Capitolo 56

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Harry's pov

Metto il libro e la cartella nella mano sinistra per poi aprire la porta del locale. Fa così caldo oggi, quale giorno migliore di questo per fare una passeggiata e pranzare fuori? Il campanello sulla mia testa segnala il mio arrivo mentre mi guardo intorno. Non c'è nessuno. Mentre avanzo verso un tavolo, il rumore di un bicchiere rotto cattura la mia attenzione. Alzo lo sguardo per capire da dove provenga e devo reggere con più forza io libro e la cartella nelle mie mani per evitare che cadano quando mi rendo conto di chi ha causato quel rumore. I suoi capelli marroni le ricadono sul viso, come una volta. Sono scalati ma la lunghezza è sempre la stessa e l'intensità dei suoi è capace di farmici perdere senza riuscire a trovare via d'uscita. Senza pensarci cammino verso di lei e mi fermo a pochi metri dal suo tavolo.

«Sky» le parole scivolano fuori dalla mia bocca per la sorpresa di rivederla dopo due anni.

«Harry» la sua voce è tremante e la conosco così bene da sapere che sta cercando di trattenersi dallo scoppiare in un pianto isterico. Se potessi, lo farei anch'io. Nemmeno Dio o qualsiasi altra entità non umana può capire quanto mi sia mancata. Sì, non l'ho cercata, ma l'ho fatto perché pensavo non volesse e che fosse felice senza di me. Faccio un cenno con la testa verso il posto libero di fronte a lei. Ora come ora, non me la sento di andarmene da qui. Ho aspettato questo momento per due lunghi anni e non posso farmela scappare. Non me ne andrò, almeno fin quando non mi dirà che sta bene ed è felice, perché è tutto ciò che voglio sentire. Annuisce e si alza per spostare la borsa che occupava la sedia libera ed appoggio la mia a terra ed il libro sul tavolo. Non so cosa dire e non so da dove iniziare.

«Cosa ci fai qui? A Londra intendo» le chiedo mentre guarda altrove evitando il mio sguardo. Non sono mai stato in imbarazzo quando si tratta di Sky, ma non vederla per anni, porta anche a questo.

«Mi mancava questa città. Mi piace l'America ma sai cosa penso di questo posto» sorride imbarazzata muovendosi sulla sedia in agitazione. Annuisco non sapendo cos'altro dire.

«Come stai?» mi chiede mentre sposta il piatto in avanti non volendo più mangiare. Mi fa cenno di assaggiare ma io rifiuto. Ho lo stomaco chiuso in questo momento.

«Abbastanza bene, mi sono laureato da poco» mi gratto la nuca in agitazione.

«Sì, l'ho saputo» sorride e sembra fiera di me. Nota il mio sguardo perplesso e, come se fosse capace di leggermi nel pensiero, riprende a parlare.

«Ho visto le foto, la mia home era piena.» Ride ed io mi unisco a lei. Il suono della sua risata, l'unico suono che abbia mai amato più della mia stessa musica.

«Oh» è l'unica cosa che riesco a dire.

«E tu? Come stai?» le chiedo mentre rubo una patatina dal suo piatto praticamente pieno.

«Sono al secondo anno della NYU, mi laureerò il prossimo anno» sorride e prende una patatina con me.

«NYU?» Quasi mi strozzo con la patatina.

«Già, ha un ottimo programma di studio e mi sono diplomata con il massimo dei voti, quindi sono entrata subito.» Mi spiega. Sono così fiera di lei.

«È straordinario, insomma... sono fiero di te» le dico mentre gioco con gli anelli alle mie dita.

«Anch'io sono fiera di te» dice e mi scoppia il cuore. Continua a fissarmi mentre un silenzio imbarazzante cala su di noi.

«Allora, com'è l'America?» le chiedo sperando che mi risponda che è straordinaria e che si è trovata benissimo. Non so come reagirei se mi dicesse che non le piaceva e che non era felice lì.

«All'inizio non volevo starci, non volevo assolutamente. È caotica ed è enorme, ma poi mi sono abituata. Sono stata fortunata perché ho trovato delle persone fantastiche e che si sono rivelate più buone di quelle che avevo qui. Ed è grazie a loro se non ho mollato tutto.» Gli occhi le si bagnano e mi chiedo a cosa si riferisce quando dice di aver voluto mollare tutto. Non posso evitare la gelosia che si fa spazio in me, ma alla fine, era inevitabile che si facesse degli amici. Anch'io l'ho fatto.

«Cosa intendi con "ed è grazie a loro se non ho mollato tutto?"» aggrotto le sopracciglia mentre aspetto che mi risponda.

«C'è stato un periodo in cui sono caduta in un baratro e non riuscivo a risalirne. Avevo perso tutto. Avevo perso i ragazzi, te.» Dice e distolgo lo sguardo. Se solo sapesse che mi sono sentito esattamente allo stesso modo.

«Era al primo anno alla NYU e la tua mancanza nella mia vita aveva offuscato ogni mio pensiero. Non riuscivo a studiare e restavo indietro con gli esami. Ma poi grazie ai miei amici sono rinata ed ho pensato che non avrei potuto buttare via il mio futuro.» La sua confessione mi fa male al cuore. Non mi aspettavo stesse così male ma mi fa piacere che le sia stato qualcuno accanto che non l'abbia fatta sentire sola, nonostante quel qualcuno non fossi io.

«Hai sentito i ragazzi?» il suo tono è leggermente più rilassato mentre passa il piatto che abbiamo condiviso alla cameriera.

«Ho sentito Niall, Louis e Liam a volte ma non ci siamo più visti da allora.» Scrollo le spalle. Per quanto non voglia ammetterlo, mi mancano davvero tanto. Mi mancano le nostre cazzate da collegiali.

«Tu?» ricambio la domanda. Non so come reagirò nel caso mi dicesse che ha sentito Zayn da allora. Penso sia normale perché era come se fossero fratelli, ma fa male comunque. Fa male sapere che è stato lui la causa della nostra rottura.

«Anch'io» si limita a dire.

«Anch'io cosa?» voglio sapere di più.

«Ho sentito Niall, Liam e Louis» annuisco non sapendo cosa dire. Evito di fare qualche commento su Zayn.

Non ho intenzione di andarmene ma la situazione è così pesante che non riesco a sopportare di passare un minuto in più con la ragazza che amo ma che non è più mia da due anni ormai.

«Dove vai?» mi afferra il polso bloccandomi.

«Penso sia meglio andare» mi passo una mano nei capelli e poi sull'accenno di barba sul mio mento.

«Non farlo» mi dice. «Non andartene.» So che con quelle parole non intende solo dirmi di non uscire dal locale ma hanno un significato più profondo.

«Andiamo fuori» le dico e pago il suo pranzo nonostante mi lanci un'occhiata omicida. La guido verso l'uscita e sono tentato di metterle una mano sulla schiena e stringerla a me,  ma non lo faccio.



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