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POV MAY

Adesso siamo in una base segreta dell'SSR e,dato che non è sufficiente, fuori dalla nostra porta ci sono otto agenti super allenati. La nostra stanza non ha finestre: le possibilità di fuga sono pari a zero. Fantastico. Ho un conto in sospeso con loro: mi hanno iniettato una droga pesante per farmi svenire e portarmi qui. La pagheranno. Al dolo pensiero ribollisco di rabbia. Marta la pensa allo stesso modo solo che lei è più buona di me: ha lasciato cadere la conversazione facilmente, sbuffando.

Qualcuno bussa alla porta, come se noi ci degnassimo di rispondere. La porta si apre ed entra lo scienziato, il tizio in camice bianco che abbiamo conosciuto l'altro ieri scortato da quattro agenti due dei quali con i musi lunghi e senza proferire parola ci afferrano per gli avambracci.

-posso camminare anche da sola- dico sarcastica. Mettiamo alla prova questi palloni gonfiati: quanto resisteranno?

- abbiamo sette anni non sette mesi - continua Marta e ci scambiamo un'occhiata complice: ha capito cosa voglio fare.

Niente: nessuna risposta. Se fossero fatti di cemento armato non farebbe molta differenza, anzi. Non fanno neanche finta di allentare un po' la presa alle braccia: hanno paura che scappiamo, logico. Ma dove hanno paura che andiamo? La percentuale di fuga è pari a zero! Vorrei proprio saperlo.

Destra, sinistra, sinistra, scale per andare sottoterra, ancora a destra...

Mi sta venendo la nausea: troppi corridoi.  È un labirinto sotterraneo infatti mi sono già persa qualche corridoio fa.

C'è troppo silenzio: gli unici rumori che sento da ormai minimo tre minuti sono gli scarponi degli agenti che sbattono sul pavimento a passo di marcia. Tutte le persone che incontriamo sulla via per andare alla nostra ignota destinazione, anche se sono piuttosto sicura che sia un laboratorio, si voltano e in silenzio ci fissano con la bocca quasi spalancata. Non ho fatto altro che fulminarli tutti con lo sguardo. Funziona! Come li guardo e li filmino si girano con un'espressione quasi intimorita sul volto: ci sto prendendo gusto.

Arriviamo di fronte ad una porta d'acciaio che si apre automaticamente e il mio cuore inizia ad accelerare: ho paura. Ho molta paura: un mattone invisibile sul mio petto mi impedisce quasi di respirare e inizio a sudare freddo.

Calma May, calma. Mi dico cercando di regolare il respiro:

Regola uno per sopravvivere adesso: rimanere calma.
Guardo in direzione di mia sorella ha gli occhi persi nel vuoto quindi ne deduco che al novanta per cento sta pensando le mie stesse cose.

Ci prendono in braccio e ci mettono a sedere su due lettini di acciaio. Sono freddi quanto le loro anime e mi vengono i brividi solo a sfiorarli con la punta delle dita. Brrr.

Gli agenti non lasciano comunque le nostre braccia libere dalle loro forti prese e due medici o scienziati, comunque, due uomini in bianco ci fanno sdraiare non troppo delicatamente.

Il freddo del lettino, nonostante indossi una camicetta, oltrepassa il tessuto e va direttamente a contatto con la mia schiena facendomi accapponare i capelli sulla nuca. I brividi mi percorrono tutta la colonna vertebrale, odio questa situazione. Inutile dire che sto per vomitare dal nervosismo.

Gli agenti ci incollano ai lettini con delle cinghie strettissime e poi finalmente ci lasciano: sento il sangue ritornare a scorrere nelle vene delle mani. Erano addirittura diventate fredde.

Gli agenti se ne vanno chiudendo la porta alle loro spalle lasciandoci da sole con i due uomini in bianco

- che menu c'è oggi? - riprovo ancora sarcastica -cianuro con pollo croccante e maionese? - Marta mi rivolge un'occhiataccia: il sarcasmo non è proprio il mio forte. Sbuffo.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora