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Oggi è l'undicesimo giorno.
Sono la più brava credo di tutta la scuola e sono l'orgoglio dei miei insegnanti. Anche se questo comporta fare male alle mie compagne. Non mi faccio troppi problemi a spaccare le ossa a qualcuno: è normale.
In questi giorni ho scoperto di essere molto più forte delle altre e sono anche più resistente! 
Bello essere figlia di Captain America.
Mentre mi sto allenando in uno scontro amichevole con le ragazze più grandi la donna in blu entra nella stanza e tutte noi ci mettiamo sull'attenti.

La signora ha un'aria preoccupata: strano.
Senza dire niente sceglie alcune di noi con lo sguardo come suo solito fare e questa volta sceglie anche me. Sono preoccupata: le ragazze che sceglie come n questo metodo non sempre tornano in accademia.

Seguiamo la donna tra i corridoi della struttura fino ad arrivare in una piccola stanzetta con una scrivania in legno e lei si posiziona dietro di questa con un fare da generale.
Il cuore mi batte fortissimo non sono mai venuta qua prima d'ora.
- ragazze mie, voi siete le mie allieve modello: siete sciolte, sicure- dice posando lo sguardo su di me- ed è per questo che vi affido una missione di massima importanza: i nostri destini sono nelle vostre mani. - afferma con tono solenne.
Oh Santa pace, adesso spengo! Il capo mi ha affidato una missione importantissima, l'ha affidata a me!
Se non fosse che devo sempre mantenere un aspetto serio mi metterei a ballare.

- dovete recuperare dei documenti da una base segreta straniera e portarli qua, in seguito vi verranno fornite ulteriori informazioni.- detto ciò esce dalla stanza seguita da noi.

La giornata passa molto velocemente tra un allenamento e l'altro. Non posso perdere di vista la missione: è il mio obiettivo. Ho passato tutto il giorno ad allenarmi e non sono nella lotta corpo a corpo: non so che cosa mi aspetterà in missione e quando sarò dove dovrò essere non sarà un allenamento. O vivo o muoio.
L'ansia è aumentata quando mi hanno confermato che partirò in missione domani all'alba: fantastico.

Nel letto mi sto girando su me stessa da ormai due ore e fra tre dovrò partire: ho lo stomaco accartocciato nell'agitazione. Solo al pensiero della missione l'adrenalina mi sale alle stelle.
No,  è inutile : non riesco a dormire.
Inspiro, espiro: ansia, ansia, ansia.
Per calmarmi inizio a pensare ad altro.

Chissà se Marta riesce a dormire. Saprà che domani parto? La sua stanza, la mia vecchia stanza, è molto più silenzio a della mia attuale.
La mia vecchia stanza.
La scatola.
Oh numi! Me ne ero completamente scordata! Come ho fatto a dimenticarmi di una cosa così importante?!
Devo andare a prenderla.
Adesso. Si, ci andrò immediatamente. Tanto non dormo comunque e poi se non fallisco adesso posso considerare la mia uscita come un riscaldamento pre-missione.

Con delicatezza mi tolgo le manette e le cuffie spegnendo anche la piccola radio. Con un passo felpato mi dirigo velocemente fuori dalla mia stanza richiudendo la porta piano.
Il mio cuore sta per schizzare via dalla cassa toracica: se mi scoprono come minimo mi impiccano, e lo faranno.
I battiti rimbombano nelle mie orecchie: devo calmarmi e subito. Domani altrimenti come farò? Prendo molti lunghi respiri. Uno, due, tre, quattro...
Piano piano il mio cuore decellera: funziona.

Prima di essere nuovamente assalita dal panico inizio a scivolare nell'ombra rimanendo vicina alle pareti esaminando con attenzione il corridoio successivo ad ogni curva.

Scendo tre rampe di scale: tutto okay. Perfetto adesso sono al piano delle bambine più piccole, dove teoricamente dovrei trovarmi io. La mia stanza era nel corridoio di destra: mi sporgo lentamente per assicurarmi che non ci sia nessuno in giro, tutto tranquillo.

Pensavo che sarebbe stato molto più difficile : non so se sentirmi felice o delusa.
Sempre in silenziosamente inizio a dirigermi verso la mia vecchia stanza, dovrebbe essere la quarta se non ricordo male.

Passi. Rumore di passi alle mie spalle: panico. Sono troppo distante sia dal bagno sia dal ripostiglio che sono alle estremità del corridoio.
Idea.
Mi avvicino alle finestre e noto che hanno un ampio davanzale: perfetto, io sono anche abbastanza minuta quindi dovrei stare anche comoda.
Apro la finestra e mi caruccio sul davanzale. Pochi secondi dopo aver chiuso la finestra vedo passare in corridoio la donna in blu: c'è mancato poco.

Aspetto controvoglia qualche secondo per assicurarmi che se ne sia andata: sto morendo di freddo. Al momento giusto torno dentro la struttura chiudendo delicatamente la finestra.
Raggiungo la mia stanza, entro di soppiatto, prendo la scatola ed esco. Appena sto per chiudere vedo Marta rigirarsi nel letto e aprire gli occhi, mi vede.

- May!? -sussurra.

-ciao - rispondo rientrando nella stanza - sono venuta a prendere la scatola-

-la scatola?! Non sapevo l'avessi ancora: a noi ce le hanno fatte bruciare.-

-bruciare? -

- sì - mi osserva attentamente. - che cosa ti hanno fatto sorellina? - rimango spiazzata da quella domanda. Non capisco. Le lanciò uno sguardo interrogativo.

- sei strana, è come se qualcosa fosse cambiato-

-non è cambiato proprio niente- dico un po' troppo tagliente. Ma che mi sta succedendo? Mia sorella mi ha fatto solo una domanda.

-già... - dice Marta sarcastica.

-scusa- sono veramente dispiaciuta

- May, è okay. Ma questa storia ti sta consumando. -

-Marta quale altra scelta abbiamo? Ci uccidono se non obbediamo. Bisogna fare come dicono: non c'è scelta. Anche se scappassimo e poi? - mi guarda con occhi tristi: sa bene che ho ragione. - mamma e papà..... mamma e papà sono morti e noi siamo completamente sole. Almeno qua abbiamo un tetto e del cibo. Ma a quale prezzo. - dico sussurrrando più a me stessa che a lei.

Ci guardiamo brevemente egli occhi: parlare con lei mi ha fatto male, ricordare mi ha fatto male.
-ci vediamo- è l'ultima cosa che le dico prima di scappare via. Corro più veloce che posso, senza neanche essere prudente e mi ritrovo davanti alla porta della mia camera attuale.
Poso la scatola sotto il mio letto e mi infilo sotto le coperte. Respiro irregolare e occhi lucidi: parlare con mia sorella mi ha fatto riprovare tutte quelle emozioni che in questi giorni, chissà come, sono riuscita a seppellire.

No, per vivere qua non devo essere debole.

Non ho detto a Marta della missione: non voglio che di preoccupi. Non voglio che scopra veramente cosa dono diventata: una macchina senza rimorso per quello che fa.
Forse non sono del tutto un mostro: questa sera ho dimostrato a me stessa di avere ancora dei sentimenti.

Poche ore all'alba. Poche ore alla missione. Posso farcela. Devi farcela, mi ricorda una vocina nella mia testa, se non ci riuscirai morirai. È vero.
Caccio via tutti i pensieri: basta pensare, io devo eseguire ordini, non mi è concesso il lusso di pensare .

Mi rimetto le manette e le cuffie  e sprofondo in un sonno senza sogni.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora