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POV MAY

Veniamo svegliare di soprassalto da una brusca frenata dell'auto.
La signora Switzer scende e poi ci apre la portiera

-Vy idete vniz po lestniste- dice in tono neutro. Io e Marta ci scambiamo un'occhiata :noi non parliamo russo. Sperando di fare la cosa giusta, dato che ci ha aperto la portiera e sembra che stia aspettando indispettita, proviamo a scendere dalla macchina. Poi chiude la portiera e inizia a camminare senza dirci più niente.

Io e Marta ci guardiamo attorno: questa città non è Brooklyn. Dove ci ha portato? Maledetta! Lei non è un'insegnante dell'orfanotrofio! Vengo presa da un momento di panico : scappare o seguirla? E se ha una pistola? Scappare sarebbe come chiederle di spararci. Nessuna di noi due muove un passo.

-dvigat'sya! - ci ordina. Sono sempre più confusa e spaventata: cosa vuole da noi? Spazientita la donna torna indietro e ci da un forte schiaffo: non me lo aspettavo. Istintivamente mi porto la mano alla guancia destra che pizzica e brucia ma lei blocca il mio gesto mettendomi il braccio dietro la schiena stortandolo. Dalla mia bocca esce un sibilo strozzato e poi mi accascio a terra dal dolore. Marta cerca di difendermi e per risposta riceve un altro schiaffo molto più forte di quello precedente e cade a terra affianco a me con un'espressione attonita.

-muovetevi- sibila la donna prendendoci per le spalle e trascinandoci con lei. Nessuno fiata: eseguiamo e basta. Stiamo entrambe tremando dalla paura.

Percorriamo cinquanta metri per poi svoltare a destra, cento metri e poi a sinistra...
Entriamo in uno scantinato di un palazzo e la donna bionda ci mette a sedere per terra bruscamente: colpo basso per le mie costole. Il dolore è diminuito però c'è ancora.

Dentro è semibuio, ho il cuore in gola, vorrei che adesso ci fosse papà, quello vero: Steve. Lui ci difenderebbe. La signora inizia a parlare con un altro uomo in russo: non capisco niente anche se dal tono dei due sembra che l'uomo stia spiegando qualcosa alla donna. L'uomo porge due scatole di cartone di piccola dimensione alla signora Switzer. Sicuramente anche il suo cognome è falso.
La donna appoggia le due scatole per terra per poi sedersi ad un misero tavolino in legno,  ammassato in un angolo,  insieme all'uomo per poi bere un liquido trasparente dall' odore fortemente alcolico: sicuramente vodka.

Questo posto è strano, sembra quasi una grotta, le pareti non sono neanche intonacate e nell'aria persiste uno sgradevole puzzo di muffa. La stanzetta è rettangolare: lunga e stretta. Gli unici mobili sono uno scaffale di metallo grigio, una branda inpolverata e il tavolino con due sedie dove sono seduti adesso l'uomo e la donna. Ogni tanto si mettono a ridere guardando nella nostra direzione: le loro risate mi gelano l'anima.

POV MARTA

Questo posto è orribile, il mondo è diventato orribile: non sappiamo dove siamo, siamo state prese quasi sicuramente da un'organizzazione russa, ci hanno picchiato e ora ci troviamo in questa specie di cantina che odora di muffa: bleah.
Le risate malvagie di quei due mi fanno così paura che inizio a tremare convulsamente. Non voglio far vedere che tremo, non voglio che mi picchino ancora. Mi trascino dietro May per nascondermi e una lacrima percorre tutta una mia guancia per poi essere assorbita dal terreno. Anche May trema ma ha serrato i pugni per non darlo troppo a vedere. I suoi occhi sono persi nel vuoto, non guardano un punto preciso anche se di tanto in tanto sembra che ritornino al presente. Starà sicuramente viaggiando nei bei ricordi della nostra famiglia: darei qualsiasi cosa pur di tornare indietro nel tempo. La vista mi si appanna ancora una volta a causa di uno spesso strato di lacrime e si disappanna appena queste sono sgorgare via silenziosamente.

POV MAY

Ho perso la cognizione del tempo: da quanto siamo qua? Potrebbero essere mezz'ora o due ore. Ormai quei due sono brilli fino all'osso: preferirei cento volte rimanere in questa topaia che tornare in macchina con quella donna al volante.

Sono seduta sulle mie gambe da parecchio tempo : credo che non passi più neanche  il sangue. Il problema è che ho paura anche di respirare: se ci fanno ancora del male? Quello che abbiamo ricevuto era sicuramente un assaggio e il fatto di essere certa di questa cosa mi fa rizzare i capelli. Il mio cuore batte così forte che il suo movimento riesce anche a far muovere la mia camicetta. Non posso far notare che ho paura a meno che non voglia essere schiaffeggiata di nuovo. Non voglio. Non voglio NON VOGLIO!

Sento gli occhi umidi: troppo carichi di lacrime ma che io voglia o meno, con una voragine di dolore nel petto o meno devo resistere. Non so per quanto ci riuscirò. Mamma, papà ma dove siete finiti!?

Senza il mio permesso una lacrima riesce a sgorgare dai miei occhi e appena me ne accorgo il mio cuore fa una capriola per l'ansia: speriamo non mi abbiamo visto.

Passano ancora svariati minuti, o almeno credo: qui dentro non ci sono né orologi né finestre ed è impossibile dare un valore al tempo che scorre. Infine la donna si alza, prende le due scatole di cartone dal pavimento e ci lancia un'occhiata annoiata e infastidita per poi incamminarsi verso la porta.

Io e Marta non ci siamo mosse di un centimetro: che cosa dobbiamo fare? Ci lascerà qua? Ho il cuore in gola per la paura.

La signora si gira e ci guarda severamente

-dvigat'sya! -ordina.

Riconosco la parola, o almeno spero sia quella, così, senza lamentarmi del dolore alle costole e alle gambe mi alzo ubbidiente e la seguo.
Ti prego fa che abbia fatto la cosa giusta, non voglio essere picchiata!

Ho tutti i muscoli intorpiditi e Marta accenna ad aiutarmi. Mi scosto leggermente guardandola negli occhi per farle capire che non voglio il suo aiuto per paura che ci scoprano. Lei annuisce impercettibilmente.

POV MARTA

Sono stata veramente una stupida solo a pensare di poter aiutare May : se ci avessero scoperto le avrebbero fatto ancora più male e sarebbe accaduto per colpa mia.

Ripercorriamo la via dell' andata a ritroso per arrivare al veicolo della donna. Conto i passi che mi separano dalla macchina: fuori è buio e fa freddo e spero che dentro posso trovare un po' di sollievo.

Saliamo in macchina senza quasi respirare ma vedo che May fa una smorfia dolorante quando si lascia cadere sul sedile.
Le scatole di cartone vengono appoggiate sul sedile davanti, dopodiché si parte per una meta sconosciuta.

-Vy mozhete spat'- dice ad un tratto la donna rompendo il silenzio.
Questa è una frase nuova: non conosco il significato. Ho paura di fare la cosa sbagliata, così non faccio nulla sperando che non si arrabbi.
Non accade niente. Abbiamo fatto bene a non fare niente.

Stiamo uscendo dall' area abitata: ho il presentimento che questo viaggio durerà parecchio.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora