27. Sogni e birre

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Mi sbatté contro il muro, consapevole che non avrei cercato di oppormi alla sua forza. Ma appena vide che ero inerme sotto di lui riuscii a scorgere un'ombra di soddisfazione.
Gliel'avevo promesso.
Non mi sarei più opposta alla sua volontà, a ciò che voleva.
L'avrei semplicemente accontentato, perché così si doveva fare.
Non c'era via d'uscita e anche se ci fosse stata, non l'avrei mai lasciato. Anche questa era stata una promessa, e io l'avrei mantenuta fino alla fine.
Lacrime fredde piene di tristezza e amarezza mi solcarono le guance infiammate, mentre con dita tremanti gli stringevo le spalle per baciarlo. Mi respinse lentamente per osservarmi con i suoi bellissimi occhi, facendomi tremare le gambe.
- Prometto che ce la faremo, ok? Tu ed io.- mi accarezzò una guancia con dolcezza e mi baciò lievemente la fronte - Insieme andrà tutto bene.-
Mi sforzai di annuire e cercai di sorridere, ma un singhiozzò mi sfuggì dalla bocca.
Le sue labbra tornarono sulle mie per soffocare i molti altri che ne seguirono e cercò di calmarmi con le sue carezze. Ma andava bene.

Stava andando tutto bene.
Era tutto come doveva essere.

Le sue mani mi strinsero a lui, mentre faceva qualche passo verso destra dove inciampammo su un materasso vecchio e, per l'occasione, rivestito di coperte scure che si trovava per terra in mezzo a strane cianfrusaglie. La mia mente si scollegò, lasciando che le lacrime continuassero a bagnarmi il viso e la mia bocca gemesse per il piacere.

Era un controsenso, ma era tutto vero.
Non potevo fare a meno di lui, anche se mi faceva male la sua vicinanza.
Ero sua e lui lo sapeva, come io sapevo che lui era mio. O per lo meno lo era in quel momento, lì. In quel materasso vecchio e smollato, che chissà quante coppie di amanti aveva visto...
Ma sicuramente noi due li battevamo tutti, per pazzia, per insensatezza, per degenerazione, per potere autodistruttivo e per peccato.

Lui era la pazzia, io ero la pazza.
Lui era il peccato, io la peccatrice.

Ma andava bene così, almeno fino a quando mi avrebbe fatta sentire così... viva.
- Jade...
- Mmm?
- Non trattenerti, ti prego... Urlalo...- mi strinse più forte, baciandomi con più intensità e facendomi sospirare - Urla il mio nome, Jade...-
Respirai affondo e schiusi le labbra per accontentarlo, perché era ciò che voleva lui e che volevo anch'io... perché quello che provavo era più di semplice piacere e guardandolo negli occhi sapevo, lo sapevo, che lui provava la stessa cosa.
E mentre io urlavo, la mia voce fu coperta dalla sua e dal mio nome....

Spalancai gli occhi, ansimante, con il cuore che mi martellava in testa e un sudore freddo che mi percorreva la schiena. Mi portai le mani al viso per tirare indietro i capelli e calmarmi.
Le dita mi tremavano, mentre sentivo una sensazione di calore allo stomaco diffondersi in tutto il corpo. Avrei voluto tornare a dormire, ma le immagini del sogno mi tormentavano.
Non poteva essere...
Finalmente mi avevano lasciata in pace per tre giorni e io che facevo? Iniziavo a fare sogni poco casti e complicati, di cui non capivo il senso e che mi facevano sentire allo stesso tempo contenta e turbata, infastidita ed eccitata.
Insomma, una cosa terribile e assolutamente (non) piacevole.
Così non potevo andare avanti.

§§§


Pov. Duff

- Io non ce la faccio più! Dobbiamo fare qualcosa!

- Duff...- Izzy continuò tranquillamente a fumare la sua canna, seduto sullo sdraio che c'era nel giardino di casa McKagan - Tu mi hai fatto venire fino a qui per parlarmi di questo?

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