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POV BUCKY
Mi accuccio davanti a lei cercando di raggiungere la sua altezza ma lei distoglie lo sguardo girando la testa da un lato, come se si aspettasse che le faccia del male da un momento all'altro.
Sento una strana fitta al centro del petto: il mio cuore è talmente arrugginito che adesso, la prima volta che si scongela, fa quasi male.
Prendo delicatamente la bottiglietta per poi svitare il tappo suscitando lo sguardo sorpreso della bambina, che nel frattempo ha ripreso a fissarmi.

Ha capito che io non le voglio fare del male.

POV MAY
Aspetto uno schiaffo che non arriva.
Inizio ad aprire prima un occhio e poi l' altro per accertarmi che l'uomo non abbia cattive intenzioni, ma tutto quello che noto è che ha ripreso la bottiglietta per poi svitare il tappo.
Assumo un'espressione stupita : non pensavo che non mi avrebbe picchiata. Da come si è alzato pensavo volesse farmi male: aveva un'aria più che minacciosa.

E poi accade l'ultima cosa che mi sarei mai aspettata da lui: mi permette di bere aiutandomi a reggere la bottiglietta.
Spalanco gli occhi incredula ma tutto lo stupore svanisce in fretta sovrastato dal piacere che provo bevendo.

Spingo leggermente la bottiglietta lontano dal mio viso, tanto basta per far capire al soldato che non ho più sete.
Prima di rimettere a posto l'acqua mi guarda negli occhi come se cercasse di parlarmi, di capirmi.
Sono ancora un po' indiffidente nei suoi confronti ma sento che lui sotto sotto non è cattivo.

Perché mi avrebbe aiutato? Io non posso dargli niente in cambio.

Il suo sguardo sembra impassibile ma io riesco comunque a scorgerci, anche se solo per un breve istante, un bagliore di tristezza e preoccupazione che ha fatto diventare i suoi occhi meno glaciali e grigi. Potrei addirittura giurare che questo finto gigante cattivo abbia gli occhi verdi.

È un bel colore il verde: simboleggia la speranza.

Nessuno di noi parla e poi torniamo ognuno nei propri angoli. Però questa volta non c'è più tutta la tensione di prima: lui non mi guarda più come se volesse strangolarmi improvvisamente e io non ho più paura di lui.
Il silenzio è quasi diventato piacevole. Anche se dopo un po' la quiete viene interrotta da dei passi, rumore di ruote cigolanti e le urla delle persone nelle altre celle.
D'apprima mi spavento al suono di quelle grida ma poi dato che non accade niente di brutto torno a rilassarmi con la schiena al muro e le gambe distese.
Ad un certo punto, da una feritoia basculante ai piedi della porta, strisciano dentro due vassoi con sopra un piatto ciascuno.
Dentro i piatti c'è una roba molliccia di un colore strano che deduco dovrebbe essere la mia cena, o il mio pranzo, non ho ancora capito che ora o giorno è oggi.
Sui vassoi di entrambi inoltre c'è anche una bottiglietta d'acqua e mi viene un'idea: il soldato è stato gentile a darmi la sua acqua, perché non restituirgliela?

Il soldato si alza, questa volta più lentamente, per prendere il suo vassoio e tornare nel suo angolo.
Io invece faccio rotolare la mia bottiglietta di fianco a quella del soldato per poi sedermi a gambe incrociate ai piedi del "letto".

Il soldato mi sta guardando con curiosità e aggressività ma a me non interessa più di tanto e mi limito a guardarlo con calma.

Svito entrambi i tappi per poi fare tantissima forza con entrambe le braccia per sollevare la mia bottiglietta e travasarne il contenuto in quella del soldato.
Alla fine, nonostante tenessi la bottiglietta in modo impacciato e nonostante abbia innaffiato i miei vestiti e il pavimento abbondantemente, riesco a riempire fino all'orlo la bottiglia dell'uomo.

Lo guardo sorridendo timidamente.

Lui non sorride ma si limita a fissarmi incredulo. Riesco a scorgere anche questa volta una sfumatura verde speranza in tutto quel ghiaccio grigio: per me questo vale anche di più di un grazie.

Dopodiché striscio verso il mio vassoio e inizio a mangiare l'intruglio sotto lo sguardo verde pallido del soldato.

POV BUCKY

Ho appena iniziato a cercare di ingoiare con la forza di volontà il mio pasto quando vedo che la bambina di fronte a me assume una strana espressione pensante.
Ho già visto quello sguardo: è quello che aveva Steve ogni volta che stava per fare una cavolata.

La bambina fa rotolare la sua bottiglietta di fianco alla mia per poi sedercisi di fronte e guardarmi con uno sguardo calmo che io ricambio con uno carico di preoccupazione.
Ma questa volta non la fermo: sono curioso di sapere cosa le frulla sotto la chioma sporca di capelli castani.

Svista i tappi di entrambe le bottigliette per poi stringere con impaccio e tanto sforzo la sua bottiglietta per poi rigirarla sulla mia.
I suoi vestiti e il pavimento sembrano che abbiano fatto un bagno e sto per fulminata con lo sguardo facendole notare che ha sprecato dell'acqua, quando invece capisco cosa in realtà ha fatto: mi ha riempito la bottiglietta.

Mi ha restituito l'acqua che ha bevuto. La guardo stupito e sento che, anche se molto lentamente, il mio cuore si sta sciogliendo.
Lei mi guarda con un sorrisino timido ma io continuo a fissarla attonito.
Mi. Ha. Restituito. L'acqua.
Che carina, nessuno aveva mai neanche osato rivolgermi uno sguardo, figurarsi farmi un favore.

Mi stupisco di quello che ho appena pensato.

Quando finiamo di mangiare facciamo strisciare fuori i vassoi che il soldato di guardia ritira spegnendo anche le luci del corridoio: ora di dormire.
La notte e il giorno qua dentro sono scanditi da una lampadina.

Mi lascio cadere sul materasso con la faccia affondata nel cuscino e mi copro con la coperta sudicia, meglio di niente.
Di notte la temperatura cala molto e diventa più freddo di quando è giorno, il che è tutto dire.
Passano svariati minuti e finalmente inizio a prendere sonno anche se so benissimo che riuscirò a dormire a mala pena due ore, a causa dei soliti incubi.

Sto per chiudere completamente gli occhi quando un rumore secco me li fa aprire di scatto, facendomi mettere a sedere,  sempre in guardia. Ma poi capisco.
La bambina mi guarda tremante, a causa dei vestiti bagnati, con una mano a coprirsi naso e bocca: ha starnutito.
In un minuto starnutisce altre tre volte e mi guarda dispiaciuta: penso sia tenera.

Mi ricorda Steve quando prendeva un raffreddore: le sue guance e il suo naso diventavano di almeno una decina di sfumature di rosso a causa dei continui starnuti.

Avvolgo il mio braccio di carne attorno al corpicino della piccola facendola irrigidire spaventata e in un primo momento cerca anche di divincolarsi, ovviamente senza riuscirci.
Io rimango fermo nella stessa posizione per farle capire che non voglio farle niente.

Ma a questo punto sono io che trasalisco: posso sentire, anche da sopra il vestito-camice da laboratorio che ha addosso, tutti i contorni delle sue ossa. Riuscirei perfino a contare le costole.
Che diavolo le hanno fatto?
Che cosa le è successo?

Non posso che provare odio incondizionato per chi la ridotta in questo stato.

Lei mi sta guardando confusa e potrei giurare di sentire il rumore dei suoi pensieri attraverso i suoi occhi: sta valutando cosa fare.
Io invece, dato che ha smesso di divincolarsi, colgo l'occasione per tirarla sul materasso facendola stendere di fianco a me, coprendola con un lembo di coperta. 
I suoi occhioni blu mi guardano spalancati e penso che abbia anche smesso di respirare.
Rimane immobile, studiando ogni mio movimento.
Io la guardo a mia volta per assicurarmi che sia coperta bene per poi tornare a dormire sotto la coperta cullato dal suo respiro che lentamente diventa lieve e regolare.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora