevo. È da più di un anno che non prendo in mano il mio strumento.» mi spiega con un leggero imbarazzo. «Perché quell' "Oddio"?» mi fa il verso con una vocina acuta, e io gli do una gomitata ridendo.
«Suonavo anche io.» confesso.
«Perché hai smesso?»
«E tu perché l'hai fatto?» chiedo con lo stesso tono, tenendo lo sguardo fisso su quel tavolino che i ragazzi di fronte a me stanno per liberare.
«Ehi!» protesta lui. «Non puoi rispondere ad una domanda con una domanda!»
Io mi affretto verso la sedia da cui una ragazza si è appena alzata e mi ci piazzo sopra, sorridendo appagata e stringendo i pugni vittoriosa. È sempre una soddisfazione riuscire ad accaparrarsi un posto in una sala piena di gente.
Shawn, invece, afferra con calma il dorso della sedia di fronte alla mia, lo accosta con lentezza al tavolo e ci si accomoda con la stessa snervante tranquillità.
«Allora non sei per niente intenzionata a rispondermi.» osserva con tono critico.
Io scuoto la testa con un sorrisetto beffardo «Prima tu.» lo incalzo con un gesto della mano.
Lui tira un sospiro e poi lo vedo aggrottare le sopracciglia, con uno sguardo perso nel vuoto, come in cerca delle parole giuste da utilizzare.
«Ehm...diciamo che non ero nel migliore dei miei periodi quando ho deciso di abbandonare la chitarra.» lo dice in maniera grave, e noto che a quella frase il suo volto si è rabbuiato e il sorriso che aveva fino a pochi minuti fa, adesso si è spento. Non mi piace vederlo così, nonostante l'abbia appena conosciuto.
Shawn sembra un ragazzo solare e simpatico, e mi dispiace il solo pensiero che si possa nascondere della tristezza dietro quella maschera di apparente felicità. Così provo a tirarlo su di morale.
«Be', allora dovresti sentire il mio, di periodo tra non i migliori!» esclamo, e lo vedo incuriosirsi. Milioni di espressioni gli attraversano il viso mentre racconto delle mie ciocche rosa, i vestiti neri, la matita da Dark e le lamette a mo' di collana. Ridiamo fragorosamente insieme quando gli parlo di quella volta in cui dipinsi la camera di scuro, poi mi resi conto che alla fievole luce della mia lampadina da notte, quell'alone nero, tanto simile ad una fitta nebbia invernale, mi metteva davvero paura. Così decisi di alzarmi dal letto, e non so cosa feci esattamente, mossa da quello stordimento tipico del dormiveglia; sta di fatto che mia madre mi trovò alle 3.00 a.m con un pennello in mano, metà stanza di un colore e l'altra metà di un altro. Inutile dire che mi punì pesantemente, e altrettanto inutile precisare che, presa dal fervore della nuova me incontrollabile, non l'ascoltai per nulla.
Shawn non riesce a trattenersi, è quella risata mi mette davvero di buon umore; mi fa vedere con occhio comico quelle che fino a poco fa erano le esperienze peggiori della mia vita, e non posso che essergli grata di questa ventata di leggerezza e positività che sta portando nella mia giornata.
La signora sull'ottantina ci scruta in lontananza, e ritorna verso di noi con uno sguardo che incenerirebbe chiunque.
Stavolta è Shawn quello che viene sorpreso da dietro, quando l'anziana poggia le mani scheletriche sulle sue spalle larghe. Lui trasecola per un attimo, ma prima che possa parlare,
la donna lo rimprovera.
«Giovanotto, tu e la tua amica state facendo parecchio baccano. Qui c'è gente che sta provando a leggere! Smettetela subito, o sarò costretta a sbattervi fuori!»
La sua voce è insopportabilmente graffiante, e vorrei dirle di non infastidirci; il 70% di quelli che sono qui stanno facendo di tutto, tranne che leggere.
Faccio per aprire bocca, ma Shawn mi precede «Mi scusi tanto signora; la ragazza è qui da poco, non conosce le regole di questa biblioteca, e io, da stupido quale sono, non gliele ho ancora spiegate. Mi perdoni!» dice rivolgendole un amabile sorriso. La signora si addolcisce subito, e ci lascia raccomandandoci di non preoccuparci; va bene così.
Osservo Shawn a bocca aperta, stupita ma leggermente infastidita.
«È così che conquisti tutte le ragazze?»
Lui sogghigna. «Non so se quella si possa definire esattamente una ragazza. Comunque, avrei risposto in questo modo anche se fosse stato il mio peggior nemico.» Cerca il mio sguardo, ma io sto facendo di tutto di evitarlo. Sto provando a farmi un'idea chiara su di lui mentre torturo la copertina del mio libro; lo conosco da poco, e da quello che ho appena visto non so proprio se sia uno dei classici ragazzi bravi con le parole, o sia proprio così; buono e gentile, cordiale e affabile.
Regna il silenzio per un po', e afferro il mio cellulare mentre Shawn è immerso nella lettura. Al momento non riesco per niente a concentrarmi su "Orgoglio e Pregiudizio", ma non voglio neppure andarmene. Non so perché.
Mi ritrovo a sfogliare la galleria, e per qualche strana ragione mi fermo su una foto di Ben. Cosa ci fa qui?Credevo di averle cancellate tutte.
«È lui?» chiede d'un tratto Shawn. Dovrò essere impallidita o qualcosa del genere, ed è una cosa che mi dà tremendamente fastidio; dovrei aver già dimenticato Ben.
«Cosa?» fingo di non aver capito.
«La ragione per cui sei qui.»
«Be'...non solo.»
«Ti va di parlarne?»
Lo guardo dritto negli occhi, mordendomi il labbro inferiore. Per tutto questo mese non mi sono davvero sfogata con nessuno; ho tenuto ciò che è successo dentro di me, sia perché non avevo voglia di rivivere quei momenti, sia perché non avevo nessuno a cui poter raccontare ogni cosa.
Non so neppure il cognome di questo ragazzo, ma c'è qualcosa in lui...qualcosa che mi suggerisce di fidarmi. E decido di farlo.
Apro la bocca per iniziare la mia bruttissima storia, e in quel momento vengo interrotta dalla suoneria fin troppo rumorosa del mio cellulare. Tutti si girano verso di me, la signora sull'ottantina compresa, che mi rivolge uno sguardo di fuoco, ora che Shawn non può vederla.
È mio padre.
«Papà?»
Dall'altra parte del telefono mi risponde una voce, urlando: «HAYLEY, DOVE DIAMINE SEI? ASHLEY MI HA CHIAMATO PREOCCUPATA, NON RIESCONO A TROVARTI. SEI USCITA DI CASA SENZA NEPPURE AVVISARE? CHE DIAMINE TI PASSA PER QUELLA TESTA?»
Prosegue così per circa cinque minuti, e scommetto che Shawn stia ascoltando tutto, abbastanza preoccupato. È incredibile; le parole che mi scaglia contro si sentono chiaramente anche dell'esterno, come se fosse in viva voce. Peccato che non lo sia.
«Sì, sto tornando a casa. Sono già per strada...dammi, dammi cinque minuti e sarò lì.» farfuglio alla fine.
Riaggancio con un certo sollievo di aver ripreso a sentire da un orecchio, ma allo stesso tempo con l'ansia di dover essere in quella maledetta villetta in meno di un'ora.
«Ehi, scusami ma devo proprio scappare ora.» dico riluttante a Shawn. La sua compagnia mi faceva davvero piacere; non scherzavo così con qualcuno da un bel po' di tempo.
«Posso accompagnarti, se vuoi.» propone lui.
«NO» scatto immediatamente, e poi vedo la sua espressione indecifrabile, un misto di sorpresa e delusione. «Cioè...non che non mi faccia piacere, ma non voglio disturbarti, e soprattutto non voglio che mio padre inizi a farmi domande inopportune.» confesso imbarazzata. Non so se lui mi abbia creduta o no, ma è la verità, in ogni caso. Forza un sorriso e mugugna «Okay, possiamo sempre....», ma prima che termini la frase io sono già verso l'uscita, con il timore che mio padre possa davvero uccidermi stavolta. «Ci vediamo in giro... o semplicemente in biblioteca!» gli urlo da lontano, guadagnandomi l'ennesimo sguardo furente da parte dell'anziana.
Non mi volto a vedere un'ultima volta la reazione di Shawn, perché ho paura che sia in grado di farmi restare.
Inizio a correre come ho solo fatto una volta nella mia vita, quando in terza elementare partecipai ad un corsa a scuola ed ero determinata a fare di tutto per vincere. In quell'occasione arrivai seconda, ma oggi non posso permettermi neppure quel minimo di ritardo che allora mi portò a vincere una piccola medaglia d'argento.
Mio padre non è mai stato esageratamente severo con me, perciò quella ramanzina così esasperata, poco fa, mi ha messo davvero i brividi addosso. Sono più che sicura che se Ashely non gli avesse condizionato la mente con qualcuna delle sue stupidaggini, non si sarebbe comportato in quel modo.
Quella donna lo sta cambiando, e non posso permetterle di farlo.
In circa una mezz'ora sono sul porticato di casa. Ho dimezzato i tempi, e adesso mi ritrovo a boccheggiare grondante di sudore. Cavolo, ho bisogno di una doccia, subito.
La compagna di mio padre mi accoglie con una maschera di preoccupazione sul volto; l'ennesimo trucco che si aggiunge alla gran quantità con cui si è dipinta la faccia.
Io non l'ascolto proprio mentre farnetica qualcosa sul fatto che le sia preso un colpo quando non mi ha trovata più, avrei dovuto avvisarla e bla bla bla. Solo chiacchiere...come se le importasse davvero qualcosa di me.
Le rispondo seccamente che non avrebbe dovuto allarmarsi; so badare a me stessa, e ho un cellulare proprio per le situazioni di difficoltà.
Non so cosa ribatte lei mentre salgo le scale, né tantomeno m'interessa.
Levo gli occhi al cielo intravedendo Alison seduta sul bordo del letto, con il cellulare tra le mani. Non ho voglia di ascoltare anche lei, sua madre e mio padre mi sono già bastati.
«Hayley.» esordisce appena faccio il mio ingresso in stanza.
«Non ora, Alison. Sono entrata solo per prendere la mia roba. Ho bisogno di una doccia, e non ho proprio la testa per le tue stupide regole.» sbotto nervosa.
Lei mi spiazza ancora di più della prima volta in cui l'ho incontrata, annunciando decisa: «Volevo chiederti scusa.»Spazio autrice:
Ragazzi, dopo questo è definitivo; il prossimo capitolo uscirà solo intorno al 18.
Continuate comunque a seguire la storia, e lasciatemi un commento per dirmi se vi piace o meno.
Grazie ancora a tutti quelli che sono arrivati fin qui.❤️-fra
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Summer love. ||Shawn Mendes
FanfictionLe canzoni che parlano di amori estivi, Hayley le ha sentite sempre e solo di sfuggita. Lei non ne ha mai vissuta una, nella sua monotona vita, scossa da così tante delusioni, negli ultimi mesi, che ha sentito il bisogno di scappare da quella città...