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Appena la prima fioca luce del mattino entra dalle finestre della mia camera schizzo in piedi e sull'attenti: la missione!
Inizio freneticamente a vestirmi  e scendo da sola nell'atrio. Avevano detto che dovevamo partire all'alba e adesso è l'alba.

Le altre ragazze che partecipano alla missione sono già tutte pronte. Loro però indossano un vestito diverso dal mio: abiti normali. Camicia e gonna. Avrei dovuto vestirmi anche io in questo modo? Ma io non l'ho fatto. Mi puniranno?
Guardo l'orologio attaccato al muro : 5. 03. Ci avevano detto che il ritrovo in atrio era alle 5. 05 ho due minuti.

Due minuti dopo sono nell'atrio con il fiatone per la corsa contro il tempo che ho fatto: ho preso i miei vecchi vestiti dalla scatola e ho indossato quelli. Adesso ho anche io camicia e gonna.
Alle 5:05 precise viene una donna  a consegnarci delle armi: una pistola e un coltello.
Ingiustizia: alle altre ragazze ha dato due pistole. Credo sia perché sono piccola.

Usciamo dalla Red Room Academy per dirigerci dentro ad un furgone: lo stesso furgone che ha portato me e le mie compagne di viaggio in questo posto.
Silenzio. Serietà. Non vola una mosca: ognuna sta per i fatti suoi o guarda nel vuoto. Io faccio lo stesso: non mi è più concesso socializzare.

Ho perso la cognizione del tempo: non so quanto sia passato dalla partenza ma adesso il camion si è fermato e noi prontamente spostiamo la tenda verde per scendere.
Mi guardo attorno e tutti i ricordi di dodici giorni fa mi investono: siamo in areoporto.

La ragazza più grande della nostra piccola squadra ha un foglietto con su scritte tutte le informazioni necessarie per missione e, così, secondo i suoi ordini ci imbarchiamo su un aereo.

Una volta trovati i nostri posti ci sediamo: io vicino all'oblò.  Mi piace guardare il mondo.
Vedo che tutte le ragazze stanno invocando una pillola bianca e le guardo confusa finché una ragazza non ne porge una anche a me
- ingoiala.-

Faccio come mi dice e nonostante sia molto amara la ingoio come se fosse una caramella senza fare storie. Dopo pochi minuti mi abbandono sul sedile addormentata.

Stanno tutti bevendo del liquido ambrato ma sembrano scontenti, tristi: sono tutti afflosciati sulle sedie.
-non possono essere sparite- sospira Howard guardando il liquido dentro al bicchiere.
-e se... - inizia Maria
- no  dirlo neanche per scherzo -la fulmina acida Peggy anche se i suoi occhi tradiscono un profondo dolore. - sono vive me lo sento-
Nella stanza cala nuovamente un silenzio tombale.
-Trovato qualcosa di interessante tra i documenti che siamo riusciti a trovare? - domanda Sousa a Stark.
-niente di importante solo delle informazioni molto vecchie a proposito di una scuola russa ormai in disuso... Red Academy... o qualcosa del genere-
Nella stanza di leva un voto di sospiri.
-dove sono ora quei documenti? -chiede Peggy
-nella vecchia base di Brooklyn. Quella base non ha molti sistemi di sicurezza ma quel documento non è stato molto utile. - risponde Howard.

Mi sveglio di soprassalto proprio quando l'aereo sta atterrando, anche le mie compagne sono sveglie. Mi è successo di nuovo: questi sogni sono troppo realistici quasi... visioni.

Scendo dall'aereo lievemente stordita a causa del sonnifero e non capisco bene dove sono o dove sto andando: per fortuna che devo seguire le mie compagne altrimenti mi perderei.
Questo posto però mi è familiare. Devo averlo già visto da qualche parte.
Più i minuti passano più anche la mia "sbronza post-sonnifero" diminuisce fino a quando non torno completamente lucida.

Finiti i controlli all'aeroporto usciamo dalla struttura e ci ritroviamo in un grande parcheggio.
In questo posto non fa molto freddo all' aria aperta: evidentemente non siamo più in Russia. Non so per quante ore abbiamo viaggiato ma fuori è buio e a giudicare dal cielo direi che sono circa le nove di sera. Ci sono delle stelle magnifiche.

Vaghiamo insicure nel parcheggio in cerca di qualcosa: molto probabilmente di un passaggio finché la ragazza più grande vede una macchina grigia entrare in areoporto e ci dirigiamo tutte verso quella vettura.
Mi sembra di aver già visto anche quella. Ma che mi prende?

Mi giro verso il grosso edificio a vetro dell'aeroporto confusa e capisco. Il mio cuore manca un battito : non è possibile. Quasi mi metto a ridere per l'isterismo.
Questo è l'aeroporto da dove è cominciato tutto. È da qua che io e mia sorella siamo partite per la Russia.
E se le cose stanno così.... quella macchina grigia dovrebbe appartenere alla nostra rapitrice: la signorina Switzer.
Quindi siamo in america: un senso di benessere mi pervade. Sono a casa.

Il senso di benessere svanisce quando dalla vettura scende quella bastarda bionda e falsamente buona. La rabbia pura inizia a scorrere nelle mie vene: voglio vendetta.
Voglio vendetta per gli schiaffi che ci ha dato, voglio vendetta per la siringa che ci ha piantato nel collo.... Voglio vendetta per tutto quello che ci ha fatto.

La ragazza-capo da un biglietto alla signorina Switzer che annuisce dicendoci di salire in macchina. Appena si gira per contare quante siamo mi vede e sulla sua lurida faccia si dipinge un'espressione sorpresa che alla fine diventa un ghigno malvagio.
- ma guarda chi si rivede. Che ci fai qui, ti hanno mandato a morire in missione perché fai schifo o cosa? - si mette a ridere e anche le altre ragazze sorridono sotto i baffi- è inutile che parlo con te tanto non capisci niente di russo. E non fare quel muso arrabbiato altrimenti ti ammazzo qua-

Adesso basta. Mi sono contenuta anche troppo : sto scoppiando di rabbia. Mi tremano anche le mani. Ma questa volta non ho nessuna intenzione di fargliela passare liscia.
Punto i miei occhi cattivi e gelidi nei suoi e con fare minaccioso mi dirigo verso di lei scrocchiando le dita

- io posso parlare russo e.... Adesso.... posso farti male anche io. Quindi attenta perché se sono qua è perché sono brava a uccidere e so fare ben di più che tirare quattro schiaffi a due bambine innocenti. - pausa per lasciare che il veleno che c'è nella mia voce corroda fino alle ossa la mia vittima- non fare quella faccia sorpresa o quella che troveranno domani in un lago di sangue sarai tu- finisco gelida come il ghiaccio.

Le ho dato una bella lezione: non si muove più. È rimasta li pietrificata davanti alla macchina: che idiota. Anche le altre ragazze non ridono più e mi fanno anche posto sul sedile posteriore: ha avuto effetto il mio discorso.

Switzer risale in auto senza fiatare e partiamo verso la nostra destinazione. Adesso mi sento molto meglio: ho saldato un conto.

Durante il tragitto non riesco proprio a togliermi dalla faccia un mezzo sorriso di compiacimento.

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora