Capitolo 39.

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Se c'è una cosa che mi ha sempre infastidita è il non-sapere.
Per un motivo a me ancora sconosciuto, sono cresciuta con una sorta di visione finalistica della realtà; ogni cosa per me ha uno scopo e non lascio mai nulla al caso.
E forse è per questo che da piccola collezionavo agende in cui programmavo scrupolosamente ogni mia giornata, secondo quello che Stacy definiva un disturbo ossessivo-compulsivo, io invece un naturalissimo e semplicissimo bisogno di controllo. Probabilmente la mia ex migliore amica ha sempre avuto ragione; d'altronde solo questa diagnosi potrebbe giustificare quell'incontrollabile senso di impotenza che mi assale nel momento in cui tutti i miei piani vengono smembrati. E potrebbe giustificare anche questo tipo di odio che provo per qualsiasi cosa mi circondi, ora, me stessa compresa.
Provo rabbia perché non so. Non so dove andare, con gli occhi offuscati dalle lacrime e il corpo scosso da brividi. Non so dove mi trovo, e l'odore di salsedine che si leva in lontananza é il mio solo indizio. Non so perché mi trovi in questa situazione, ancora incapace di realizzare ciò che è successo.
Non so, non capisco perché lui mi abbia fatto questo.
Posso sentire la sabbia infilarsi fastidiosamente nelle mie scarpe, ma non m'infastidisce. I granelli sono estremamente sottili, quasi delicati. Lascio che scorrano tra le mie mani, mentre mi accomodo sul suolo, esattamente come faccio con questo momento. Il mare di sera è incredibilmente calmo. Con la luna che si riflette indissolubile sulla scura superficie vitrea e le onde che si infrangono sul bagnasciuga in maniera regolare, ogni cosa sembra avere un proprio ordine, ritrovare un proprio posto. Persino io mi sento più tranquilla, in pace, insensibile a tutti il resto. Come se, dopo tutto questo, niente potesse farmi più del male.
«Hayley!» una voce fende l'aria e interrompe il flusso costante dei miei respiri e delle onde. È calda e piena, e la riconoscerei ovunque. Anche nell'oscurità, il viso di Shawn, che mi fissa dall'alto col fiatone, sembra quasi brillare, imperlato di sudore, insieme alle stelle che ammantano il cielo.
«Shawn?» domando confusa. «Che...che ci fai qui?»
«Non lo so.» una risata si fa spazio tra i respiri pesanti mentre si siede a terra. «Ho lasciato i ragazzi al luna park per tornare a casa a cercarti; avevo una specie di brutto presentimento. Ma...mentre ero per strada qualcosa mi ha detto di venire qui. Sentivo come...sapevo che ciò che cercavo fosse in spiaggia. E ti ci ho vista subito.» i suoi occhi mi scrutano euforici. «Buffo, no?»
Mi limito a rispondergli con una muta scrollata di spalle. Non ho voce per far da eco al suo entusiasmo.
«Ehy,» una piccola riga di preoccupazione si disegna sul suo viso allarmato, vicino al mio. «cos'è successo?»
Anche stavolta mi mancano le parole.
Shawn punta gli occhi scuri, pieni di fiducia e speranza, nei miei, acquosi e persi. «Con me puoi parlare,» accarezza la frase come fa con la mia mano. «lo sai, vero?»
Per tale motivo esordisco nella piattezza più assoluta e senza farmi attendere; «Sono io il problema?»
Il mio tono, vuoto e trascinato, sembra in qualche modo spiazzare anche Shawn.
Aggrotta le sopracciglia, persino più spaventato di prima. «Assolutamente no.» mi mormora sulle labbra, la fronte contro la mia e una mano tra i capelli. «Perché dovresti esserlo?»
Adesso lo fisso io. Incontro i suoi occhi, che sono così belli, mentre cercano dolcemente qualcosa che non c'è più. Qualcosa che è scomparso esattamente questa sera, nel momento in cui la persona a cui aveva affidato il mio tutto ha tentato di approfittarsene nel più indegno dei modi. Shawn, che è così diverso da Cameron, però merita una spiegazione. Perciò, tra le lacrime, mi ritrovo a dire ad alta voce ciò che mi è successo; Cameron ha cercato di violentarmi. È una frase strana, vuota; sembra quasi inadeguata a...tutto quello. Ma è esattamente com'è andata.
Shawn mi ascolta, fermo, mentre nel panico tento di raccontare la serata più brutta della mia vita, con risultati più che scarsi. Ma lui mi segue, nonostante le mie parole siano incomprensibili tra i singhiozzi. Lo fa fino alla fine, quando mi abbraccia e dice che va tutto bene. Lo ripete una, due, tre volte. Credo che riesca a convincere più sé stesso che me. Shawn è così; ha bisogno di dirlo. Lui non ha agende o diari per detenere il controllo sulla sua realtà; si fa bastare le parole. Ma è appena mormora un roco e sentito «Mi dispiace.» che comprendo che, a volte, persino i più forti mollano la presa.
«Non doveva andare così.» è tutto ciò che effettivamente penso di questa situazione, per quanto banale possa sembrare.
«Hai ragione.» acconsente lui, forse per la prima volta d'accordo con me. «Ma del resto gli amori vanno così. La gente commette errori, li comprende -a volte-, ma ti lascia ferite.» sussurra. «Forse non mi crederai, ma un giorno sarai grata anche al più piccolo dei segni sulla tua parole per averti resa chi sei.»
«Io non voglio solo cicatrici, Shawn.» gli confesso. «Voglio qualcuno che mi ami davvero.» mi sorprendo nel non sentirmi poi così a disagio, sebbene gli abbia rivelato uno dei miei pensieri più intimi.
«Lo troverai.»
«Come fai a saperlo?» lo incalzo. Voglio una risposta. Una sicurezza.
Shawn ride e getta uno sguardo al mare. «Lo so e basta. Stento a credere che la mia persona non esista. Insomma, ci dovrà pur essere qualcuno disposto a...non lo so, amarmi così come sono. A restare nonostante tutto.»
«E tu perché lo fai?»
Shawn mi guarda stranita. «Cosa?»
Mi schiarisco la voce. «Tu perché lo fai, con me?» lo guardo negli occhi. «Resti nonostante tutto. Ci sei sempre. Perché?»
Shawn adesso evita il mio sguardo. Lascia che il suo finisca sulla sabbia, i cui granelli nascondono chissà quali segreti. «Non lo so.» decide alla fine. «A me piace starti accanto. Solo questo. Mi fa sentire veramente bene ma...a dirla tutta, non ho una risposta precisa. Non ancora.»
Mi lascio sfuggire un sorriso tra le lacrime. «Allora non sono poi un problema così grande.»
Anche le labbra di Shawn si piegano leggermente, addolcendogli il viso finora corrucciato in un cipiglio. «Non lo sei mai stata per me.»
Stavolta sono io a stringergli la mano, forte, cogliendolo un po' di sorpresa. Non è abituato a questo tipo di gesti da parte mia. «Come posso ringraziarti?»
«Non devi.» si affretta a rispondere lui. Ma subito dopo il suo sguardo finisce sull'orologio che porta al polso sinistro. «Anche se in realtà qualcosa potresti farlo...»
Alzo appena un sopracciglio finanzi a un'espressione fin troppo appagata. «Cosa?»
«Che ne dici di un bagno di mezzanotte?»
«Assolutamente no.» ribatto ferrea a quel sorriso compiaciuto.
Nello scrutare terrorizzata la pozza scura che sembra il mare a quest'ora, la mia convinzione si fa sempre più forte. Nonostante ciò, Shawn non demorde. Quando mi trascina di peso fino alla riva, riusciamo finalmente a giungere a un compromesso. Decidiamo dunque m'immergerò solo fino alle ginocchia e a Shawn, almeno apparentemente, sta più che bene.
Così lascio che, intrecciando le dita nelle mie, lui mi guidi con sicurezza tra le onde, combattendo quello che è il primo impulso da parte del mio corpo di ritrarsi al contatto con il freddo. Il sostegno di Shawn si rivela tuttavia utile solo fino a quando non è lui stesso a decidere che sono stata in piedi per troppo tempo, e quindi, con un improvviso spintone, mi scaraventa in acqua. Colta del tutto di sorpresa, ne riemergo travolta dai brividi e da un senso di vendetta che mi porta a trascinarlo giù con me in un batter d'occhio.
Finiamo, come due bambini ridenti, col farci la guerra schizzandoci a vicenda, i vestiti praticamente incollati addosso e la spensieratezza impressa sui volti. Stiamo così bene da dimenticarci di tutto e tutti, temperatura compresa, per lunghi attimi. Per cui, solo quando siamo troppo esausti per proseguire nella nostra battaglia, inizio ad avvertire effettivamente il freddo. I tremori cominciamo perciò a scuotere ogni centimetro di me e, appena Shawn se ne rende conto, non esita ad abbracciarmi per scacciare i fremiti. Sebbene sia inizialmente restia al contatto, mi ritrovo a cercare quasi avidamente il suo corpo, caldissimo a discapito dell'ambiente intorno a noi. Mi lascio cullare dalle sue braccia forti, dalla protezione che mi trasmettono, stretta al suo petto, in una specie di porto al sicuro da tutto il resto. Anche la mia pelle pare andare a fuoco, contro la sua, come se entrambi fossimo travolti da un calore nuovo e sconosciuto.
«Va meglio?» domanda Shawn, abbassando il volto per puntare gli occhi nei miei.
Siamo così vicini, ora, che i nostri fiati sembrano unirsi in un unico, leggero respiro, in accordo con quello del mare.
«Mh mh» faccio automaticamente, e il mio sguardo cade sulle sue labbra.
Sono belle e rosee, e mi rendo conto che starne lontana è insostenibile per me. Io le voglio. E anche Shawn le vuole. Siamo due fuochi, adesso, spunti da quell'unico calore. Bruciamo, ma non abbastanza. Abbiamo bisogno di più forza, e la troviamo solo quando, dopo quella che sembra un'eternità, finalmente ci congiungiamo e la nostra fiamma può divampare.
Così io e Shawn ci baciamo.
Ci vogliamo e ci desideriamo.
Lo sappiamo dal modo in cui le nostre mani esplorano ogni centimetro di pelle dell'altro, dal modo in cui ogni bacio non sembra saziarci, ma solo invitarci a chiederne avidamente di più.
Tuttavia, così come un fiammifero che d'improvviso, con la sua luce, squarcia l'oscurità, pretendendo di sconfiggerne le ombre, ma poi finisce con lo spegnersi con la stessa velocità, anche noi siamo destinati a farlo. A spegnerci. E sono io a premetterlo.
«Aspetta...» è l'insicurezza che s'impossessa di me a separarmi da lui. «Non possiamo.»
«Non m'importa.» cogliendomi del tutto alla sprovvista, Shawn non attende un attimo prima di attirarmi nuovamente a sé, cingendomi i fianchi. «Sono stato un idiota, Hayley, lo so.» annaspa sul mio volto, deciso, gli occhi veri, onesti, nei miei. «Un grandissimo idiota. Io ho sempre conosciuto quella risposta, nonostante non volessi ammetterla a te e...a me stesso.» il suo sguardo vacilla per un secondo. «Ma ora non ho più scuse.» prende un respiro. «Non ti ho baciata perché sono ubriaco, e non ti sto accanto solo perché stai male. Io lo faccio, l'ho sempre fatto...perché mi sono innamorato di te. E non so quando, non so per quale ragione, non so in che modo...so solo che è così.», sorride. «E non m'importa di Cameron, Alison e tutti gli altri. Io voglio solo te, Hayley. Così come sei, con tutti i tuoi fastidiosissimi difetti che...Dio, mi piacciono. E voglio sapere se tu cerco lo stesso, indipendentemente da loro. Mi basta un sì o un no. Giuro che dopo ti lascerò in pace.»
Shawn mi fissa prendendomi il viso tra le mani, il fiato corto e le sopracciglia aggrottate.
Non è mai stato così bello e sincero come in questo momento, con il labbro inferiore gonfio e rosso, tremante dopo aver sussurrato quel segreto che forse cela da troppo tempo.
E io non ho mai voluto sentirlo così mio come in questo momento.
Quindi lo bacio, ancora. Con più foga, con più forza, per più tempo.
Voglio che questo sia per sempre, che noi lo siamo.

Shawn ride sulle mie labbra. «Lo prendo per un sì.» mormora.
«È un sì.» confermo, passandogli una mano tra i capelli. Poi l'abbraccio, come se sentissi già la mancanza di lui, di questo momento, in vista di ciò che la realtà ci riserva. «Cosa faremo con gli altri?»
Shawn scuote il capo. «Non lo so.» imprime un altro bacio sulla mia bocca e poi sorride. «Ma ce la faremo.»

Se c'è una cosa che mi ha sempre infastidita è il non-sapere.
Ma, a dire la verità, mai come in questo momento sono stata contenta di non avere risposta.


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Avevo creduto, nonostante il mio ultimo avviso, di averlo perduto. E invece l'ho trovato proprio qui, tra le bozze di Wattpad, mentre giravo tra le app in questo momento di pausa.
Ecco a voi.
E con questo, ci salutiamo. È stata, a suo tempo, una bella avventura. Vi ringrazio tutti❤️

Summer love. ||Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora