LXIII

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"I Morgan oggi perderanno due giovani talenti, un vero spreco. Sareste potuti diventare delle persone importanti, invece avete deciso di rovinarvi l'esistenza." Alza le spalle. "Magari quel cane di tuo padre avrà avuto un figlio illegittimo con una qualche donna aliena, forse la discendenza-"
Viene interrotto dal mio urlo di rabbia. "NON PARLARE COSÌ DI MIO PADRE!" Gli salto addosso, per quel che la cavigliera mi permette. Lui l'aveva previsto, ovviamente: mi schiva e mi fa cadere. Lo fisso in cagnesco, mentre l'ennesima scarica di elettricità mi attraversa il corpo. Sono talmente infuriata che quasi non lo sento.
"Non hai ancora capito, Gwendolen? Io prevedo ogni tua singola azione, non puoi sconfiggermi in alcun modo." Ride. "Da quando abbiamo scoperto che eri stata esiliata a bordo della Caesar, ho iniziato a elaborare piani di azione basandomi su ciò che avresti potuto fare. Ti ho tenuta d'occhio per anni e so bene come lavora la tua mente. È stato tutto previsto, fin dal tuo atterraggio su Terminus. La fuga, l'evasione di Michael, il tuo arrivo qua. Tutto. Non hai scampo. Pensavo che James te l'avesse già fatto capire, ma a quanto pare la tua testardaggine va oltre ogni limite." Mi fissa coi suoi penetranti occhi gelidi, con una smorfia malefica in viso, poi scoppia di nuovo a ridere sguaiatamente. Non smette nemmeno quando due guardie corpulente e vestite di nero mi sollevano da terra di peso. È un folle, la sua mente è corrotta dal sadismo e dalla sete di potere.

Mi alzo senza lamentele e cerco nuovamente di pensare a come potrei scappare. Non può essere tutto previsto, non può fisicamente prevedere ogni mia singola mossa. Può provocarmi e immaginare la mia reazione, può lasciarmi far evadere Mike, può rinchiudermi e mettermi addosso quanti vestiti vuole, ma non saprà mai cosa mi passa veramente per la testa perché non mi legge nel pensiero. Anche se mi ha tenuta d'occhio e studiata per anni, non sa cos'ho passato in questi mesi e non sa come la mia mente possa essersi modificata.

Le guardie mi stringono dalle ascelle e mi costringono ad andare avanti al loro passo. Osservo una delle due, ma ciò che ricambia il mio sguardo è solamente una visiera nera. Non hanno il viso coperto, soltanto quelle visiere che oscurano gli occhi.
Cosa posso fare per scappare da qui? Ci sarà un modo.
Prima devi capire dove ti stanno portando, magari.
Giusto.
"Dove mi state portando?" Chiedo stizzita.
"Non ti riguarda, nipote." Risponde secco mio zio.
"È mio diritto sapere dove sto andando!"
"Quante storie che fai." Fa un gesto con la mano e le guardie si fermano. Mio zio si avvicina fin troppo a me e mi guarda negli occhi. "Cara nipote, stai andando al patibolo. Non l'avevi ancora capito?"
Mi allontano col viso. "Perché mi hai fatto mettere questo vestito?"
"Era il vestito che portasti al ballo di fine corso, uguale al migliore di tua madre. Pensavo volessi essere seppellita con questo. E poi dici che non ti faccio mai dei regali."
La cavigliera finisce il lavoro al posto suo.

Finalmente prendiamo l'ascensore. Vedo una guardia digitare un numero molto in basso. Può essere l'occasione buona.
Calpesto il piede della guardia alla mia sinistra con tutta la forza che ho nelle gambe e, mentre è distratta, sferro un calcio all'altra. Entrambe reagiscono all'istante, ma riesco a divincolarmi e a schivare i colpi che menano verso di me. Lo spazio è molto ristretto e io, essendo più piccola di loro, ho più vantaggio. Per di più, non indosso armature pesanti e perciò riesco a muovermi con destrezza. Scivolo sotto le gambe di una delle guardie e gli strappo la pistola dalla fondina. Stavolta non sbaglierò mira.
Con un gesto che nemmeno credevo avrei potuto fare, punto alla fronte di mio zio, proprio in mezzo agli occhi. "Scacco matto, zietto."

Lui è incredulo e l'orgoglio mi infiamma. "Scommetto che non te lo aspettavi, questo." Carico la pistola, aumentando la sua incredulità. Sono stracolma di adrenalina dopo aver visto la sua espressione e non vedo l'ora di sfogarla.
La seconda guardia, quella armata, mi punta addosso la pistola. So di per certo che non mi sparerà, anche se lo facesse io ucciderei mio zio. "Signore?" Chiede, rivolto a mio zio.
Lui lo fulmina con uno sguardo. "Non si muova, soldato! Glielo ordino!"
"Provate a spararmi o a fiatare e lui muore." Dico rivolta a entrambi, che, dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Leonard, indietreggiano verso una parete dell'ascensore. Pensavo che almeno avrebbero provato a contrastarmi, però sono riuscita a mettermi in posizione di vantaggio. Potrebbero tentare di disarmarmi, del resto sono in due e io sono sola, tuttavia mio zio non vuole correre il rischio di morire.

"Bloccalo." Faccio un cenno col capo verso i tasti di comando e mio zio schiaccia un pulsante che ferma di colpo l'abitacolo. Oscillo per un istante, ma non perdo la concentrazione o l'equilibrio. Avrebbero potuto sfruttare questo attimo di distrazione, peggio per loro.
"Requisisci loro le armi. Le voglio ai miei piedi." Mi sposto dall'altro lato dell'abitacolo, sempre con la pistola puntata saldamente alla fronte di mio zio, e i due uomini svuotano le tasche. Fanno cadere anche le armi nascoste, che mai avrei trovato. Calpesto ripetutamente le armi da fuoco rimaste in punti di cui conosco la debolezza, cercando di non muovere troppo il braccio. Comincia a fare male, muoviti Gwen.

Finito di calpestare le armi, mi rimetto dritta e penso al da farsi. Ho agito impulsivamente, mentre adesso le cose si fanno più delicate.
"Allora, Gwendolen? Che cosa speri di ottenere con quella pistola?" Domanda con voce canzonatoria mio zio.
"Voglio una confessione, poi vedrò che fare di te." Ai miei piedi ci sono dei coltelli e un'idea fa capolino nella mia mente. Mi muovo lentamente per avvicinarmi. "Potrei risparmiare i tuoi uomini, non hanno fatto nulla di male se non credere a te." Dovrò essere il più coordinato possibile, non posso sbagliare. Tutti gli allenamenti che ho fatto negli anni dovranno dare i loro frutti, no? "Anzi, dopo il tuo racconto, magari decideranno di appoggiare la mia causa."

Non posso esitare ulteriormente.

Mi chino per prendere un coltello dal mucchio di armi confiscate e, contemporaneamente, sparo alla gamba di mio zio, che grida e si appoggia alla parete. Subito dopo lancio il coltello contro una guardia, colpendola al collo, l'unico punto scoperto dell'armatura che indossa. Quella si accascia per terra, senza vita
La seconda mi placca e mi atterra, sferrandomi un colpo nella pancia. Cadiamo uno sopra l'altro, io perdo la pistola, e lui la allontana da me. Il suo peso mi indebolisce e io mi dibatto furiosamente per liberarmi. I suoi colpi sono dolorosi e cerco di schivarli il più possibile, allo stesso tempo mi allungo per raggiungere la pistola. Un suo pugno mi colpisce la faccia, tuttavia con le dita afferro la pistola e, con la vista offuscata, gli sparo al fianco ripetutamente.

L'uomo cade, morto, sopra di me, strappandomi un lamento.
Il mio respiro affannoso si unisce ai rantoli di mio zio e mi viene quasi da ridere. "Ora siamo soli, che bella riunione di famiglia." Commento sarcastica.

Space, The Last FrontierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora