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POV Marta

È bastato un secondo e la nostra vita è cambiata per sempre: abbiamo scoperto cos'è l'SSR, abbiamo capito perché a volte la mamma torna a casa distrutta e imbrattata di un liquido rossastro: non era pittura come ci avevano fatto credere, quello era sangue. La mamma non era un'aiutante imbianchino ma un agente segreto.
È difficile da credere: la mamma ha sparato e ucciso delle persone.

Solo a pensarci mi vengono i brividi. 

Io e May non possiamo più andare a scuola o tornare a casa: adesso abitiamo in un edificio a mattoncini rossi al terzo piano e non usciamo da qui da ormai una settimana. Non capisco, è come se ci volessero punire per aver salvato la vita a nove persone tra cui anche mamma e papà. Anche lui è un agente dell'SSR.

May non è più la stessa: è come se si fosse spenta. Le piaceva andare a scuola inoltre è stato un duro colpo per lei sapere che vivevamo nelle bugie che i nostri genitori ci raccontavano. Vederla adesso tra queste mura è  come vedere un pesciolino rosso in una vaschetta: gira, gira finché non muore. Non so come fare per tirarla su di morale.

- Ehi May! -

Mi guarda con i miei stessi occhioni blu oceano ma i suoi sono spenti.

- chiediamo se ci fanno tornare a casa-

Mi fissa, i suoi occhi tornano a brillare per un po' ma poi tornano spenti e torna a guardare il mondo dalla finestra della nostra stanza.

-sarebbe bello- dice senza enfasi- ma non credo che ce lo lascerebbero fare-

-sempre melodrammatica, eh!? -

Si volta nuovamente e la sua bocca si tira in un sorriso senza gioia

-già - si interrompe per qualche istante per pensare increspando la fronte- ma tanto vale provarci no!? - mi corre in contro e mi abbraccia. Finalmente è felice. Mi prende per mano e mi trascina verso la porta

-grande idea Marta! - si gira con un sorriso stampato in faccia.

Siamo davanti alla porta May mi lancia un ultimo sguardo per trovare conforto: siamo tese quanto una corda di violino. Una volta varcato questa soglia avremo tutte le risposte ai nostri perché ma soprattutto ci diranno se potremo tornare a vivere.

Sentiamo un veloce scatto della serratura e vediamo la parta aprirsi velocemente quasi con fare frenetico come se da un momento all'altro potesse crollare il palazzo.  La porta cozza contro i nostri nasi e mi scappa un piccolo urletto di dolore che soffoco quasi subito: non so perché lo faccio ma a me non è mai piaciuto far credere agli altri che soffro.

May invece strizza gli occhi serrando la mascella cercando di non far trasparire troppo le emozioni che prova, soprattutto davanti a gente sconosciuta. Anche lei ha il mio stesso vizio.

- Ma che..?! - una voce sconosciuta inizia a parlare - vi siete fatte molto male? - è un uomo alto capelli scuri, quasi neri tagliati corti. Ha qualche ruga in volto: avrà all'incirca cinquant'anni e indossa un camice bianco che è impregnato dello stesso puzzo del disinfettante ospedaliero.

Io e May ci lanciamo un'occhiata stranita. E lei inizia a parlare

-niente, non ci siamo fatte niente. -
Rimango stupita: non ho mai sentito usare questo tono a May. Gelido come il ghiaccio sulle montagne e quasi ringhiato. C'è qualcosa che non va. Ci deve essere per forza qualcosa che non va.

-venite con me- dice l'uomo con il suo vocione profondo e autoritario mentre le sue grandi mani ci afferrano per le braccia.
Nessuno mi aveva mai strattonato per le braccia e nessuno, mai, si deve permettere di farlo. Questo suo gesto mi infastidisce come non mai: devo assolutamente liberarmi.

Credo che le sensazioni che sto provando io adesso le sita provando anche May che inizia a divincolarsi e anch'io faccio lo stesso ma senza successo. Inizio ad urlare, non è possibile che un gigante sconosciuto entri in camera nostra improvvisamente è inizi a darci ordini trascinandoci quasi di peso chissà dove!

-lasciami, lasciami! -

-molla mia sorella mostro! - May cerca di sferrare un calcio al nostro rapitore che però lo schiva con agilita.

Ad un tratto l'uomo misterioso in camice bianco si spazientisce e inizia ad inveire contro di noi fermandosi di colpo e iniziando a strattonarci ancora di più.

-basta!! - urla dopodiché rinsaldando la presa ci scuote come se fossimo dei piccoli cadaveri senza vita.

Sono frastornata e il cuore mi rimbomba nelle orecchie. Devo scappare, devo liberarmi: ora so cosa provano gli animali in gabbia allo zoo.

Basta uno sguardo veloce a mia sorella per farmi ritornare la lucidità: panico. I suoi occhi sono arrossati quasi di selvaggi e il suo respiro non accenna a calmarsi. Un ultimo sguardo per capire che quello che ne seguirà non sarà niente di buono, anzi...

- May, no! - provo a fermarla ma evidentemente non serve a nulla: il richiamo della libertà è troppo grande.

Si ferma, tira un calcio all'uomo dritto dritto all'inguine così la presa delle sue mani si allenta un pochino, quanto basta per strappare le nostre braccia lontano dalle sue grinfie e scappare.

L'uomo in camice chiama i rinforzi e adesso abbiamo ben quattro persone alle calcagna.
Corriamo senza mai guardare indietro senza mai fermarci in cerca di un'uscita che ci renda libere.

I passi dietro le nostre spalle si fanno sempre piu pesanti e rumorosi: si stanno avvicinando velocemente. Miseriaccia!
Ci catapultiamo giù dalle scale e imbocchiamo parecchi corridoi: questo posto sembra un labirinto!

Corriamo, corriamo finché...  spalle al muro: vicolo cieco. Ci giriamo a destra e a sinistra in preda ad un'ansia terribile cercando una via di fuga

-ci stanno per raggiungere! - urla May agitata

- lo so! - non so cosa fare: quando sono agitata sono a corto di idee.
Gli occhi di mia sorella si illuminano improvvisamente è mi sorride indicando un punto sul muro

- una porta! - adesso la vedo anche io! Sul muro difronte a noi, coperta da uno specchio per mimetizzarla c'è una porta! Sorrido a mia volta e scattiamo in avanti ma un agente si mette tra noi e la nostra meta.

May è più agile e si tuffa tra le gambe dell'agente in modo che con una breve scivolata sia già con una mano tesa pronta per scoprire cosa c'è dietro al traguardo.

Tento di fare la stessa cosa raggiungendo la porta in scivolata ma sfortunatamente l'uomo riesce ad afferrarmi.

- May aiuto! -

May si volta di scatto cercando con gli occhi qualcosa che possa esserle utile: siamo troppo piccole per contrastare da sole un enorme orso grizzly che mi tiene ferma per un braccio intimando urlando a mia sorella di fermarsi.

May corre verso il cestino dei rifiuti e afferra con poca convinzione il coperchio di metallo scagliandolo nella nostra direzione : che mira! Prende in pieno il naso dell'agente che molla subito la presa.

-lascia stare mia sorella!! -

Appena tutti gli altri ci raggiungono noi stiamo già correndo per le scale che abbiamo scoperto esistere dietro la porta-specchio ed infine...  libertà.

Il rumore vicino delle macchine, la gente sul marciapiede, gli odori della città...

Torniamo a vivere: è come un sogno.

Ma finisce troppo presto.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora