XVII

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Il giorno dopo mi sveglio con un mal di testa atroce e il sapore di birra in bocca. Apro lentamente gli occhi e sento ancora le orecchie fischiare. Ho paura a sollevare la testa, ma piano piano lo faccio. Mi appoggio sui gomiti e fisso il vuoto, un ronzio fastidioso mi riempie la testa e le orecchie. Per fortuna sembra che il mio stomaco abbia retto la serata e ora non ho la nausea; ho solo una fame terribile, infatti mi brontola lo stomaco. Ho anche parecchia sete, la lingua e il palato sono come carta vetrata.

Abbasso gli occhi su me stessa e il casino che ho attorno a me. Mi sono addormentata sul divanetto tutta stravaccata, con le gambe fuori e la faccia appiccicata al bracciolo. Ho pure sbavato sulla stoffa, c'è una bellissima chiazza umida dove prima avevo appoggiato la guancia. Ci sono bottiglie di birra sparse per terra e quasi metà torta sopra al tavolo. Una delle mie scarpe è svanita nel nulla, l'altra è ancora infilata nel mio piede ed è malamente slacciata.
Cazzo, mi sono presa davvero una bella sbronza ieri sera.
Beh, guarda il lato positivo: non hai avuto incubi.
Se la soluzione agli incubi è l'alcool, allora probabilmente morirò in coma etilico.

"Signorina Gwen, si sente bene? Passata la sbornia?" La voce di Dave è fin troppo forte per le mie orecchie.
Mi stropiccio gli occhio e mugugno una risposta "Mmh."
"Sarebbe un sì?"
"Sarebbe un mmh e basta."
"Va bene. Ha bisogno di qualcosa?"
"No."
"Come desidera." Emette dei bip stizziti, poi si zittisce.
Grazie ad una forza di volontà che non sapevo di avere, mi alzo per riordinare, buttare via la spazzatura e rimettere nel freezer la torta. Ho ritrovato la scarpa mancante e la indosso.
Ho bisogno di un litro di caffè. Forse anche due.

Trascino i piedi verso la cucina e me ne preparo due tazze colme fino all'orlo. Mangio dei biscotti secchi, sono abbastanza tristi come sapore ma ormai ci ho fatto l'abitudine. Non posso pretendere chissà che sapore dal cibo confezionato per i viaggi spaziali, mi tocca accontentarmi. Forse Dave potrebbe avere a disposizione delle ricette, dovrei chiederglielo.

Lentamente torno in me, anche se l'emicrania persiste come se avessi un chiodo piantato nel cranio che continua a scavare in profondità.
Hai voluto la birra, ora ne paghi le conseguenze.
Hai ragione, mente, hai ragione.
La prossima volta solo acqua e succo di frutta.
Ma anche no, piuttosto bevo il carburante della nave.
Sei incorreggibile.
Prendo un antidolorifico, sperando che il mal di testa scemi almeno un pochino e mi metto nel letto a leggere. Non accendo la musica perché la mia testa potrebbe esplodere.
Certo che avresti potuto anche berne meno di birra, ma non hai resistito e ora ti devi tenere il tuo gran bel mal di testa.
Zitta e fammi leggere in pace!

Leggere mi dà fastidio agli occhi, ma non voglio smettere. Mi manca poco per finire il libro e ho intenzione di arrivare alla conclusione tutto d'un fiato. Adesso ho tempo da dedicare allo svago, non devo studiare, e ho intenzione di ideare un programma di attività per tenermi occupata per la maggior parte del tempo. Sono certa che se non avessi nulla da fare, sprofonderei nei miei pensieri e finirei per dare di matto; devo tenere occupata la testa fino a che non avremo notizie dalla civiltà e sapremo quindi se la mia manovra è servita a qualcosa.

Finisco il libro e stiro le braccia sopra la testa. Sono soddisfatta del finale e l'emicrania sembra essersi dileguata. Voglio provare a dormire qualche ora, perché il sonno da sbornia non mi ha ristorata. Ma proprio per niente.
Riposati, tanto ora la strada potrà essere solo in discesa.
Speriamo che sia così.
Mi tolgo i pantaloni e mi stendo.
Il sonno non esita ad arrivare, e con lui nuovi ricordi.

"Gwen, sei tu?" Sento la voce di Mike appena gli uomini chiudono le sbarre della mia cella. Sono elettrificate, se le tocco rischio gravi danni all'intero sistema nervoso.
"Mike?"
"Come stai? Che ti hanno fatto quegli stronzi?"
"Mi hanno tenuta agganciata ad una poltrona con delle cinghie. Sono piena di lividi e cicatrici, ma niente di più grave. Tu come stai?"
"Credo di avere un dito rotto e mi sono slogato un polso nel tirare un pugno ad una guardia. Per il resto solo lividi, come te. Hai detto qualcosa?"
Il mio stomaco si stringe e trattengo le lacrime, mordendomi il labbro. Ho un nodo alla gola, fatico a respirare regolarmente. "Gli ho detto che non so dov'è il chip. Non mi hanno creduta. Hanno torturato Frank." Confesso. Mordo il labbro più forte. Mi sento tremendamente in colpa.
"Questo non ci voleva. E dopo che è successo?"
"Quando hanno visto che non dicevo niente lo stesso, l'hanno mollato nel corridoio. Sanguinava. Io non ho potuto fare niente e lui continuava a implorarmi di non parlare." Le lacrime spingono negli angoli dei miei occhi, pronte a scorrere. No! Non devo mostrare debolezze!
"E ti hanno creduta, alla fine?"
"Non lo so."
Lui sospira, poi rimane in silenzio.
Vorrei parlare, ma mi mancano le parole. È andato tutto in malora.

Due uomini mi passano davanti e aprono la cella di Mike. NO!
"No! Lasciatemi!" Urla e sento un rumore elettrico.
"Lasciatelo stare!" Grido a mia volta, ma loro mi ignorano. Trasportano il corpo di Mike come se fosse un sacco della spazzatura e li sento bisbigliare "Questo lo faremo parlare, per quanto riguarda lei... va condannata."

"Gwen! Si svegli!" Mi risveglio subito. Sto stringendo il lenzuolo tra le mani e mi sanguina il labbro. Di nuovo! Non ne posso più. Voglio dormire senza sognare, per favore. Non mi sembra di chiedere molto.
"Perché non ha preso il sonnifero?" Mi domanda.
"Speravo di non averne bisogno." Mi passo la lingua sul labbro e lecco via il sangue.
"Dalla prossima volta lo prenda sempre. A sua disposizione c'è la versione meno potente e senza particolari controindicazioni, lo usi finché non vedrò un miglioramento. E questa volta deve ascoltarmi, è per il suo bene." La sua voce è dura e imperativa.
"Va bene."
"Vuole una camomilla? Potrebbe farla sentire meglio." Ora si è addolcito. È incredibile come gli abbiano installato i diversi toni di voce. È davvero un capolavoro della robotica. Chissà chi l'ha progettato, se fosse ancora vivo gli farei volentieri i complimenti.
"Sì, grazie. Ne ho davvero bisogno."

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