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Abbiamo sparpagliato sul pavimento della cucina tutto il contenuto della scatola e con l'aiuto di Marta ho letto tutti i documenti prendendo appunti di quelli più importanti.

Da quello che abbiamo capito noi siamo un esperimento genetico ideato dalla mamma e zio Howard che grazie alla sua super mente ha ricreato tutte le cellule di Steve Rogers. Successivamente la mamma si è offerta volontaria per l'esperimento così zio Howard ha iniettato le cellule del Capitano Rogers nel suo corpo, anche se non ho capito bene come, facendoci nascere.

Stiamo sfogliando l'ultimo faldone e troviamo le nostre foto con sotto i nostri dati: data di nascita, colore degli occhi, colore dei capelli...  finché poi leggo una voce che mi toglie il respiro

Esperimento n01: riuscito
Esperimento n02: riuscito.

Non c'è scritto vita, non c'è scritto essere umano, non si sono degnato neanche di scrivere soggetto: esperimento. Ecco cosa sono, una cavia da laboratorio creata su misura per chissà quale motivo! Rabbia. Provo molta moltissima rabbia. Allora noi siamo tutta una finzione: le persone che abbiamo conosciuto erano una finzione, addestrate a volerci bene quando in realtá sono le prime ad aver visto le nostre vite come se fossimo cavie.

Anche Captain America l'eroe delle nostre serate, eroe delle nostre storie è stato usato per far in modo che la gente potesse utilizzare noi. Nostro padre, il nostro vero padre è captain america. Evidentemente essere chiusi in laboratorio è un vizio di famiglia.

Con le informazioni prese dai documenti segreti abbiamo scoperto di avere anche dei super poteri: di male in peggio.

Siamo super veloci, forti, non ci ammaliato mai...  insomma degne figlie di papà. Marta guarda le carte con gli occhi lucidi dalla rabbia

-perché, PERCHÉ!! - urla mentre io stringo le mani a pugno. Non mi trattengo più e il primo oggetto che mi trovo a portata di mano è una pentola:tiro un pugno. Marta mi guarda sbalordita, poi il suo sguardo, adesso perso, passa alla pentola che ho colpito cosi mi giro anche io: ho piegato il metallo lasciando il segno delle mie nocche. Adesso inizio ad avere paura di me stessa.

Mettiamo via il più velocemente possibile le scartoffie riponendole delicatamente e in ordine nello scatolone per poi rimetterlo al centro del tavolo.

-hai portato la scatola? -

-si, sta aspettando solo di esserebruciata-

-perfetto Howard: nessuno deve venire a conoscenza dei fatti -

Io e mia sorella sentiamo le voci fuori dalla porta di casa di zio Howard e mamma. Non sono più adatti questi nomignoli: non ne sono più degni. Mamma. Mi mancherà pronunciare questo nome.  Una lacrima solitaria solca il viso di Marta.

Mamma, papà e zio Howard entrano trovandoci in salotto

-misericordia- mamma ci viene ad abbracciare e tutti fanno lo stesso ma non sembrano felici di rivederci qua: sono felici perché siamo al sicuro ma non felici di averci trovate qua adesso e noi sappiamo anche il perché.

Io e Marta ci teniamo per mano e sentiamo che ci irrigidiamo nello stesso momento quando l'agente Carter ci abbraccia.

Daniel Sousa, il nostro finto padre ci viene in contro per abbracciarci: Marta come la sfiora diventa una statuina di cemento mentre io mi scanso.
Papà ci guarda in modo interrogativo

- cosa è successo? Cosa vi hanno fatto? - tutti sembrano davvero preoccupati e la mamma prende il disinfettante per il mio ginocchio.

- tranquilla mamma non ne ho bisogno: io mi rigenero facilmente- dico quasi in tono di scherno. Sputo fuori delle parole più fredde del ghiaccio. In casa cade un silenzio di tomba.

- chissà come mai, ah no già dimenticavamo prima ancora di nascere ci hai condannato ad una vita da cavie- aggiunge Marta nel mio stesso tono freddo - se ci avessi voluto veramente bene non l'avrei fatto! - Marta si mette ad urlare.

Papà interviene con un'espressione di collera sul volto- Marta Margaret Sousa! Vai subito in camera tua e anche tu signorina! - sbraita rivolgendosi a me.

Io e Marta ci guardiamo e non muoviamo un passo incrociando le braccia al petto guardando i presenti con superiorità, freddezza e odio

-quel nome non esiste- dico io pacatamente - io non mi sono mai chiamata Sousa. - la mia voce è talmente intrisa di veleno che penso che papà si  possa liquefare da un momento all'altro.

- May ha ragione- continua Marta - non ti piace Marta Margaret Rogers? - conclude con un tono di scherno.

Atterriti? Spiazzati? Le loro espressioni sono indecifrabili: occhi sgranati illuminati da uno strano luccichio e bocche semi aperte. Ci fissano tutti ed è molto inquietante. Carter alla fine prende parola

-avete letto i documenti - dice con gli occhi lucidi- quando e come siete tornate a casa? - assume un'aria molto preoccupata ma io non la compatisco più, non le credo più: lei è un'agente dell'SSR chi ci assicura che non ci rispedisca in quell'idiota struttura?

Marta riesce a prendere parola prima di me
- perché dovremmo dirtelo? - dice acida

Mamma prende un lungo respiro intuendo cosa stiamo pensando. (Non devo chiamarla mamma!! )

-Non vi riporteremo via da casa- dice stancamente: si è arresa. Decido di essere equa e rispondo alla sua domanda

- abbiamo corso e siamo qua da un'ora circa.- dico secca.

- come avete fatto a eludere la sorveglianza? - è preoccupata e questa volta sono io che sa cosa sta pensando lei

- non abbiamo fatto del male a nessuno- io e Marta rispondiamo in coro con tono distaccato.

POV MARTA

Che facce toste! Ci hanno usate come cavie da laboratorio dentro le loro stesse bugie e adesso pensano che facendo le persone tenere e gentili noi li perdoniamo!? Se lo possono anche dimenticare. Inoltre non mi fido più di nessuno. Ho un buco al centro del petto, spazio vuoto, che una volta era occupato dagli agenti Carter, Sousa e Howard. Persone sconosciute che una volta chiamavo rispettivamente mamma, papà e zio. Li odio tutti.
Carter è addirittura preoccupata
per gli agenti che abbiamo messo al tappeto qualche ora fa cercando di salvarci da quel girone di tristezza. Grazie tante per la fiducia.

Tutti sono rimasti spiazzati e nessuno osa più aprire bocca. Apparecchiamo in silenzio e mangiamo altrettanto silenziosamente: l'unica compagnia è il tintinnio delle posate sui piatti. La tensione è così reale che se volessi potrei tagliarla con il coltello.

May ha ancora negli occhi un luccichio rabbioso, come me del resto. Solleva il bicchiere di acqua per portarselo alla bocca ma la mano le trema: non siamo mai state così arrabbiate in vita nostra, arrabbiate e deluse.

Improvvisamente il bicchiere che tiene in mano si frantuma e May urla per lo spavento allontanandosi d'istinto dal tavolo. Io le vado subito incontro cercando di guardarla negli occhi per rassicurarla e lei ricambia il mio sguardo preoccupato al massimo con uno sguardo intriso di panico e gli occhi lucidi.

- stai bene? -

-sono pericolosa- dice con voce tremolante e poi sussurra il resto della frase talmente piano che solo io posso sentirla - io ho paura! -

-non fa niente May, non è successo niente!- cerco di rassicurarla ma invano: tempo pochi secondi e si alza di scatto e corre in camera nostra sbattendo la porta.

Il sangue bolle nelle mie vene

- hai visto mamma - dico l'ultima parola in tono di scherno- è questo che ci hai fatto! È questo che ci avete fatto! - urlo contro l'agente Carter, urlo contro tutti i presenti. Tutti quelli che si trovano adesso in questa stanza sono responsabili, TUTTI.

Mi alzo e raggiungo mia sorella che trovo rannicchiata sul suo letto. Non posso fare niente: sono talmente confusa e stranita per le troppe emozioni di oggi che non so più cosa fare. Mi limito a sdraiarmi accanto a lei e in pochi secondi mi addormento ma non prima di aver sentito sussurrare

- buona notte Mar-

Dopo Captain AmericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora