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POV MARTA

Il mio orologio interno mi avvisa che sono passate circa due ore così, quando sono certa che la donna è assorta dalla guida e quindi non può notarmi, do un leggero pizzico alla mano di May per svegliarla: ora è il suo turno di guardia.

Ci siamo accordate a segni che avremmo fatto un turno di due ore ciascuno: questa volta vogliamo assolutamente vedere dove ci porta questa sconosciuta ma dato che la notte è lunga facciamo i turni.

May biascica qualcosa simile ad un "mamma, no dai, è ancora presto" e tenta di stiracchiarsi tendendo le braccia. Le do un colpo alla gamba con la ballerina per farla svegliare del tutto prima che la donna ci scopra: appena realizza dove si trova May fa un balzo sul sedile trattenendo a stento un urlo ma comunque facendo un rumore flebile.

Ha gli occhi completamente sbarrati dal terrore, come me del resto, e guarda in direzione della guidatrice: il mio cuore perde un battito. Ci ha viste? Se non mi viene un infarto adesso credo che non mi verrà neanche quando avrò ottant'anni. Le mani diventano gelide, il battito cardiaco accelera e la tensione sale alle stelle. Mi sporgo impercettibilmente per guardare la donna in faccia dallo specchietto rettovisore: non si è accorta di nulla. Mi affloscio sul sedile rincuorata, più o meno.

POV MAY

Appena capisco di non essere nel mio letto faccio un balzo dallo spavento: allora questa situazione non è un brutto incubo! Trattengo a stento un urlo di terrore che però viene espresso dai miei occhi che hanno iniziato a pizzicare. No, no non posso piangere.

Calma, May, calma.

Cerco di convincermi che andrà tutto bene e che, ovunque stiamo andando, riusciremo scappare, forse.
Marta si sporge leggermente per assicurarsi che la donna non ci abbia visto: in pochi secondi la tensione diventa insopportabile. Se continuo così il mio cuore scapperà via dal mio petto.

Tutto ok: non ci ha visto. Sprofondo nel sedile della vettura rassicurata dalla notizia e, con l'alfabeto muto, auguro la buona note a mia sorella: inizia il mio turno di guardia.

Marta di gira su un fianco chiudendo gli occhi: passano pochi minuti e sento il suo respiro farsi regolare. Sorrido: sembra così rilassata quando dorme... chiunque ci osservi dormire non direbbe mai che stiamo passando l'inferno.

Mi giro verso il finestrino per osservare la strada e il mondo notturno, alzo lo sguardo verso il cielo stellato: magnifico. Riconosco anche qualche costellazione, zia Maria ce le insegnava sempre: quando invitavano a cena gli zii, loro e mamma e papà stavano svegli fino a tardi mentre noi dovevamo aver spento le luci massimo alle dieci. Zia Maria veniva sempre a darci la buonanotte e, insieme, con i nasi per aria io e Marta scrutavamo le stelle guidate dalle dettagliate spiegazioni della zia.
Sembrano passati anni dall' utima volta...
Il cuore mi si appesantisce improvvisamente e mi si forma anche un nodo alla gola, richiudo il più in fretta possibile questo ricordo dentro un cassetto della mia mente. E, anche se un po' riluttante lo chiudo anche a chiave.

Distolgo lo sguardo dal finestrino: guardare dove stiamo andando è il mio compito ma è come se mi distruggesse dall' interno.

Mi incanto ad ascoltare il rumore dell'automobile che sfreccia per la strada a quest'ora deserta fino a quando una buca urtata con i n po' troppa velocità mi fa tornare bruscamente al presente.

Raduno tutta la mia forza di volontà imponendomi di guardare fuori dal finestrino: l'ho promesso a Marta in fondo.
Alzo lentamente la testa come se avessi paura del mondo esterno e il mio cuore accelera. Non ho paura di cosa vedrò ho solo paura che mi faccia l'effetto precedente, ho paura che i ricordi tornino a galla di nuovo.

Uno... due.. tre! Alzo la testa di scatto: ci stiamo velocemente avvicinando ad un grosso edificio con molte finestre e a tre piani. L'edificio è l'unico illuminato, e getta la sua luce anche sui campi di grano che lo attornano.

Non sono mai venuta in questo posto.

La macchina divora qualche altro centinaio metri e si avvicina alla struttura: dentro ci sono alcune persone, possiamo chiedere aiuto! Sento il calore della speranza scaldarmi il cuore. Mi rendo conto solo adesso che il mio cuore si stava ghiacciando e questo modo spaventa un pochino.

Sveglio Marta: ormai è ovvio che ci fermeremo qui.
Le scosto leggermente la spalla e le si sveglia spalancano gli occhi e rabbrividendo come se avesse fatto il peggiore dei suoi incubi ma l'incubo più brutto è la realtà.

Sento la paura che ha mia sorella invadere anche me e ci voltiamo l'una verso l'altra guardandoci negli occhi per confortarci: siamo entrambe ancora vive, okay.

Iniziamo a parlare tra noi in alfabeto muto
- dove siamo? -

-non lo so-

-come no!? Dovevi tenere d' occhio la strada! -

-l'ho fatto ma non siamo mai venute qui-

-accidenti! -

-comunque in quest.... -

La macchia frena bruscamente facendomi schiacciare il naso contro il sedile anteriore interrompendo la mia frase.
La macchina si ferma e la donna scende dal veicolo prendendo le scatole di cartone che le aveva dato l'uomo nella cantina: il mio cuore perde un battito. Adesso ci parlerà ancora in russo!

Panico allo stato liquido scorre nelle mie vene: è se non capiamo? E se ci picchia?

Ci apre la portiera:ansia.

- Vy idete vniz po lestniste- dice con tono neutro anche se tradisce un po' d'impazienza.

Mi tranquillizzo leggermente: conosco questo comando è il primo che ci ha detto. Dobbiamo scendere dall'auto.

POV MARTA

May mi scavalca ed esce per prima dalla vettura lasciandomi uno sguardo rassicurante.

Dopo di lei esco immediatamente anche io : stupida, stupida. Sono stata una stupida avrei dovuto ricordarmi che a quel comando sarei dovuta uscire immediatamente. Come se non bastasse la donna mi incenerisce con un'occhiataccia di disapprovazione. Quando si avvicina a me per chiudere la portiera strizzo gli occhi aspettando la punizione con il cuore che batte a mille. Non accade niente.

Riapro gli occhi sorpresa e sollevata che non mi abbia tirato uno dei suoi potentissimi schiaffi. La donna inizia ad avanzare tra la nebbiolina delle prime ore del mattino che si è formata e noi la seguiamo come due cuccioli di cane: con lei non si discute.

POV MAY

Varchiamo la soglia dell'edificio e prendiamo un ascensore. La donna schiaccia il pulsante per andare all'ultimo piano.

Quando le porte dell'ascensore si riaprono noto con meraviglia che le pareti dei lati lunghi dell'edificio sono fatte a vetro: wow. Una cosa oltre il vetro attira la mia attenzione facendo accrescere la mia ansia: fuori, rischiarato appena dai primi raggi di sole, c'è una pista d'atterraggio. Siamo in un aeroporto.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora