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Zola si avvicina al comodino di fianco al mio letto prendendo con tutta calma una delle siringhe preparandola all'iniezione.

Il mio cuore mi rimbomba in tutto il corpo sento addirittura pulsare la carotide.
Ricomincio a dibattermi con molta più foga iniziando anche a sudare freddo.
Ho voglia di urlare dell'angoscia ma la voce mi muore in gola non appena vedo Arnim togliere l'aria dalla siringa che ha in mano mettendola in verticale e spingendo sullo stantuffo finché non scende una goccia di quello strano liquido.

Sbarro gli occhi dal terrore.

Ma di che accidenti sono fatte queste cinghie, vibranio!? Non appena inizia ad avvicinare l'ago al mio collo inizio a tremare convulsamente e appena è abbastanza vicino gli mordo le mani come un animale rabbioso.

Si allontana di scatto guardandomi sorpreso.
Io di rimando lo guardo con un sorrisetto di sfida. Vuole mettermi robe strane nel corpo? Che ci provi!

-Guardie! -

Due uomini grandi e grossi in camice arrivano immobilizzandomi completamente al letto e io non riesco neanche a muovere un muscolo. Guardo trova tutti e tre gli scienziati.

Capiterà la volta buona in cui potrò prendervi a calci..

Con molta poca pazienza e delicatezza Zola ritenta di conficcarmi l'ago nella carne e questa volta ci riesce. Sento la pelle del collo lacerarsi e sussulto muovendo la testa facendo solo che peggiorare lo strano bruciore.
Ad un ordine di Zola escono tutti dalla stanza lasciandomi da sola con il collo tutto intorpidito: che cosa diamine mi hanno somministrato!?

Il torpore diventa bruciore e poi il bruciore dolore. In men che non si dica mi ritrovo ad urlare torturandomi la gola e le corde vocali fino a sputare sangue.
Il dolore dopo un tempo che a me è parso infinito si attenua e con mio grande sollievo smetto di urlare.

Un tizio controlla da dietro le sbarre della finestrella della porta se sono ancora viva e io gli lancio un'occhiata maligna
-non muoio bastardo e anche se accadesse ti perseguiterei all'inferno. - sussurro ma sembra che non mi abbia sentito.

Tutto il torpore che prima sentivo si impossessa del mio stomaco con violenza e io strizzo gli occhi per combattere i conati.
Il mio cuore accelera e inizio a sudare freddo chiudendo le labbra in un tentativo disperato ma fallisco miseramente e neanche dopo dieci secondi rigetto tutto.
Si ma tutto cosa? Non mangio niente da...... ore? Giorni? Da quanto sono qui? Quanto tempo ho dormito?

Con mio grande orrore scopro di aver rigettato un'enorme chiazza di sangue a venti centimetri dalle scarpe di Zola.
La prossima volta prenderò la mira.

Mi si offuscano gli occhi a causa delle lacrime che tento di nascondere malamente dato che qualcuna sfugge al mio controllo. Ho paura, non voglio finire così anche se me lo merito dato che ho ucciso mia sorella.

Un gemito soffocato mi esce dalle labbra.
Marta

Sento una mano accarezzarmi la testa: se non fossi legata avrei fatto un salto di mezzo metro dalla paura. Mi ritraggo dal suo tocco tremando e guardandolo.
Ha in mano un'altra siringa.

Inizio a piangere convulsamente senza però emettere il minimo suono nonostante io stia urlando dentro.
Da qui non esco viva.


Quanto tempo?
Giorni, settimane o mesi? Ho perso il conto del tempo della mia permanenza: i vari cocktail di medicinali che mi hanno iniettato e lo spazio claustrofobico nel quale sono confinata mi hanno fatta diventare quasi un vegetale.
Non penso. Semplicemente non ne ho il tempo: devo sempre combattere per la mia sopravvivenza contro gli effetti collaterali delle sostanze che mi iniettano nel collo.

Passo le mie giornate senza pensare, senza sapere veramente cosa mi spinge ad aprire gli occhi ogni nuovo giorno. Sempre che siano giorni: non mi rendo conto del passare del tempo. Non ci sono finestre e nei laboratori c'è sempre qualcuno che lavora: credo che l'abbiano fatto apposta per farmi perdere l'orientamento e la percezione temporale.

Le mie giornate passano monotone : dormo, svengo, urlo dal dolore, piango e vomito intrugli di ogni genere. Ovviamente tutto questo con la compagnia di un incessante mal di testa.
Torture ed intrugli, sempre.
Se sopravvivo continuano: ho l'impressione che non smetteranno fin quando non diventerò un vegetale per sempre.

Sono ancora legata al letto ma inutilmente ormai non ho più la forza neanche di mettermi in piedi figurarsi se posso ribellarmi in qualche modo.
Gli unici momenti di "ricrazione" che ho sono le pause bagno e il pasto. Credo di fare un solo pasto al giorno ma comunque mi è passata anche la fame e spesso portano via il vassoio ancora pieno.

Il bagno è il mio unico spazio "privato". E tutte le volte che mi specchio inorridisco senza riconoscermi: il blu dei miei occhi mi appare scolorito, quasi grigio; i miei capelli sono un impasto unico di ciocche e sudore. Eppure non sono queste le cose che mi fanno distogliere lo sguardo dalla mia immagine riflessa: sono dimagrita.

Se prima "mucchietto di ossa" era solo un insulto adesso è la definizione che mi descrive alla perfezione: se mi alzo il camice che ho addosso posso vedere distintamente tutte le ossa del mio corpo e le gambe e le braccia sono quasi stuzzicadenti contorti.

Ma non c'è alcun bisogno di guardare il mio corpo per capire che ho perso peso insieme alla voglia di vivere, basta guardarmi in faccia: viso scavato e grigiognolo e occhi troppo sporgenti.

Mi è passata anche la voglia di piangere. Forse perché ho finito le lacrime.
La verità è che non ho più la forza di combattere.

A volte i miei occhi si fissano su in punto indistinto sul soffitto e rimangono immobili e vuoti per ore. Come sta accadendo ora.

Sento la porta della mia cella che si apre e dei passi lenti e regolari che si avvicinano.
Zola.
Lascio che la mia testa cada stancamente alla mia destra aspettandomi di vedere la figura ormai sfocata dello scienziato pazzo con in mano una siringa, ma, con mia grande sorpresa,  tiene tra le dita corte e cicciotte solo una cartellina che appoggia sul mio comodino distrattamente per poi andarsene.

Con uno sforzo immenso riesco ad allungare un po' il collo per leggere i fogli : nomi di cose, evidentemente le sostanze che mi hanno iniettato, con affianco sempre la solita frase "soggetto sopravvissuto".
Mi rendo conto che nella cartellina ci sono più fogli tutti con un'impostazione identica e mi rendo realmente conto di quanta roba abbia circolato nelle mie vene.

Ci sono sei pagine come minimo!?

Tento di far leva anche sulle braccia per sporgermi e magari anche prendere la cartellina in mano ma le forze mi abbandonano prima facendomi collassare sul letto.
Rimango in una posizione scomposta fin quando non sento delle braccia raccoglieremi dal letto prendendomi in braccio: mi irrigidisco immediatamente ma appena noto che non è Arnim mi accascio a peso morto sulla sua spalla ricoperta dal camice bianco.
Non so perché ma ho l'impressione che questo scienzato mi stia stringendo tra le braccia non con fare freddo come gli altri ma quasi con fare protettivo, paterno.
Avrà dei figli? Gli dispiace per me? Oppure sarà proprio lui ad uccidermi?

- mi stai portando da Marta? - sussurro flebilmente sul suo collo.
I suoi occhi marroni mi scrutano senza capire e tutto quello che sento prima di addormentarmi è un ordine di Zola

- È pronta per il trasferimento in Siberia: ha superato tutti i test. Adesso bisogna solo renderla più resistente. -

-ma dottore è molto debole, non sappiamo se supererà il viagg.... -

-non mi importa! Andate in Siberia! Se muore fatela sparire! -

- si signore-

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora